IV LIBRO DI ESDRA

Studi , ricerche e approfondmenti

Avv. Carmine Alvino


IV LIBRO DI ESDRA IN APPENDICE ALLA BIBBIA SISTO - CLEMENTINA

DISATTESO IL DECRETO DEL CONCILIO DI TRENTO

  • Prima di iniziare occrre precisare che nelle edizioni della Bibbia Sisto – Clementina, è presente una dicitura secondo la quale, va obbligatoriamente stampato e allegato in appendice alle edizioni del Testo Sacro, il Quarto Libro di Esdra!
  • La motivazione è la seguente:

«Oratio Manassae, necnon libri duo, qui sub libri Tertii et Quarti Esdrae nomine circumferuntur, hoc in loco, extra scilicet seriem Canonicorum Librorum, quos sancta Tridentina Synodus suscepit, et pro Canonicis suscipiendos decrevit, sepositi sunt, ne prorsus interirent, quippe qui a nonnullis sanctis Patribus interdum citantur, et in aliquibus Bibliis Latinis tam manuscriptis quam impressis reperiuntur» 

  • e la traduzione, abbastanza ostica per l'uso improprio della sintassi, verosimilmente si attesta nellka seguente dicitura: « La Preghiera di Manasse, così come i due libri conosciuti sotto il nome di Terzo e Quarto di Esdra, sono relegati in questo luogo, cioè, al di fuori della serie dei libri canonici che il Santo Sinodo Tridentino ha ammesso, e ha stabilito che siano da tenersi per canonici  affinché non vadano assolutamente perduti, dal momento che  sono stati diverse volte citati da moltissimi Santi Padri e si ritrovano in qualche Bibbia latina sia all’interno di manoscritti che di testi stampati ».
  • Papa Clemente dal 1592, nel pubblicare il testo aggiornato della Volgata, dopo il ritiro delle copie della Bibbia Sistina,  ordinò che, in appendice alle edizioni successive delle Bibbie post - tridentine si allegasse nuovamente il  IV° di Esdra, dove si nomina Uriele, testo ritenuto canonico dai primi padri della Chiesa e per questo ritenuto libro ispirato e profetico.
  • Dal punto di vista normativo, non ci risultano decreti che abbiano revocato la disposizione Papale.
  • Difatti, l'edizione precedente  della Bibbia, venne portata a termine all'inizio del pontificato di Clemente VIII (1592-1605).
  • L'edizione prodotta è detta Vulgata Sisto-Clementina, o semplicemente Vulgata Clementina, nonostante il nome di papa Sisto compaia nel titolo completo. Clemente dispose la pubblicazione di tre edizioni: 1592, 1593, 1598.
  • Al di là delle singole e minute varianti testuali, la Clementina differisce dalle edizioni precedenti per due particolari: le prefazioni di Girolamo furono raccolte all'inizio; i libri apocrifi di 3° - 4° Esdra, la Preghiera di Manasse e il Salmo 151 furono inseriti in appendice.
  • Fu dunque con l'edizione del Sacro Testo di Clemente VIII del 1592 che divenne ufficiale per la Chiesa l'inserimento in Appendice del Iv° di Esdra.
  • Nel 1965, verso la conclusione del Concilio Vaticano II, papa Paolo VI commissionò una revisione della Vulgata in accordo con i moderni criteri esegetici e filologici.
  • Il lavoro si basò sull'edizione critica del 1907 di Pio X.
  • Il primo volume della Nova Vulgata, conosciuta anche come Neovulgata, (titolo completo Bibliorum Sacrorum nova vulgata editio), il Salterio, fu pubblicato nel 1969, e l'intero testo fu completato nel 1979.
  •  A partire da tale data l'edizione costituisce la versione ufficiale per la liturgia latina della Chiesa cattolica.
  • La Nova Vulgata però non contiene più  i libri apocrifi di 3-4 Esdra e la Preghiera di Manasse, che già nell'edizione Clementina erano stati collocati in appendice.
  • Da quanto predetto  si dimostra dunque che l’Angelo Uriele risultò in un modo e/o nell’altro allegato alle Bibbie cattoliche per tanti secoli.
  • Che tale allegazione lo rende un angelo “pseudo – scritturistico”.  
  • Sul valore di questa allegazione, che non può essere nullo, tenendo conto che tra questa Sacra Epigrafia, non fu ricompreso ne Enoc Etiopico, ne l’ Epistola degli Apostoli, né il Vangelo di Bartolomeo, e dunque vi fu una cernita precisa da parte della Santa Chiesa su cosa allegare, rimandiamo a chi è più esperto di noi.
  • L’ordine impartito da Papa Clemente VIII, e mai revocato,  rimase valido almeno fino alla seconda metà del 1800  per cui,  il IV° Esdra, si trovò infatti allegato a diverse edizioni della Volgata sempre col titolo : « Biblia sacra Vulgatæ Edizioni Sisti V et Clementis VIII recognita atque edita »   (elenco parziale) : 1860; 1830; 1829 ; 1799; 1774; 1757; 1740; 1723; 1715 ; 1691; 1675 ».

  • Le lingue nelle quali sinora è stato trovato il IV Esdra sono:
  • - Latina, che pare essere la testimonianza più antica; nelle edizioni della nostra Volgata si dipende da un prototipo, rappresentato dal codice Sangermanensis (sec. IX), siriaca, contenuta nella versione della Pescitta edita.
  • - Arabica, in due recensioni, delle quali la più lunga sembra la più recente, edite rispettivamente da H. Ewald, Das vierte Esrabuch nach seinem Zeitalter, seinen arabischen Übersetzungen u. Einer neuen Wiederherstellung (in Abhandl. Götting. Ges., XI, 1893) e da J. Gildemeister, Esdrae liber quartus arabice (Bonn 1877).
  • - Etiopica, edita la prima volta da R. Laurence, Primi Esrae libri, qui apud Vulgatam appellatur quartus, versio aethiopica (Oxford 1820).
  • - Un frammento copto saidico (XIII, 29-46) dal manoscritto del Museo di Berlino .
  • - L'armena fu edita in tempi più remoti dai padri mechitaristi di Venezia, nella Bibbia armena (1805) e nel volume degli apocrifi dell'antico Testamento (Venezia 1896, p. 251 segg.). 
  • Da questa dipende la georgiana, edita, da due manoscritti di Gerusalemme e del monte Athos, da R.P. Blake, The Georgian version of fourth Esdras.

Uriele è nominato tre volte nel Testo del  IV° Esdra e ne costituisce il grande protagonista. Si trova nel Capitolo 4,1 (Mi rispose l’angelo che mi era stato inviato, e che si chiamava Uriele), nel capitolo 5,20 (Io digiunai, gemendo e piangendo come mi aveva comandato l’angelo Uriele) e nel capitolo 10,28 (dov’è l’ angelo Uriele, che era venuto la prima volta da me?).

  • Già i cicli di Enoc, lo designavano come uno dei Santi Sette Angeli della Presenza, compagno di Michele, Gabriele e Raffaele in perenne innanzo al Trono di Dio.
  • In quelle tradizioni interveniva per liberare il mondo dalla minaccia dei giganti e degli angeli apostati. Ora invece, è inviato per illuminare e rischiarare il sentiero del popolo di Dio, oscurato dalla dominazione straniera e dal peccato.
  • Interviene anche per rispondere ad alcuni dubbi del profeta, specialmente sul tema della Provvidenza Divina, così difficile da ben comprendere.

4) CAPITOLO:

  • ITALIANO Mi rispose un angelo che mi era stato inviato, e che si chiamava URIELE, e mi disse: "Con l'animo così turbato per questo mondo, vorresti comprendere i disegni dell'Altissimo?". Dissi: "Sì, mio signore". Mi rispose e disse: "Sono stato inviato ad indicarti tre vie, ed a proporti tre parabole; se mi spiegherai una di queste, anch'io ti mostrerò le vie che desideri vedere, e ti insegnerò il motivo per cui esiste il cuor maligno".
  • LATINO Et respondit ad me angelus, qui missus est ad me, cui nomen Uriel et dixit mihi: Excedens excessit cor tuum in saeculo hoc, et comprehendere cogitas via Altissimi ? Et dixi: ita dominus meus. Et respondit mihi et dixit: tres vias missus sum ostendere tibi, et tres similitudines proponere coram te. De quibus mihi si renunciaveris unam ex his, et ego tibi demonstrabo viam, quam desideras videre, et docebo te, unde sit cor malignum.

