S. BARACHIELE (BENEDIZIONE DI DIO)

SIMBOLI ICONOGRAFICI

{Seguivagli accanto Barachiele, vestito della tunica talare e del manto, il di cui esteriore era di color verde, e rosso l' interno : portava entro il manto, che raccoglieva colla sinistra, alcune rose bianche, che parca contemplasse con diletto e ne prendeva con l'altra mano - Gioacchino di Marzo}

La raffigurazione mistica dell ' AUSILIATORE BARACHIELE  venuta fuori dalle sacre immagini di Palermo e descritta da mons. Tommaso Bellorosso, gli vede attribuiti questi simboli:

  • Sacro Diadema d'Oro. Dal greco διάδημα e dal latino diadema, col significato di "oggetto che cinge", il diadema è un ornamento del capo, utilizzato nell'antichità dai nobili per rimarcare la loro dignità e dagli imperatori quale simbolo di sovranità. Veniva utilizzato anche da alcuni sacerdoti per particolari attività legate al culto. Tale simbolo designa l' Arcangelo come un "nobile gerarca" del paradiso di straordinaria dignità.
  • Tunica talare {secondo A. Mongitore} e Mantello  {secondo A. Mongitore} la cui parte esteriore era di colore verde , l'interiore rossa {molto simile a S. Geudiele}.
  • Mucchietto di rose bianche ammassate nella piega del mantello,  e tenuto stretto con entrambe le mani * ovvero tenuto con la mano sinistra mentre stendeva la mano destra come se le volesse prendere , non si sà se per odorarle o per dispensarle a qualcuno { secondo A. Mongitore} .  Volto contemplante le rose trasportate, come se fossero colme di un grande mistero - l'azione simbolizzata da Barachiele ha una precisa simbologia risalente all'immagine della partoriente! Secondo infatti MILKA VENTURA AVANZINELLI nel bellissimo articolo "Sterilità e fecondità delle donne bibliche", nel commentare il senso mistico di Genesi 30,3 laddove si assiste alla benedizione della sterile Rachele " Rachele, vedendo che non le era concesso di procreare figli a Giacobbe, divenne gelosa della sorella e disse a Giacobbe: «Dammi dei figli, se no io muoio!». Giacobbe s'irritò contro Rachele e disse: «Tengo forse io il posto di Dio, il quale ti ha negato il frutto del grembo?». [3]Allora essa rispose: «Ecco la mia serva Bila: unisciti a lei, così che partorisca sulle mie ginocchia e abbia anch'io una mia prole per mezzo di lei». Così essa gli diede in moglie la propria schiava Bila e Giacobbe si unì a lei.  Bila concepì e partorì a Giacobbe un figlio. [6]Rachele disse: «Dio mi ha fatto giustizia e ha anche ascoltato la mia voce, dandomi un figlio", osserva : «Il senso di queste espressioni è ben più ampio di quanto appaia in traduzione. Il termine che indica le ginocchia, in ebraico, ha la stessa radice della benedizione (B-R-Kh) e «benedire nella Bibbia significa concedere fecondità e vita».7 L’atto di “partorire sulle ginocchia” non ha solo valore metaforico: al di là della discussione se implichi o meno una legittima adozione del figlio nato dall’ancella da parte della “signora”8 –come sembrerebbe implicare l’atto con cui Rachele dà nome ai figli di Bilha9– è probabile che si trattasse di un vero e proprio rito in cui la sterile, facendosi fisicamente carico della partoriente e partecipando al suo travaglio «curava, in un modo magico-simpatetico, la sua stessa infecondità». Il senso mistico intuito dalla ottima autrice si rispecchia nella posizione delle rose, che sono nel grembiule o meglio nel grembo di Barachiele. Tale immagine , è dunque densa di significati mistici, e induce a pensare al parto verginale di Maria, che seppur non sterile, non aveva mai conosciuto uomo e dunque alla sterile è parificata, come sua madre Anna, come Sara, moglie di Abramo, come Rachele e la moglie di Manoè e madre di Sansone. La Rosa è dunque sinonimo del nome Barachiele e preannuncio della venuta del Regno di Dio.

L'immagine iconografia del manto pieno di rose, è unica in tema profetico. Certo non mancano nella bibbia simbologie afferenti al mantello, segno di grande santità, per chi lo indossa. Esso, che  essere di lana e di lino o addirittura di pelle, ricorre con molta frequenza nella Bibbia. Il mantello veste, protegge e copre (Gen 9,23; Dt 22,12; Dt 27,20; At 12,8).  Secondo la esegesi proposta dalle paoline {https://www.paoline.it/blog/bibbia/2630-il-mantello.html}  esso serviva ad avvolgere le merci per il loro trasporto (Es 12,34; Gdc 8,25; Rt 3,15). Al mantello usato come coperta, che difende dal freddo, si riferiscono i brani della Torah che obbligano il creditore a restituirlo qualora lo avesse avuto come pegno per un debito (Es 22, 24-26). Il mantello denota il ruolo, l'importanza e la missione di chi lo indossa. A Gesù durante la passione misero addosso, ma come segno di disprezzo, un mantello di porpora (Mt 27,28; Gv 19,2) che era l'indumento del re (cfr. 1Cr 15,27; Est 8,15; At 21,21). Ciò posto nella Bibbia non troviamo una simbologia di un mantello pieno di rose. La mistica invece trabocca di immagni simili.   Un miracolo delle rose è un evento soprannaturale in cui le rose manifestano un'attività di Dio o di un santo . Un tale miracolo è presentato in varie agiografie e leggende in diverse forme, e si verifica in relazione a diversi individui come la santa Elisabetta d'Ungheria (1207–1231), Elisabetta del Portogallo (1271–1336), Santa Dorotea, una Vergine martire  a Cesarea in Cappadocia (morta nel 311 circa) e Nostra Signora di Guadalupe (apparsa nel 1531). La rosa è un simbolo privilegiato per Maria, Regina del cielo e della terra. Uno dei suoi titoli nella devozione mariana cattolica è Rosa Mystica o Mystic Rose. Durante il Medioevo, la rosa divenne un attributo di molte altre donne sante, tra cui Elisabetta d'Ungheria , Elisabetta di Portogallo e Casilda di Toledo , e dei martiri in generale. 

Ulteriore simbologia

  • Alcune rose cascano ai piedi di Barachiele, simbolo delle benedizioni perdute e degli uomini ingrati, che non le hanno accolte.


DISVELAMENTO SEGRETO DELL'IMMAGINE

L'uomo e la donna di fede devono cogliere con fiducia e impegno le infinite rose delle benedizioni inviate da Dio, durante il loro percorso terreno. Foriere di forza e di speranza, molte di queste rimangono a terra, e appassiscono, simbolo delle benedizioni negate e degli aiuti perduti. 


SULLA SCORTA DI QUESTA SIMBOLOGIA, ANTONIO LO DUCA E TOMMASO BELLOROSSO, HANNO COSTRUITO PER  L'AUSILIATORE BARACHIELE   QUESTA ANTIFONA : 


Antifona di San Barachiele Ausiliatore

O San Barachiele, ministro dei doni dello Spirito Santo, della Benedizione  e della grazia divina, prega che Dio ci infonda lo spirito di fortezza, lo spirito della sapienza , lo spirito della verità, col quale possiamo resistere all' insidie dei demoni; alla fragilità del corpo e del mondo , nonché alle tenebre e al peccato, e che possiamo adoperarci in opere sante.

V. Dacci, Signore, i doni dello Spirito Santo

R.Per intercessione di San Barachiele che assiste innanzi a te.

Preghiera

O Dio, dispensatore di ogni bene, concedi a noi, ti preghiamo, l’aiuto e la grazia tua, senza la quale non possiamo far nulla , affinchè per la inspirazione dello Spirito Santo , noi che ci accostiamo alle buone opere , meritiamo di avere S. Barachiele ausiliatore, a discacciare i dubbi delle nostra menti , affinchè conosciamo quelle cose che ci sono nocive , e rasserenati i sensi nostri, siamo fatti capaci delle benedizioni e della tua grazia eterna. Per Cristo Nostro Signore Amen.