5) CAPITOLO

  • ITALIANO Ed egli fece come gli dissi e se ne andò da me e io digiunai per sette giorni urlando e piangendo, così come l’Angelo URIELE mi aveva comandato.
  • LATINO  Et ego jejunavi diebus septem ululans et plorans, sicut mihi mandavit Uriel Angelus.

10) CAPITOLO

  • ITALIANO  Guardai ed ecco che la donna non mi appariva più, ma c'era una città costruita, ed era visibile un luogo dalle poderose fondamenta. Mi impaurii e gridai a gran voce: "Dov'è l'angelo Uriele, che era venuto  la prima volta da me? Perché è lui che mi ha fatto venire in questo così grande turbamento; la mia preghiera è stata resa inutile, la mia orazione disprezzata!".  Ma mentre io così stavo parlando ecco che venne da me l'angelo che era (già) venuto da principio, mi vide, ed ecco che giacevo come un morto, del tutto uscito di mente; mi prese la destra, mi confortò, mi rimise in piedi e mi disse: "Cosa ti succede, e perché sei turbato? Perché ti si è turbata la mente, e tutti i sensi dell'animo?". 
  • LATINO  Ubi est Uriel Angelus, qui a principio venit a me? Quoniam ipse me fecit venire in moltitudine in excessu mentis huius, et factus est finis meus in corruptionem, et oratio mea in improperio.

 

  • Enunciamo poi la circostanza che il medesimo Angelo parli nelle veci di Dio al capitolo 14: «Il terzo giorno accadde che io sedessi sotto una quercia, ed ecco che una voce uscì da un rovo di fronte a me, e disse: "Ezra, Ezra!". Io dissi: "Eccomi, o Signore", alzandomi in piedi. Mi disse: "Certo io mi sono rivelato in un rovo, ed ho parlato a Mosè quando il mio popolo era schiavo in Egitto. Lo inviai, e fece uscire il mio popolo dall'Egitto; lo feci salire sul monte Sinai, lo tenni presso di me per molti giorni, gli narrai molte cose mirabili, gli mostrai i segreti dei tempi, gli feci conoscere la fine delle epoche, e gli detti un ordine dicendo: "Queste parole le renderai note, e queste le terrai nascoste».
  • In tal senso conferma di essere uno dei c.d.: «ANGELI DEL VOLTO» anche detti della «PRESENZA» - in ebraico MALACK/MALACHIM PANIM.

L'ETERNO RIPOSTO:

  •  Questa famosissima preghiera si recita nell’approssimarsi del 2 novembre o in occasione delle messe in suffragio dei fratelli che si addormentano in Cristo Signore, sperando in un loro risveglio alla vita eterna. È un esercizio pieno di luce, ma anche molto commovente e colmo di speranza nella misericordia di Dio.
  • Il Vangelo, d’altra parte, riporta molti passi in cui nostro Signore si presenta come “Luce del Mondo”, chiedendo, ai suoi discepoli di trovare requie nel suo cuore: «…Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita…» [Gv 8,12].
  • Il nostro lettore stenterà allora a credere che la preghiera dedicata ai morti “L’Eterno Riposo” chiamata in latino “Requiem Aeternam” è stata tratta proprio da questo IV° Libro di Esdra e direttamente dal capitolo II°, versetti 33-48.

VA RICORDATO, DUNQUE, CHE LA PREGHIERA “L’ ETERNO RIPOSO” , CASO PIÙ UNICO CHE RARO, NASCE DA UN APOCRIFO!

  • Ma anche altri passi del testo sono stati utilizzati dalla liturgia ecclesiastica.
  • Ad esempio l’antifona dell’ufficio dei martiri al tempo pasquale, nel rito romano: «Lux perpetua lucebit sanctis tuis, Domine, et aeternitas temporum alleluia» [Comm. plurimorum Martyrum TP] , viene presa dal passo del IV° libro di Esdra: «parati estote ad praemia regni, quia lux perpetua lucebit vobis per aeternitatem temporis» [IV Esdra 2,37] .
  • Deve dirsi la stessa cosa dell’ introito del martedì della settimana di Pentecoste: «…accipite iucunditatem gloriae vestrae, gratias agentes ei qui vos ad caelestia regna vocavit Alleluia [II DOMENICA DI PASQUA "della Divina Misericordia"] che si trova nel testo del IV° libro di Esdra «Accípite iucunditátem glóriæ vestræ, grátias agéntes Deo, qui vos ad cæléstia regna vocávit » [4 Esd 2,36-37 ] .
  • Nel c.d. “Ufficio Degli Apostoli” , alla fine d’ un responsorio, si trovano queste parole: «…modo coronantur et accipiunt palmas laborum. Isti sunt triumphatores, et amici Dei, qui contemnentes scelaratorum iussa Principum , modo adepti sunt praemia aeterna…» , che è preso dal IV libro d’Esdra, ove si legge: «…hii sunt qui mortalem tunicam deposuerunt et inmortalem sumpserunt et confessi sunt nomen Dei modo coronantur et accipiunt palmas » [IV ESDRA 4,45] .
  • Finalmente, nell’ “Ufficio dei Morti” , questo versetto trovasi sovente ripetuto: «…Requiem aeternam dona eis, Domine, et lux perpetua luceat eis…», attinto dal IV° libro d’Esdra, ove si legge: «…Requiem reternitatis dabit uobis. .. lux perpetua lucebit vobis ».
  • Questa invocazione, opportunamente adattata al plurale, entrò nel Graduale Romano in epoca gregoriana (VI secolo) come canto d'introito per la messa funebre, e di lì passò nella prassi della preghiera popolare con l'aggiunta del “requiescant in pace”.
  • Capitolo II - «… Io Esdra ricevetti il comando da Signore sul monte Oreb di andare da Israele. Mentre giungevo da loro mi respinsero e disprezzarono il comandamento del Signore. Per questa ragione dico a voi, gente che ascoltate e comprendete: aspettate il vostro pastore, EGLI VI DARÀ L’ETERNO RIPOSO, perché Colui che giunge alla fine dei secoli, è prossimo. State pronti ai premi del Regno, poiché la LUCE PERPETUA RISPLENDERÀ PER VOI PER L’ETERNITÀ DEL TEMPO. Fuggite l’ombra di questo secolo, ricevete la gioia della vostra gloria. Io vi attesto pubblicamente il Mio Salvatore. Ricevete il comandamento del Signore e rallegratevi, ringraziando Colui che vi chiamò ai regni celesti. Sollevatevi e rimanete fermi, e vedete il numero di quelli invitati alle nozze del Signore che si allontanarono dall’ombra del secolo e ricevettero dal Signore tuniche splendenti. O Sion, restringi il tuo numero e rinchiudi i tuoi candidati (vestiti di bianco) che portarono a termine la legge del Signore. Il numero dei tuoi figli che hai scelto è colmo. Prega la potenza del Signore affinchè il tuo popolo, che fu chiamato dall’inizio, sia santificato . Io Esdra, vidi sul monte Sion una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare7, e tutti lodavano assieme il Signore con cantici, e nel loro mezzo, c’era un giovane alto (nobile) di statura, più eccellente rispetto a tutti gli altri, e metteva corone sul capo di alcuni di loro, e veniva maggiormente esaltato. Io invece ero sorpreso dal miracolo».

UNO   SCRITTO  FORMATOSI   PROGRESSIVAMENTE

 

  •  Lo scritto che esaminiamo porta il nome di Esdra IV° in conseguenza della numerazione Esdra I°, II°, III° attribuita nella Volgata, ai Libri canonici di Esdra e Neemia e di Esdra greco (o 3Esdra). 
  • Si tratta di un’opera ritenuta dalla generalità degli interpreti di « alto livello letteraio e ideologico »[1] , che si struttura come uno «scritto a formazione progressiva»  constando  di:
  •  un “corpo centrale  più  antico”  costituito dai capitolo 4° - 14° , nonché di
  • “composizioni più moderne”, e precisamente i capitoli 1° - 2° (III° secolo) e 15° - 16° (IV° secolo) chiamate sovente dai teologi , anche con il titolo rispettivamente di:  Esdra V° (cc. 1-2), ed  Esdra VI° (cc. 15-16) - ambedue queste parti, ritenute comunemente di origine cristiana.