Antonio lo duca, ha poi aggiunto al motto - Barachiele ausiliatore, queste parole : - Ausiliatore affinchè non ci  abbandoni  - 


SIGNIFICATO DEL NOME  : Benedictio Dei – Benedizione di Dio

BARACHIELE :     בָּרַכיאֵל ‎ bârak‘êl    tratto da Giobbe 32,2 e Giudici 4,6. Esistono due nomi omografi scritti Barak.

Il primo, tratto dal Barakael di Giobbe è l'etimologia propria dell'Angelo

  • בָּרַכאֵל ‎ bârak‘êl: benedizione; inginocchiarsi per benedire Dio (come atto di adorazione) e come beneficio;
  • בָּרַך ‎ bârak :  inginocchiarsi (implicitamente per benedire Dio od anche per maledire; bestemmiare, benedire, congratularsi, maledire, lodare, salutare, ancora, grazie. 

Il secondo è un nome ebraico, di tradizione biblica, presente nel Libro dei Giudici a designare  Barac, un comandante dell'esercito ebraico.

  • בָּרָק ‎ bârâq - fulmine; spada lampeggiante:  brillante, scintillante ( spada).

אֵל ‎ ‘  êl  (Elohim – Dio secondo etimologia comunemente accettata).


Dalla settima lettera dei Sette Arcangeli

"Il vincitore lo farò sedere presso di me, sul mio trono, come io ho vinto e mi sono assiso presso il Padre mio sul suo trono".


APPARIZIONI NEL CATTOLICESIMO

 BEATO AMADEO DA SYLVA: Il Beato Amadeo gli assegna l’ultimo posto tra gli Arcangeli, ma gli conferisce anche altri compiti davvero straordinari per non dire anche spaventosi. Egli, come ricordato sopra, è nominato durante l’Annunciazione, alla quinta estasi, di Amadeo, in cui si dice: “… Barachiele veniva come nunzio dello Spirito Santo perché a lui si attribuisce la benedizione di quella Persona...”. Non è chiaro per quale ragione lo Spirito Santo abbia deciso di servirsi di San Barachiele per manifestare i suoi doni, né Amadeo ce lo spiega ma lo da per scontato. Il suo nome ritorna poi in seguito durante l’enunciazione della battaglia celeste, da parte dell’Arcangelo Gabriele. Il lettore deve prefigurarsi Maria intenta a parlare quella famosa notte, con questi 3 Arcangeli, che erano li presenti con lei: < >…Tutte queste cose allora dissi a Maria, Regina Nostra Santissima e aggiunsi ciò che Barachiele[1]allora aveva detto, che stava li accanto a me, come nunzio dello Spirito Santo. “Ed essendo stato fatto un più lungo scontro fra noi e loro, o Maria, allora Barachiele, fratello mio, il quale è qui ad assistere, disse: “Convertitevi o miseri, convertitevi; ecco Dio nostro benedetto vi attende e benignamente vi aspetta, altrimenti, precipiterete nell’abisso e scenderete negli inferi. Benedite il Signore, magnificate il vostro Creatore nel quale c’è somma giustizia e nessuna iniquità. “Ma essi tra loro dicevano: dov’è quell’Abisso? Dove sono gli Inferi?” Infine poiché non volevano obbedire, immediatamente il Padre Onnipotente creò il Sole con i Cieli inferiori e gli elementi, come ti dissi quell’altra volta, servo di Dio[2]. Così allora manifestai ogni cosa a Maria e  avendo gli stessi respinto le salvifiche  ammonizioni del fratello nostro Barachiele, furono gettati e chiusi in quelle tenebre!”.

Il nome di Barachiele ricorre nell’Apocalypsis Nova un’ultima volta, durante la settima estasi, ovvero quella che celebra la Trinità divina, subito all’apertura della stessa. Riecheggiano le visione di Isaia e dei due serafini innanzi alla Potenza di Dio. Il passo biblico è il seguente: “Nell'anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Attorno a lui stavano dei serafini, ognuno aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. Proclamavano l'uno all'altro: «Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria».[Isaia 6,1]. L’immagine tesè enunciata viene ripresa proprio all’inizio della Settima estasi in cui:< >Nell’immaginario amadeita Barachiele è dunque un serafino, dotato di sei ali, e dispensa la settuplice potenza della 3^ Persona.