DATAZIONE E   VERSIONI   DIFFERENTI

  •  Gli interpreti e gli esegeti, datano questo libro al  I°  secolo dopo Cristo, proprio durante gli anni in cui i testi del N.T. furono messi per iscritto  .    
  •  Nella «costruzione letteraria», invece, la data dell’opera[2] è fornita dal primo versetto del III° capitolo, in cui l’autore parla di sé mentre si trova a Babilonia nel: « trentesimo anno dopo la distruzione della nostra città » (Gerusalemme) per opera dei Caldei, e quindi nel 556 a.C. .  
  • In realtà, il periodo di redazione del testo completo è approssimativamente il 100 d.C. con riferimento alla «nuova» distruzione di Gerusalemme, questa volta  per opera dei Romani, avvenuta  nel 70 d.C.  Si può dire così che la sua ragion d’essere immediata si spiega interamente con questo avvenimento e con le sue conseguenze, che, come è ovvio, si ammettono essere state davero tragiche per il Giudaismo nel suo complesso.  Si tratta di uno sfondo storico che accomuna tutti gli scritti apocalittici redatti tra il 70 d.C. e la rivolta di Bar Kosiba nel 132-135, ed in particolare, oltre al Quarto Libro di Esdra, tale circostanza pare interessare anche l’Apocalisse siriaca di Baruc, e l’Apocalisse di San Giovanni.  
  • Per l’autore Paolo Marassini, curatore dell’edizione critica del IV° Libro di Esdra  per la Editrice UTET:   « il 100 d. C è appunto la data più comunemente accettata».
  • Per quanto riguarda una prima versione in lingua semitica del IV° Esdra, Marassini precisa quanto segue, confermando la vetustà di queste tradizioni: « Che il Quarto Libro di Esdra fosse stato composto originariamente in ebraico è stato proposto già nel 1633 da Jean Morin, la cui ipotesi era stata ripresa in tempi più recenti, per esempio, da H. Ewald …  la prova definitiva di ciò, tuttavia, fu portata da J Wellhausen, nel 1886 ( Gottinigische Gelehrte Anzeigen 158, pp1-13, in sede di recensione a Bensly-James) e soprattutto nel 1899 (Skizzen und Vorarbeiten , Heft VI, Berlino, pp 233-279). L’ipotesi venne accolta, fra gli altri da Charles, Violet e Box, e può dirsi   oggi quasi universalmente accettata» [3].

UN’     APOCALISSE PSEUDOEPIGRAFA

  •  IV° Esdra è una Apocalisse Pseudepigrafa; termine con cui ci si riferisce ad uno scritto il cui autore adotta come pseudonimo  il nome di un altro patriarca o santo del passato. Si tratta di uno « stratagemma sacro  con il quale si vuole riportare  all’attenzione dei fedeli del tempo insegnamenti del passato che trovano applicazione anche il quel dato momento storico» . 
  • Dobbiamo dire che sul valore attuale della pseudoepigrafia le cose sono molto cambiate rispetto al passato, perchè oggi, anche anche a seguito di numerose scoperte archeologiche (avvenute soprattutto nella area qumranica) , si è compreso che, molti componimenti afferenti alla tradizione canonica della Bibbia,  non sono stati scritti dai loro reali autori, come si credeva, ma da  una serie di personaggi più o meno sconosciuti,  appartenenti ai loro circoli dottrinari o alle loro scuore (nel migliore dei casi).
  • La pseudoepigrafia  dunque,  era un valido mezzo liturgico con cui, leggende del passato venivano reinterpretate in chiave moderna, per spiegare avvenimenti nuovi: si tratta di uno stratagemma molti in uso nella nostra Chiesa.
  • a) Prendiamo ad esempio il libro di Isaia - Questo è il testo più lungo della Bibbia e fin dall’antichità è stato il più commentato da ebrei e cristiani.  Si era sempre pensato al profeta Isaia come unico autore dei 66 capitoli dell’opera che porta il suo nome, anche se già nel medioevo Ibn Esdra (1092-1167) e, alcuni secoli dopo, Spinoza (1632-1677) avevano messo in dubbio la posizione tradizionale.  Oggi gli studiosi ritengono che la prima parte del libro sia opera del profeta Isaia vissuto nell’VIII sec. a.C., la seconda di un profeta anonimo dell’esilio (VI sec. a.C.), chiamato «Deutero-Isaia», e la terza, scritta dopo l’esilio (V sec. a.C.), di un altro profeta anonimo, conosciuto come «Trito-Isaia».  Il libro è quindi suddiviso in primo Isaia o Proto-Isaia (cc. 1-39), secondo Isaia o Deutero-Isaia (cc. 40-55) e terzo Isaia o Trito-Isaia (cc. 56-66). Insomma in gran parte è pseudoepigrafo.
  • b) Altro caso interessante concerne l’opera chiamata Celeste Gerarchia dello Pseudo Dionigi: a lungo ritenuta autentica. Sulla stessa, si è formato e ancor sussiste, uno zoccolo duro di teologi, che ritengono gli insegnamenti ivi contenuti degni di fede, grazie ad esegesi e interpretazioni, acriticamente reiterate nei secoli, e portate avanti anche da Santi del calibro di San Tommaso e San Gregorio.  Tali teologi, invero poco sinceri, continuano a riferirsi al suo autore con il termine «S. Dionigi». Eppure quando gli studi letterali e filologici,  progredendo, hanno messo chiaramente in evidenza  il carattere pseudoepigrafico dell’opera ( se non addirittura apocrifo o ereticale – in quanto afferente alle dottrine dell’eretico ellenista Proclo), si è preferito chiudere un occhio continuando a far  finta che la prefata opera fosse veramente prodotta dal discepolo ateniese di San Paolo. Lo straordinario successo di quest’opera che abbassa gli Arcangeli al penultimo rango delle Gerarchie – al riguardo si vedano i nostri testi: Arcangelologia vol. I, II e III – consente ancora oggi, a diversi studiosi, di ritenere pseudo – Dionigi, autore valido, e invece di scartare il nostro IV° Libro di Esdra, allegato dai Santi, come sacra scrittura ispirata.

UN OPERA CHE SI ARTICOLA IN  SETTE  VISIONI

  •  Il IV° di Esdra è un’  opera di considerevole ampiezza e complessità, che si articola in sette visioni dove il Santo scrittore o patriarca ha un dialogo con  l’Arcangelo Uriele, che gli appare in veste di rivelatore dei misteri presenti e futuri.
  • Denominatore comune di tutta  l’ opera è la «Luce di Dio»,  profusa dall’Eterno Padre per illuminare il popolo eletto durante un particolare periodo di oscurità e afflizione, originatosi dalla distruzione del Tempio di Gerusalemme.   
  • L’ Esdra antico si domanda   come mai Iddio dopo aver tanto prediletto ed amato il popolo d'Israele, lo lasci in preda ai pagani, presumendo di poter comprendere i disegni dell’Altissimo. La soluzione è riposta prevalentemente nelle future fortune escatologiche del nascente popolo cristiano, ora più vicine che mai: allora i malvagi riceveranno il settuplo di pena, e i buoni proporzionata felicità, dopo avvenuta l'universale risurrezione, nel giudizio finale (IV Esdr 1-9,25).  
  • Quella dell’imperscrutabilità della volontà divina costituisce da sempre un enigma che continua ad attanagliare anche i teologi del mondo moderno, dove si nota la fede cristiana, circondata da diversi nemici, e i suoi principali rappresentanti: i sacerdoti, i Vescovi e i Cardinali di Santa Romana Chiesa,  soggiogati e spenti;  mentre gli avversari apparentemente, risultano vincitori. Ecco che allora, e qui sta il carattere profetico dell’opera, il sentimento dell’antico profeta Esdra e quello del moderno credente, coincidono perfettamente.
  • Denominatore comune di tutta l’ opera è la «Luce di Dio»,  profusa dall’Eterno Padre per illuminare il popolo eletto durante un particolare periodo di oscurità e afflizione, originatosi dalla distruzione del Tempio di Gerusalemme.  
  • Come nel corpo centrale del testo , l’ Angelo della Luce di Dio, viene inviato a illuminare il profeta Esdra, così nelle parti ritenute più moderne la «Luce di Dio» si fa preghiera di Riposo Eterno e quiete nella futura o prossima venuta di Cristo, Vera Luce del Popolo Eletto, che si trova nell’oscurità della fede.  

L’ARCANGELO URIELE LUCE  DI  DIO

  •  Uriele è nominato tre volte nel Testo diel  IV° Esdra e ne costituisce il grande protagonista. Si trova nel Capitolo 4,1 (Mi rispose l’Angelo che mi era stato inviato, e che si chiamava Uriele), nel capitolo 5,20 (Io digiunai, gemendo e piangendo come mi aveva comandato l’Angelo Uriele) e nel capitolo 10,28 (dov’è l’ angelo Uriele, che era venuto la prima volta da me?)[5].  Già i cicli di Enoc, lo designavano come uno dei Santi Sette Angeli della Presenza, compagno di Michele, Gabriele e Raffaele che stanno in perenne innanzo al Trono di Dio (cfr Ap 1,4; Tb 12,15).
  • In quelle tradizioni interveniva per liberare il mondo dalla minaccia dei giganti e degli Angeli apostati.  
  • Ora invece, è inviato per illuminare e rischiarare il sentiero del popolo di Dio, oscurato dalla dominazione straniera e dal peccato. Interviene anche per rispondere ad alcuni dubbi del profeta, specialmente sul tema della Provvidenza Divina, così difficile da ben comprendere.
  • Ed è proprio per questo motivo che onde lenire le perplessità del profeta, Dio invia l’Angelo della Luce – Uriele - che gli propone questa considerazione : « Con l’animo così turbato per questo mondo, vorresti comprendere i disegni dell’Altissimo?”. Dissi: “Sì, mio signore”. Mi rispose e disse: “Sono stato inviato ad indicarti tre vie e a proporti tre parabole; se mi spiegherai una di queste, anch’io ti mostrerò le vie che desideri vedere e ti insegnerò il motivo per cui esiste il cuor maligno».
  • La domanda richeggia il celebre episodio di Sant’Agostino e del bimbo.
  •  Secondo la leggenda, un giorno, sant’Agostino in riva al mare meditava sul mistero della Trinità, volendolo comprendere con la forza della ragione. S’avvide allora di un bambino che con una conchiglia versava l’acqua del mare in una buca.
  • Incuriosito dall'operazione ripetuta più e più volte, Agostino interrogò il bambino chiedendogli: «Che fai?» La risposta del fanciullo lo sorprese: «Voglio travasare il mare in questa mia buca». Sorridendo Sant'Agostino spiegò pazientemente l’impossibilità dell’intento ma, il bambino fattosi serio, replicò: «Anche a te è impossibile scandagliare con la piccolezza della tua mente l'immensità del Mistero trinitario. E detto questo sparì».  
  • Al di la dell’episodio leggendario, il significato dei due brani è identico. All’uomo è impossibile comprendere le vie di Dio. Per questo, proprio il brano del IV° Esdra è emblematico, ed è passato alla storia come esempio dell’ insondabilità del giudizio di Dio, ma anche come elemento di estrema fiducia nella sua volontà.
  • Susseguentemente S. Uriele rivela al profeta i segni degli ultimi tempi, drammaticamente simili al mondo attuale, quando sarebbe cessata la luce della conoscenza e si sarebbero approssimate le nubi dell’apostasia perchè: « … la via della verità verrà nascosta, la terra della fede sarà sterile, e l’ingiustizia si accrescerà ancor più di quella che vedi tu stesso, e più di quella di cui una volta hai sentito parlare; il paese che ora vedi regnare diventerà caotico e impercorribile, e lo vedranno deserto. Se però l’Altissimo ti concederà di vivere, lo vedrai pieno di confusione dopo il terzo periodo! D’improvviso il sole risplenderà di notte, e la luna di giorno, dal legno stillerà sangue, le pietre emetteranno voce, i popoli si agiteranno, l’aere si muterà, regnerà colui nel quale non sperano quelli che abitano sulla terra, gli uccelli migreranno, il mare di Sodoma vomiterà pesci, ed emetterà di notte una voce che molti non conoscevano, ma che molti, però, udranno. E si produrranno aperture in molti punti, e spesso ne uscirà fuoco, le bestie dei campi emigreranno dalle zone dove abitano, le donne partoriranno mostri, nell’acqua dolce si troverà quella salata, e gli amici d’improvviso si distruggeranno fra loro; allora la saggezza si nasconderà, e l’intelligenza se ne resterà isolata nei suoi depositi, e molti la cercheranno, ma non la troveranno. Sulla terra si moltiplicheranno ingiustizia e incontinenza. Un paese domanderà a quello accanto: “Forse che è passata attraverso di te la giustizia, che compie ciò che è giusto?”, ma l’altro risponderà di no. E in quel tempo accadrà che gli uomini spereranno e non otterranno, si daranno pena e non troveranno, si affaticheranno ma non arriveranno allo scopo. Questi sono i segni dei quali mi è stato permesso di parlarti; ma se pregherai ancora e piangerai come ora, e digiunerai per sette giorni, udrai di nuovo cose (ancora) più grandi».   
  • Il motivo di riprendere in mano queste tradizioni, ben conosciute all’epoca della predicazione di Nostro Signore, stava nella circostanza che era divenuto necessario illuminare nuovamente il popolo eletto sulla  imminente distruzione del tempio di Gerusalemme ad opera di Tito, sulla futura e prossima venuta del Messia, e sulla necessità di costruire la nuova Chiesa cristiana.
  • Il Messaggio è dunque drammatico: l’abominio della desolazione sta per essere nuovamente collocato nel tempio.  Ma il tempio è il cuore dell’uomo più che una costruzione di pietra.
  • Come allora Dio illuminò Esdra durante il ritorno a Gerusalemme,  il novello Esdra (stante il sentimento dei maggiori autori) scrisse questo libro nel momento più duro per gli ebrei, ma evidentemente più proficuo per la nascita della nuova Chiesa.
  • Terza menzione dell’Angelo Uriele si ha nel capitolo 10 ove riappare al profeta afflitto, rivelandogli gli ultimi misteri : « Guardai ed ecco che la donna non mi appariva più, ma c'era una città costruita, ed era visibile un luogo dalle poderose fondamenta. Mi impaurii e gridai a gran voce:  "Dov'è l'angelo Uriele, che era venuto la prima volta da me? Perché è lui che mi ha fatto venire in questo così grande turbamento; la mia preghiera è stata resa inutile, la mia orazione disprezzata!". Ma mentre io così stavo parlando ecco che venne da me l'angelo che era (già) venuto da principio, mi vide,  ed ecco che giacevo come un morto, del tutto uscito di mente; mi prese la destra, mi confortò, mi rimise in piedi e mi disse: "Cosa ti succede, e perché sei turbato? Perché ti si è turbata la mente, e tutti i sensi dell'animo?» 

IL SENTIMENTO DEI SANTI PADRI DELLA CHIESA

  • Diversi Santi, finanche alcuni Apostoli, ritenevano il IV° Libro di Esdra  scrittura ispirata, e conseguentemente veneravano l’Arcangelo Uriele come quarto dei Sette Arcangeli.
  •  S. BARNABA (+ 61 d.c.) – DISCEPOLO DI CRISTO -  in una sua epistola, cita le parole del IV° Libro di Esdra, parlando del suo autore come di un uomo inspirato: «Ugualmente riparla della croce attraverso un altro profeta: "E quando tali cose si compiranno?". Dice il Signore: "Quando il legno sarà steso a terra e poi risollevato, e quando dal legno il sangue stillerà» [S. Barnaba Epist. C. XIII] ;  passo che viene attinto direttamente  dal IV° Esdra, cap. 5, che così recita: «Se allora l’Altissimo ti avrà concesso di vivere, vedrai dopo il terzo castigo, e il sole subito risplenderà di notte e la luna nel giorno e dal legno stillerà sangue…» [6]  [4 Esdra 5,5].    