SERVO DI DIO, DON DOLINDO RUOTOLO: Di S. Barachiele parla misticamente Don Dolindo Ruotolo, a pag. 323 della sua Apocalisse, capitolo 11, sezione “Il settimo angelo”, in questo modo: "...Mentre (Giovanni n.d.a.) era tutto assorto in questa contemplazione, ecco una settima figura fulgente levarsi innanzi a lui. Egli la guardò stupefatto: era tutta un’armonia di benedizioni e di lodi osannanti, sembrava tutto come uno squillare di soavissimi suoni che si perdevano lontano, lontano, tutto come un effondersi di delicati profumi che imbalsamavano l’aria, tutto come un rifulgere di caldi e tenui colori in un quadro magnifico. Il suo potente spirito cantava come potrebbe cantare un coro di vergini pure tra lo squillare di campane, tra le nubi d’incenso, nello splendore del giorno, nella dolcezza vespertina, nella calma solenne d’una notte stellata. Dominava la creazione e sembrava che tutta l’abbracciasse con la sua potenza, la dominava come un musicista domina il suo strumento e ne cava suoni che vibrano con l’anima sua. I cieli con il loro ordine sembravano tutta un’arpa, le cui corde erano i fasci di luci smaglianti, tesi nell’immensità dello spazio silenzioso e solenne. Ed egli cantava con il suo luminoso intelletto e la sua accesa volontà su quelle mistiche corde di luce, che vibravano potenti, soavissime nel mistero dì interminabili secoli; cantava al Signore: Laudate Dominum de coelis, benedicite omnia opera Domini Domino. Vedeva, in quell’immensità sterminata di corpi, fulgentissimi, milioni e mliliardi di forze , di leggi, di armonie, di bellezze, dominate dagli angeli, che quasi giocavano, amando, tra i giochi dell’ininita Potenza, dell’eterna Sapienza e dell’infinito amore. Ed egli cantava : Laudate Eum omnes angeli eius, benedicite angeli Domini Domino, benedicite coeli Domino, laudate eum omnes virtutes eius. Vedeva le misteriose acque degli abissi di sopra; erano vapori, erano nubi, erano cascate, torrenti, estesissimi laghi, interminabili mari e pareva che lo spirito suo come zefiro celeste passasse su quelle onde osannando: Aquae omnes que super coelos sunt laudent nomen Domini, benedicite aquae omnes quae super coelos stint Domino. La sua mente soavemente pensosa ritornava sui secoli, quasi come una mano d’artista può sulle corde del suo strumento percorrere un’ascendente scala cromatica; di creatura in creatura in un attimo egli giungeva sino a Dio, e gli sembrava ancora di ascoltarne la voce creativa, cantando: ipse dixit et facta sunt, ipse mandavit et creata sunt. Il suo glorificante spirito era tutto una fiamma d’amore, e si volse alla terra per benedirvi il Signore tra lo scroscio delle piogge e il placido stillar delle rugiade, tra l’impeto dei venti e il candido cader delle nevi, tra le accese fiamme dei vulcani e le agghiacciate cime dei monti. Il suo sguardo amante si fissò premuroso e sdegnato sulle creature ragionevoli che popolavano l’immenso globo, che innanzi a Lui era come una piccola gemma, fulgente della divina gloria in ogni creatura che la popolava, come rifulge un brillante nei raggi della luce del sole. Si rivolse ai re, ai popoli, ai principi, ai giudici, ai giovani, alle vergini, ai vecchi, ad Israele, ai sacerdoti, ai servi del Signore, ai giusti, ai santi e raggiunse i cuori che più potevano lodare il Signore: Benedicite…umile corde Domino , perchénell’umile cuore c’è l’altare più bello dell’olocausto e del timiama d’una creatura che loda il Signore. Vide il male del mondo, egli, Barachiele, angelo di benedizione, il cui spirito era tutto una benedizione di Dio, il cui premuroso amore effondeva intorno la benedizione di Dio, il cui osannante spirito voleva benedire Dio in ogni creatura e spingere ogni creatura a benedire Dio, e si sdegnò. Perché quel male non doveva esserci più. Dopo i grandi flagelli che avevano colpito la terra e le mesericordie divine che l’avevano inondata, c’erano re, popoli, principi, giudici, giovani, vergini, vecchi, sacerdoti, giusti e santi che lodavano il Signore; il regno di Dio sulla terra era una realtà nella Chiesa, per il trionfo spirituale da essa riportato, ma il male non era definitivamente annientato; ripullulava già nelle fiacche coscienze, come l’erba selvatica tra le fessure dei massi; risorgeva dalle profondità dell’abisso, dove gl’irrequieti spiriti perversi congiuravano per una più terribile lotta a Dio e al suo Cristo. Già formavano occultamente qua e là sulla terra i piccoli gruppi d’ingrati alla grazia, già impigrivano le loro volontà, disarmandoli della preghiera, già commuovevano i loro sensi concentrandoli di nuovo nelle miserie della terra, ed essi si servivano delle grandi benedizioni temporali sparse dal Signore dopo la conversione dei popoli a Lui, per ritornare alla materia e dimenticare lo spirito. L’arcangelo vide con il suo intelletto la nuova futura rovina, si espanse quasi sui secoli, e tutto il suo essere sembrò come tromba che voleva annunciare la fine dei tempi, sembrò una squilla di guerra, una proclamazione del diritto di Dio, un appello alle ceature perché avessero sempre ricacciato il male, e benedetto il Signore nel suo regno eterno. Quell’appello partiva dalle profondità del suo amore benedicente Dio, s’espandeva per la sua volontà, decisa a proclamarne innanzi ai secoli il diritto, raggiungeva le creature come un potente appello di guerra definitiva al peccato”.