Gli antichi Padri greci e latini l’hanno lodevolmente allegato, ed alcuni chiaramente mostrarono che l’autore aveva parlato per inspirazione dello Spirito Santo.

  • È   soprattutto   SANT’ AMBROGIO (337-397) – DOTTORE DELLA CHIESA - quello che ne ebbe i sentimenti più favorevoli.   Nel parlava diffusamente nel suo Libro «Il Bene della morte – De Bono Mortis» , ove non solo presentava quest’opera come « ASSOLUTAMENTE CANONICA » , ma allegava diversi brani del testo,  per mostrare ai pagani che quanto essi hanno di buono lo hanno ricavato dai «nostri libri» cristiani. Egli sosteneva ad esempio quanto segue:  «…così come leggiamo nel libro di Esdra: poiché quando sarà giunto il giorno del Giudizio la terra restituirà coloro che ora dormono in essa, la polvere coloro che vi abitano in silenzio, i depositi le anime che sono state loro affidate e si rivelerà l'Altissimo sul Trono del giudizio (IV Esdra, VII, 52). Queste sono quelle abitazioni delle quali dice il Signore:   Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto (Giovanni 14,2). Ma mi servo degli scritti di Esdra, affinchè i gentili conoscano che, quelle cose che ammirano nei loro libri di filosofia, le hanno tradotte invece dai nostri … »[7]  [De Bono Mortis X,45] ; e poi ancora continuava , allegandolo come Scrittura Sacra, un’altra volta :  «  Chi è maggiore dei due, Esdra o Platone?  Infatti Paolo segue gli scritti di Esdra e non quelli di Platone. Esdra rivelò secondo quella rivelazione in sé recata, che i giusti staranno con Cristo, staranno con i Santi. Per questo Socrate dice (allo stesso modo) di  aver fretta di raggiungere quei suoi dei, e quei suoi uomini famosi. Pertanto le cose che si leggono nelle lettere dei filososi sono nostre, ed egli non fa altro che presentare quelle cose di cui non aveva un proprio testimone: noi invece abbiamo l’autorità dei precetti divini…» [De Bono Mortis XI,51] [8]  ; rivelando ai suoi lettori che l’Esdra del IV°  libro , parlò inspirato dal Santo Pneuma ed è per questo che deve innalzarsi al di sopra dei filosofi.  Egli si  esprime con la stessa forza nel secondo libro del  «Trattato sullo Spirito Santo» : « Se anche si legge il seguente passo: Ecco colui che forma i monti e crea lo spirito che manifesta all' uomo qual è il suo pensiero, che fa l'alba e le tenebre e cammina sulle alture della terra, Signore, Dio degli eserciti è il suo nome (Amos 4,13) . Se anche fanno questioni sul fatto che si dice  che lo spirito sia creato, Esdra non insegna che lo spirito venga creato, quando dice nel quarto libro: “Il secondo giorno creasti ancora lo spirito del firmamento…» (IV Esdr VI,41)” [9] [De Spiritu De Spiritu Sancto, liber secundus cap. 6,49]; e nel discorso «sulla morte del fratello Satiro» , come ad esempio nel capitolo 64, 68 e 69 del primo libro:  «… Sostenuto dunque da tali virtù, eretto sopra i pericoli, piangerò più per desiderio che per perdita. Mi invita la stessa opportunità della morte, affinchè decidiamo di andare avanti maggiormente con la grazia, piuttosto che addolorarci; difatti è scritto  che il dolore proprio deve spandersi nel dolore comune (IV Esdr. X, 11 et seq.) … »[10] ; «…Ripeto dunque: la Sacra Scrittura è la tua consolazione; giova infatti soffermarsi sui tuoi precetti e sulle tue sentenze. E' più facile che abbiano fine il cielo e la terra, anziché cada un solo trattino della Legge (Lc 16,17)! Ma già ascoltiamo le cose che sono scritte: Ora, perciò, tieni per te il tuo dolore, e sopporta con coraggio la disgrazia che ti è capitata,  perché, se accoglierai come giusto il giudizio di Dio, riceverai in tempo tuo figlio, e sarai lodata fra le donne … » (IV Esdr. X, 15, 16)[11] ;«…ma ecco che ascolto ciò che dice la scrittura: Non fare di questi discorsi, ma lasciati persuadere di quale sia la sciagura di Sion, e consolare dal dolore di Gerusalemme.  Tu vedi, infatti, come il nostro santuario sia stato reso deserto, il nostro altare demolito, il nostro tempio distrutto;  il nostro salterio annientato, i nostri inni ridotti al silenzio, la nostra esultanza dissolta; la luce del nostro candelabro estinta, l'arca della nostra alleanza spogliata; le nostre cose sacre contaminate, e il nome che è invocato sopra di noi profanato; i nostri (uomini) liberi oltraggiati, i nostri sacerdoti arsi, i nostri leviti andati via prigionieri; le nostre vergini svergognate, le nostre mogli violentate; i nostri giusti rapiti; i nostri piccoli consegnati, i nostri giovani resi schiavi, i nostri forti resi deboli.  Ma quel che è più di tutto, vedi come il sigillo di Sion sia ora annullato della sua gloria, e consegnato nelle mani di coloro che ci odiano.  Tu, perciò, scuoti la tua grande tristezza, deponi da te (questi) tanti dolori, in modo che il Forte possa riconciliarsi con te, e ti conceda requie l'Altissimo, riposo dalle tue fatiche! »(Esdra X,20 et seguenti.) [De excessu fratris sui Satyri, cap 64-68, 69] [12] , e anche nella «lettera ad Oronziano» (che non citiamo)  dove  consiglia la lettura di Esdra, per provare che le anime sono d’una sostanza più sublime che non il corpo.  In sostanza, come il lettore può notare, allega più di una volta questo testo, presentandolo e citandolo come scrittura canonica.

 

  • Come lui, anche il VESCOVO  S. CIPRIANO (210 – 258), ben prima di S. Ambrogio, pare aver citato, senza indicarlo direttamente,  alcuni passi di Esdra, nell’ inizio del suo “A Demetriano” per dimostrare la decadenze del mondo causate dalla vecchiaia dell’esistere.

 

  • S. CLEMENTE ALESSANDRINO (150 – 215) – UNO DEI PADRI DELLA CHIESA -   tenne il IV° Esdra come canonico, tanto da parlarne nei suoi “Stromati  - Stromateis - o Miscellanea”  in diverse parti:  «… Disse invece Geremia: “Maledetto il giorno in cui nacqui” e “non sia mai benedetto” (Ger-20,14), non intendendo in modo assoluto come maledetta la generazione, ma i peccati del popolo che conducono dolorosamente alla disobbedienza. Per questo aggiunge: “  Perché mai sono uscito dal seno materno per vedere tormenti e dolore e per finire i miei giorni nella vergogna?” (Ger. 20,18). Che anzi  tutti quelli che predicavano la verità, proprio a causa di quelli ascoltavano la disobbedienza, erano condotti verso le pene e giungevano al pericolo. Dice il profeta Esdra: “  perché il seno di mia madre non produsse per me un sepolcro affinchè non assistessi alla fatica di Giacobbe e  alla spossatezza della progenie di Israele? » (IV Esdra 5,35) .[13]   [Caput XVI.—Jer. xx. 14; Job xiv. 3; Ps. l. 5; 1 Cor. ix. 27, Exponit.] .

 

  • S. BASILIO MAGNO (330 – 329), -  DOTTORE DELLA CHIESA -,  riteneva il IV° Esdra scrittura ispirata e conseguentemente, veritiera la leggenda in esso contenuta, secondo cui il profeta Esdra avrebbe nuovamente ottenuto da Dio, tutta la Rivelazione dei Libri Sacri, come scrive nella sua lettera a Chilone: « Che cosa rettamente fare per non perdere la mia anima? Per questo motivo migro sulle colline come un uccello. "Sono sfuggito come uccello dalla trappola degli uccellatori". Sto vivendo, o pensiero malvagio, nel deserto in cui viveva il Signore. Ecco la quercia di Maturo; ecco la scala che sale verso il cielo e la fortezza degli angeli che Giacobbe vide; qui è il deserto in cui il popolo purificato ha ricevuto la legge, e così è entrato nella terra della promessa e ha visto Dio. Qui è il Monte Carmelo dove Elia soggiornò e piacque a Dio. Ecco la pianura dove Esdras si ritirò, e agli ordini di Dio enunciò tutti i libri ispirati da Dio » [14] [Epistola ad Chilo suo disceplolo 5,1-2].  

Tra gli altri che ritennero canonico il IV° Esdra troviamo altre esimie personalità.

  •  In primo luogo, il DOCTOR SERAPHICUS E VESCOVO,  San Bonaventura, (1217/21 - 1274) , -  DOTTORE DELLA CHIESA - -, che lo richiamava nella terza parte del suo “Centiloquio”, al capitolo 18 , nella sezione XVIII  “de custodia hominum per Angelos”, dove affermava che Uriele è scritto nel IV° Esdra, che è Scrittura Canonica: «…così Uriele, che si interpreta, colui che risplende a Dio, o che appare a Dio, o fuoco di Dio o incendio di Dio: la quale doppia interpretazione significa che per mezzo del suo ministero siamo  illuminati nella verità, e infiammati nella carità. Gli Angeli, infatti, sono inviati perilluminare il nostro intelletto e infiammare il nostro affetto,  e se non in senso pratico , almeno dispositivamente  . Di questo nome Uriele si legge nel terzo di Esdra, poiché questo Angelo viene inviato per consolare il popolo di Dio, che  veniva oppresso dagli stranieri…» [15].

 

  •  Dello stesso sentimento anche San Bernardino da Siena, che nel suo “Adventuale De Inspirationibus” al capitolo “De Ispirationum Varietate”, Capo II° dal titolo:  “Quibus modis Angeli  sancti in animas bonas cognitiones inspirent” disse di lui: «…Il quarto (angelo) è Uriele, che si interpreta risplendente a Dio, o che appare a Dio, o fuoco di Dio o incendio di Dio  . Questa doppia interpretazione duplicata significa che per mezzo de suo ministero siamo illuminati nella verità e infiammati nella carità. Gli Angeli, infatti, sono inviati ad illuminare il nostro intelletto e ad infiammare il nostro affetto, come risulta chiaro dalle cose dette prima . Di questo nome si tratta il 4 Esdra questo Angelo viene inviato per consolare il popolo di Dio, che  veniva oppresso dagli stranieri …» [16].  

 

  • Ai fini della nostra indagine vale la pena precisare che individuavano espressamente Uriele come quarto Arcangelo, sia  Areta Vescovo di Cesarea, che Sant’Andrea Cesariense, entrambi nei loro commentari al’Apocalisse , che abbiamo tratto in « Patrologia greca: 106: Tou en hagiois patros hemon Andreou, archiepiskopou» a cura del Teologo  J.P. Migne, Patrologia Greca Tomo 106, dove citiamo per

 

  • S. Andrea di Cesarea (563 -637) ne parla al  capo XVII° «De sexto angelo et quatuor angelis qui iuxta Euphratem ligati tenebantur», ove sostiene: « …Ci sono alcuni che ritengono questi come quattro degli Angeli Primari e più nobili, e cioè: Michele, Gabriele , Raffaele e Uriele, che fino a quel momento, vengono tenuti legati dalla gioia e fertilità della divina contemplazione…» .

 

  • Aretha di Cesarea, (860 – 939) lo cita nei suoi Commentari, sempre sull’apocalittico «solve quatuor angelos», al capo XXVII°, dove dice: « …Dicono , infatti, che questi quattro Angeli siano Michele, di cui si parla presso Daniele, Gabriele presso Matteo, Raffaele presso Mardocheo, ed Uriele e che questi  stessi vengano sciolti da questa divina occupazione e non ingrato ministero, ora  di restituire la giustizia divina, ora del loro glorioso avvento…è dunque chiaro che coloro che riconobbero come comandanti di quattro ordini, Michele, Gabriele, Raffaele e Uriele, non sono chiamati in causa in modo insensato…».

 

  • Anche il Vescovo,  Sant’Isidoro [17] , (560 – 636) -  DOTTORE DELLA CHIESA – riconosce Uriele, estrapolando in via interpretativa, il nome del Quarto Angelo, dal celebre episodio biblico del Roveto Ardente, descritto nell’Esodo, spiegando che:  «Uriele significa Fuoco di Dio: così leggiamo che apparve come fuoco nel roveto, che fu inviato come fuoco dall’alto e che compì quanto era stato comandato » [18] [Etimologie 7,5-15]  avvicinando il testo Biblico, alla rivelazione fatta nel IV° di Esdra, proprio dall’Angelo Uriele: «....Certo io mi sono rivelato in un rovo, ed ho parlato a Mosè quando il mio popolo era schiavo in Egitto. Lo inviai, e fece uscire il mio popolo dall’Egitto; lo feci salire sul monte Sinai, lo tenni presso di me per molti giorni, gli narrai molte cose mirabili, gli mostrai i segreti dei tempi, gli feci conoscere la fine delle epoche, e gli detti un ordine dicendo: “Queste parole le renderai note, e queste le terrai nascoste…» perché il testo ivi presente e che recita: «L’Angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo ad un roveto» [Es 3, 2],   analizzato sulla base del celebre brocardo agostiniano,  «Angelorum nomen officii est, non naturae» [19],  dovrebbe essere  interpretato in senso letterale.
  • Nello stesso periodo risulta liturgicamente approvato e pregato da SAN BEDA IL VENERABILE (672 ca. – 735), -  DOTTORE DELLA CHIESA - che professò apertamente il culto dell’Arcangelo Uriele, assieme agli altri Angeli Maggiori in una sua preghiera di Colletta, facilmente rintracciabile (anche in rete), redatta sulla scorta dell’antica preghiera della Diocesi di Salisburi : «…Gabriele sii la mia armatura; Michele sii la mia spada; Raffaele sii il mio scudo; Uriel il mio protettore…».

 

  • Anche Sant’Alberto Magno, -  DOTTORE DELLA CHIESA - (1206 –1280) detto «DOCTOR UNIVERSALIS» , facendo riferimento a queste antiche tradizioni, pregava direttamente S. Uriele in accanto al nome degli altri 3 Arcangeli in una famosa litania rivenuta all’interno della raccolta di esercizi spirituali del celebre teologo e biblista Giorgio Vicellio, dal titolo “Exercitamenta Syncerae Pietatis Multo Saluberrima”, del 1555.  Riportiamo dunque il titolo e l’invocazione ai soli quattro Arcangeli di Alberto Magno, vescovo di Ratisbona, in questa litania conosciuta nei secoli come  «Litania Wicelliana di Sant’ Alberto» :  «S. Uriele prega per noi. Padre, degnati di mandare dal cielo anche S. Uriele, che ci infiamma sempre col fuoco del Tuo amore e ci rende memori e grati di tutti i beni che a noi provengono dalla celeste paternità ; e nei mali che nascono per i nostri peccati, per tua ripartizione, ci renda o cauti nel trarci in salvo per mezzo tuo o pazienti nel sostenerli; per Nostro Signore. Amen» [in Georg Witzel,Exercitamenta Sincerae Pietatis o IWiceliana exercitamenta].