 VEN. MARIA DI AGREDA - María de Jesús Coronel Arana nacque il 2 aprile 1602 ad Ágreda (Soria). Il 13 gennaio 1619 prese l'abito dell'Ordine dell'Immacolata Concezione nel monastero neo-costituzionalista. Lì rimarrà fino alla sua morte, il 24 maggio 1665. Nel monastero sarà sepolto e il suo corpo rimarrà incorrotto nella sua chiesa. Già in quella lontana data del 1993 diceva che Suor María era la più importante scrittrice ascetica-mistica del barocco spagnolo, affermazione che continuo a mantenere, e che può essere almeno uguale a Santa Teresa, ma per il processo inquisitorio a cui è stata sottoposta e per il silenzio papale sulla sua beatificazione ordinato due volte, Clemente XIV e Leone XIII, e questo non è ancora stato revocato. Considerando Suor María come una figura eccezionale nella storia della Spagna e quindi nella letteratura spagnola è principalmente dovuta alle sue estasi, alle sue prodigiose visioni, alle sue virtù non comuni, al suo dono di bilocazione attribuito, al suo status di consulente di Re Felipe IV e delle sue opere letterarie, tra cui spicca la sua Città mistica di Dio, una delle opere più importanti della letteratura spagnola di tutti i tempi. Tra le sue opere occupa importante luogo giardino spirituale, lavoro che è stato a causa della concezione di miscellanea che sia la cultura ha avuto nella letteratura dei secoli XVI e XVII. In quest'opera descrive 6 Angeli che le dsarebbero stati concessi da Dio per la sua custodia. Il sesto di questi, assomiglia all' Angelo Barachiele, ma vi sono delle firrenzenze onomastiche, per cui non ne siamo certi. Ella dice: «Il sesto nome è  MARAQUIEL*, che si interpreta:  Benedizione del Signore e sua meraviglia. Manifesta nell'anima ciò che ha ricevuto e riceve dal Dio altissimo; e da le benedizioni di sua Maestà all'anima e la accompagna nelle Lodi , aiutandola  a indirizzarle  alla sua Maestà divina».  La descrizione è molto particolare perchè parlando di questo stesso Angeli più avanti nell'opera continua a dire: « MARAQUIEL/BARAQUIEL *: Ecco come Como il sesto  Angelo mi si è mostrato: Ammirabile nella bellezza: : Portava un bellissimo diadema. È tutto coperto da grande compostezza e bellezza di diversi fiori e palme di diversi colori. È bello; e nelle sue mani tiene delle palme, nell’atto di offrirle. Il  colore che più lo contraddistingue  è l'oro. È un bellissimo principe; e solo per vederlo incoraggia, perché sembra emanare una grande fragranza. Sii benedetto».