 

  • Infine tra i Santi moderni ricordiamo, la considerazione che Sant’ Annibale Maria di Francia (1851 – 1927) manifestava all’Arcangelo Uriele, e al IV° Libro di Esdra, da lui ritenuto Scrittura Canonica. Egli scrisse in una sua nota dottrinaria sui Sette Arcangeli Assistenti al Trono di Dio a corredo di una successiva preghiera : «…Dei primi quattro di questi santi Angeli troviamo i sublimi ed espressivi nomi nella Santa Scrittura… » [tratto da  Scritti Volume IV, Preghiere agli Angeli e ai Santi, Editrice Rogate, Roma 2008  / 98 Ai sette Angeli che stanno alla presenza di Dio APR 6463 – A3, 15/21 ms. Orig. aut.; 4 ff. righe stamp. (mm. 130x210) – 8 facc. Scritte; inedito.Messina, s.d.] in ciò forzando l’ ’insegnamento della Chiesa, per sostenere  che il nome di S. Uriele, non solo fosse nome di Angelo Santo ma che lo stesso ci provenisse dal “Depositum Fidei”. Egli indubbiamente si riferiva al IV° Libro di Esdra, che Padre Annibale riteneva parte insopprimibile del Canone . Ciò è tanto vero che a seguito di nostre ricerche è emersa una liturgia speicifica su Uriele, voluta dal Santo a beneficio delle sue discepole, che abbiamo ricordato specificamente nel nono volume della nostra prima collana editoriale sulle «Apparizioni del Quarto Arcangelo», contenuta in una lettera datata Messina  6/3/1912 – doc. 0712  : « S. Uriele Arcangelo”, che avete sorteggiato, abbiatelo assai caro. È il quarto dei sette che stanno alla Divina Presenza. La parola Uriele viene da “uror” - brucio - perché quest’Arcangelo è tra i serafini e brucia di un fuoco tutto particolare di Divino Amore. Sarà forse l’Angelo che strappò il cuore alla vostra Santa. Domandategli l’ardente amore a Gesù Sommo Bene, prendetelo in compagnia nella S. Comunione ».

IL IV° ESDRA E  IL  NUOVO   TESTAMENTO: CRISTO E’ IL PASTORE SUPREMO?

  •  Nel IV° Libro di Esdra si parla numerose volte del Messia, identificato addirittura come il «centro esclusivo delle aspirazioni escatologiche dell’autore» .
  • I caratteri del Messia nel IV° Libro di Esdra sono stati oggetto di una serie speculazioni anche recenti, che ne hanno individuato tratti significativi. 
  • I termini che lo designano sono «Messia» IV ESdr. 12,2, « il mio servo» IV Esdr. 13,32-37-52, «il mio servo, il Messia» » IV ESdr.7,28-29 ecc, ma anche «Verbo di Dio» soprattutto nelle parti cristologiche. Il Messia è preesistente, cioè conosciuto e consacrato da Dio prima di nascere e destinato per il mondo a venire.  Il IV° Libro di Esdra, che vede la felice presenza di Uriele, tiene peraltro molte   corrispondenze con il  Nuovo Tesamento  e anche Nostro Signore Gesù Cristo, sembra fare continuo riferimento, con la sua predicazione alle tradizioni pseudoepigrafe del nostro profeta antico, identificandosi nel «PASTORE DELL’ ETERNO RIPOSO», preconizzato da Esdra nel secondo capitolo: « … Per questa ragione dico a voi, gente che ascoltate e comprendete: aspettate il vostro pastore, EGLI  VI DARÀ L’ETERNO RIPOSO, perché Colui che giunge alla fine dei secoli, è prossimo. State pronti ai premi del Regno, poiché la LUCE PERPETUA RISPLENDERÀ PER VOI PER L’ETERNITÀ DEL TEMPO. Fuggite l’ombra di questo secolo,  ricevete la gioia della vostra gloria. Io vi attesto pubblicamente il Mio Salvatore. Ricevete il comandamento del Signore e rallegratevi, ringraziando Colui che vi chiamò ai regni celesti. Sollevatevi e rimanete fermi, e vedete il numero  di quelli invitati alle nozze del Signore che si allontanarono dall’ombra del secolo e ricevettero dal Signore tuniche splendenti. O Sion, restringi  il tuo numero e rinchiudi i tuoi candidati (vestiti di bianco)  che portarono a termine la legge del Signore. Il numero dei tuoi figli che hai scelto è colmo. Prega la potenza del Signore affinchè il tuo popolo, che fu chiamato dall’inizio, sia santificato . Io Esdra, vidi sul monte Sion una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare[20], e tutti lodavano assieme il Signore con cantici, e nel loro mezzo, c’era un giovane alto (nobile) di statura, più eccellente rispetto a tutti gli altri, e metteva corone sul capo di alcuni di loro, e veniva  maggiormente esaltato. Io invece ero sorpreso dal miracolo…» . [IV ESDRA 2 ].  
  • Fu proprio Nostro Signore, infatti,  a parlare per primo di questo Riposo Eterno, come è stato riportato negli Evangeli, probabilmente trattando se stesso come il fulcro delle tradizioni liturgiche e devozionali trasfuse nei racconti del IV° Esdra e perciò identificandosi con il mitico personaggio ivi descritto.
  • Il riferimeto più diretto è  in Matteo: « Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre [21] » [Mt11,28 - Nuova Riveduta]. Peraltro nella successiva predicazione apostolica sembra che questa idea di riposo eterno descritta in Esdra, non solo fosse ben presente, ma anche venisse costantemente annunciata.

 

  • Di Requie Eterna ne parlava infatti San Pietro: «…Uomini d'Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nazaret - uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso operò fra di voi per opera sua, come voi ben sapete -, dopo che, secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, fu consegnato a voi, voi l'avete inchiodato sulla croce per mano di empi e l'avete ucciso. Ma Dio lo ha risuscitato, sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. Dice infatti Davide a suo riguardo: Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; poiché egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua; ed anche la mia carne riposerà nella speranza, perché tu non abbandonerai l'anima mia negli inferi, né permetterai che il tuo Santo veda la corruzione. Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza…» [Att 2,22-28] ,

 

  • o ancor meglio  ancora,  ne parlava espressamente Santo Stefano, prima di essere martirizzato:  «…Ma l'Altissimo non abita in costruzioni fatte da mano d'uomo, come dice il Profeta: Il cielo è il mio trono e la terra sgabello per i miei piedi. Quale casa potrete edificarmi, dice il Signore, o quale sarà il luogo del mio riposo? Non forse la mia mano ha creato tutte queste cose? O gente testarda e pagana nel cuore e nelle orecchie, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo; come i vostri padri, così anche voi…» [At  7,48-50].

 

  • Lo predicava pure l’apostolo Paolo nella Seconda Lettera dei Tessalonicesi, quando diceva:
  • «…Dobbiamo sempre ringraziare Dio per voi, fratelli, ed è ben giusto. La vostra fede infatti cresce rigogliosamente e abbonda la vostra carità vicendevole; così noi possiamo gloriarci di voi nelle Chiese di Dio, per la vostra fermezza e per la vostra fede in tutte le persecuzioni e tribolazioni che sopportate. Questo è un segno del giusto giudizio di Dio, che vi proclamerà degni di quel regno di Dio, per il quale ora soffrite. E' proprio della giustizia di Dio rendere afflizione a quelli che vi affliggono e a voi, che ora siete afflitti, sollievo (riposo in latino) insieme a noi, quando si manifesterà il Signore Gesù dal cielo con gli angeli della sua potenza in fuoco ardente, a far vendetta di quanti non conoscono Dio e non obbediscono al vangelo del Signore nostro Gesù…”[22] [2Tess. 1,7], aggiungendo nella Lettera agli Ebrei , altresì:
  • «…Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori come nel giorno della ribellione, il giorno della tentazione nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri mettendomi alla prova, pur avendo visto per quarant'anni le mie opere. Perciò mi disgustai di quella generazione e dissi: Sempre hanno il cuore sviato. Non hanno conosciuto le mie vie. Così ho giurato nella mia ira: Non entreranno nel mio riposo. Guardate perciò, fratelli, che non si trovi in nessuno di voi un cuore perverso e senza fede che si allontani dal Dio vivente [Ebr. 3,11]…» ,
  • «…E a chi giurò che non sarebbero entrati nel suo riposo, se non a quelli che non avevano creduto? [Ebr. 3,18]…» ,
  • «…Dobbiamo dunque temere che, mentre ancora rimane in vigore la promessa di entrare nel suo riposo, qualcuno di voi ne sia giudicato escluso. Infatti noi che abbiamo creduto possiamo entrare in quel riposo, secondo ciò che egli ha detto: Sicché ho giurato nella mia ira: Non entreranno nel mio riposo! Questo, benché le sue opere fossero compiute fin dalla fondazione del mondo. Si dice infatti in qualche luogo a proposito del settimo giorno: E Dio si riposò nel settimo giorno da tutte le opere sue. E ancora in questo passo: Non entreranno nel mio riposo! Poiché dunque risulta che alcuni debbono ancora entrare in quel riposo e quelli che per primi ricevettero la buona novella non entrarono a causa della loro disobbedienza, egli fissa di nuovo un giorno, oggi, dicendo in Davide dopo tanto tempo:  Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori!  Se Giosuè infatti li avesse introdotti in quel riposo, Dio non avrebbe parlato, in seguito, di un altro giorno. E' dunque riservato ancora un riposo sabatico per il popolo di Dio. Chi è entrato infatti nel suo riposo, riposa anch'egli dalle sue opere, come Dio dalle proprie.  Affrettiamoci dunque ad entrare in quel riposo, perché nessuno cada nello stesso tipo di disobbedienza…» [Ebr. 4,1 – 3,4-11].