{SOTTO FORMA DI ANGELO DELLE ROSE} 

JUANA DE JESUS MARIA (? - 1674), SORELLA AGOSTINIANA SCALZA SPAGNOLA Si tratta di una sorella agostiniana scalza. Nata in Spagna a Villa de Eybar, il padre Don Juan de Lixade, la inviò nello stesso  Convento della città dove passò tutta la sua vita e vi morì. La sua vita esemplare le fece conseguire il priorato del convento. Ella scrisse anche una biografia per ordine del suo confessore in cui si leggono molte apparizioni Angeliche. Ciò è riportato     Nel testo Esclarecido solar de las religiosas de...San Augustin, y vidas de las insignes hijas de sus conventos, di Alonso de Villerino, (1690).  Durante una delle numerose estasi, pare aver visto un Angelo in tutto e per tutto rassomigliante a San Barachiele, perchè  si racconta che: « vide un Angelo con il viso splendente come il sole, mentre stava con un cesto di fiori nelle mani, di differenti colori; percepì specialmente esservi un fiore di colore bianco, altri di colori violetti, altri ancora erano delle rose; fiori che (l'Angelo) andava spargendo per tutto il suo cammino. Inoltre quest'Angelo mi perve tenere impresso nel petto il nome del Signore. Dopo che questo poi se ne fu andato, intesi quel passo dell' Esodo in cui Dio promise al popolo di inviare un Angelo innanzi ad esso  perchè - in Lui ho posto il mio nome e la mia autorità - e questo significato compresi essere quello che Davide dice a Nostro Signore nel Salmo che recitiamo alla terza: Deduc me in semitam mandatorum tuorum; quia ipsam volui ; e nell'altro Salmo : deduxit me super semitam iustitiae propter nomen suum. In questo verso per questo sentiero impolverato e fangoso, intesi la purezza che ottengono coloro che lo percorrono: i fiori di cui ho parlato intesi significare tre virtù, in cui questa Madre [parla della Madre Agostiniana Maria de la Fè, allora trapassata e che aveva scorto in estasi] si era lungamente esercitata ; quelle bianche significavano la castità e la purezza con cui visse e morì ; quelle violette l'osservanza e l'obbedienza che teneva dei Comandi della Legge  di Dio, del suo voto, della sua regola e della sua professione di fede; quelle di colore rosa significavano tutte le opere di carità che fece per Dio e per il prossimo. E alcuni di questi fiori mi parevano sparpagliati al suolo a formare una croce. E ciò intesi significasse pure la pazienza con la quale aveva sopportato negli ultimi anni della sua vita i suoi continui acciacchi e le sue infermità  senza ricevere alcun compenso,  e seguendo la comunità a imitazione della Croce, della Passione e di Cristo  e in sua memoria. Ed era così grande la quantita di quei fiori che stavano in quella cesta, che nonostante molte fossero sparse al suolo, altrettande ne rimanevano dentro.


ALTRE SACRE E MISTICHE TESTIMONIANZE 

Geronimo Gracian (1545 – 1614).

Questo mistico, non troppo noto ai fedeli, è stato il grande padre spirituale nientemeno che di Santa Teresa d’Avila.  Dalla sua “Obras” traiamo, circa a pagina 156 dell’edizione del 1616,  la “ Devocion  de los siete  Angeles Principes ”, nella quale parla di San Barachiele in questo modo:

  • BARACHIELE, AUSILIATORE NELLE CIRCOSTANZE FAVOREVOLI E NEI TORMENTI - Barachiele, benedizione di Dio, segretario maggiore di Stato, che assiste nei consulti divini che Dio compie, per dare grazia, doni e misericordia agli uomini. Favorisce per ottenere i doni dello Spirito Santo.  E quando Isaia al capitolo sesto dice che il Serafino prese un carbone ardente con il quale toccò le labbra, parla di questo Principe. Si dipinge vestito di broccato con la sottana piena di rose, che va distribuendo con la mano destra.