 

  • Pare che anche   S. GIOVANNI nella Apocalisse vi faccia allusione, dicendo: «… vidi sotto l'altare le anime di coloro che furono immolati… fino a quando, Sovrano, tu che sei santo e verace, non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue…» [Ap 6,9-10] periodo omologo al passo del IV° Esdra che recita:  «Forse su queste cose non l’hanno interrogato già le anime dei giusti nei loro depositi, dicendo: “Per quanto spero così?»  e « Quando viene il frutto della mietitura della nostra misericordia?»  [4 Esdra 35] e in generale tante parti di questo testo, sono in aperta comunione con il nostro pseudoepigrafo.

NOTE:
[1] Paolo Sacchi (a cura di) Apocrifi dell’antico testamento, Secondo Volume, Utet 2013, pag. 237
[2] Sulla corretta datazione abbiamo tratto diverse notizie dall’opera secondo lo scritto: « Paolo Sacchi (a cura di) Apocrifi dell’antico testamento», Secondo Volume, dove è presente la traduzione e l’edizione critica del IV° Esdra, curata dal dott.  Paolo Marassini: trattasi   del più importante lavoro di riferimento su questo scritto .
[3] Paolo Sacchi (a cura di) Apocrifi dell’antico testamento, Secondo Volume, Utet 2013, pag. 245 e ss
[4] , sir. LEBBA BISA, et. LEBB EKKUY (o ekkuy lebb), ar. qalb « cuore» con varie qualificazioni a seconda dei passi (per esempio qasin «duro», kafir «infedele»
[5] L’ANGELO REMIEL (PROBABILE REFUSO DI VARIANTE DI URIELE): Non recensiamo qui l’altro Angelo Geremiele, in quanto, dagli studi di Paolo Marassini, ci è parsa cogliere la circostanza che il nome di questo Angelo non sia che un refuso di variante dello stesso nome Uriele. La prima circostanza ci viene fornita nella nota [36] al cap. IV dove Marassini ci dice : « Rehemiel: lat. Hieremiel, Remihel, Remiel , O/Uriel; sir. Rm’yl…georg.Uriel e Eremi. Esso è detto Arcangelo solo nel testo latino, angelo in tutti gli altri » aggiungendo « ovvio che le lezioni di parte latina, di arG e di parte del georg., siano da scartare come ripetizioni del nome dell’angelo Uriele, e cui appartiene il discorso principale» , laddove il lettore deve considerare come , l’esimio autore rinvenga questa difficoltà etimologica anche nel passo del capitolo V sopra enunciato, affermando in nota [20] come una variante, la siriana ha :  « Rm’yl, cioè REmihel come in IV,36 per evidente lapsus». In sostanza, avendo rinvenuto in alcune varianti il nome di Remiel Angelo, al posto di Uriele anche nel capitolo V, doveil più delle volte c’è il nome di questo Angelo, pensiamo, che il nome Remiel, sia un refuso, proprio di Uriele, e che non si tratti di un altro Angelo, ciò salvo il vero.
[6] si autem tibi dederit Altissimus vivere, et videbis post tertiam turbatam , et relucescet subito sol noctu et luna interdie. et de ligno sanguis stillabit.
[7] Siquidem et in Esdræ libris legimus : Quia cum venerit judicii dies, reddet terra defunctorum corpora, et pulvis reddet eas quæ in tumulis requiescunt, reliquias mortuorum. Et habitacula, inquit, reddent animas quæ his commendata sunt, et revelabitur Altissimus super sedem judicii (IV Esdræ, VII, 52). Hæ sunt habitationes de quibus dicit Dominus, multas mansiones esse apud Patrem suum, quas suis, pergens ad Patrem, discipulis præpararet (Joan. XIV, 2). Sed Esdræ usus sum scriptis, ut cognoscant gentiles, ea quæ in Philosophiæ libris mirantur, translata de nostris. [De Bono Mortis X,45]
[8] Quis utique prior, Esdras, an Plato ? Nam Paulus Esdræ, non Platonis secutus est dicta. Esdras revelavit secundum collatam in se revelationem justos cum Christo futuros, futuros cum sanctis. Hinc et Socrates ille festinare se dicit, b ad illos suos deos , ad illos optimos viros. Nostra sunt itaque quæ in pihilosophorum litteris præstant : el ille posuit ea quorum propriuim testimoniuin non habebat : nos divini præcepti habemus auctoritatem, Moyses et Elias cum Christo apparuerunt (Malth. XVII, 5); Abraham duos alios cum Deo suo suscepit hospitio ( Gen. XVIII, 2); Jacob Dei castra conspexit (Gen. XXXII, 2); Daniel justos sicut solem et stellas fulgere in coelo, revelante sibi Spiritu sancto, declaravit (Dan. XII, 5) [De Bono Mortis XI,51],
[9] Sic enim habes: Ecce ego firmans tonitruum, et creans spiritum, et nuntians in homines Christum suum, faciens lucem et nebulam, et ascendens super excelsa, Dominus Deus omnipotens nomen est ei (Amos. IV, 13). 49. Si hinc faciunt quaestionem, quod creatum Spiritum dixit, quia creatur Spiritus Esdras nos docuit, dicens in quarto libro: Et in die secundo iterum creasti spiritum firmamenti (IV Esdr. VI, 41) ; tamen ut propositis inhaereamus, his videlicet quae Amos dixit, nonne evidenter dictorum testificatur series de istius creatura mundi locutum prophetam? 
[10] Talibus igitur perfunctum virtutibus, ereptum periculis desiderio magis quam amissione flebo. Suadet enim ipsa opportunitas mortis, ut prosequendum magis gratia, quam dolendum putemus; scriptum est enim in communi dolore proprium vacare debere (IV Esdr. X, 11 et seq.). Neque enim prophetico sermone uni illi mulieri, quae figuratur, sed singulis dicitur, cum Ecclesiae dictum videtur (…)  
[11] Repeto ergo, sacra Scriptura, solatia tua; juvat enim tuis praeceptis, tuis sententiis immorari. Quam facilius est coelum et terram praeterire, quam de Lege unum apicem cadere (Luc. XVI, 17)! Sed jam audiamus quae scripta sunt: Nunc, inquit, retine apud temet ipsam dolorem tuum, et 1132 fortiter fer, qui tibi contigerunt, casus. Si enim justificaveris terminum Dei, et filium tuum recipies in tempore, et in mulieribus collaudaberis (IV Esdr. X, 15, 16). Si hoc ad mulierem, quanto magis ad sacerdotem? Si de filio, non utique absurdum etiam de fratrum amissione talia posse memorari; quamquam si mihi fuisset filius, numquam eum amplius dilexissem. Nam sicut in obitu liberorum effusi labores, suscepti frustra dolores moerorem videntur augere; ita etiam in fratribus consuetudinis usus atque collegii acerbitatem doloris accendunt. (…)
[12] Sed ecce dicentem Scripturam audio: Noli facere hunc sermonem, sed consenti persuaderi. Qui enim casus Sion? Consolare propter dolorem Hierusalem. Vides enim quia sancta nostra contaminata sunt, et nomen quod nominatum est super nos, pene profanatum est, et illi nostri contumeliam passi sunt, et sacerdotes nostri succensi sunt, et levitae nostri in captivitate fuerunt, et mulieres nostrae contaminatae sunt, et virgines nostrae vim passae, et justi nostri rapti, et parvuli nostri proditi sunt, et juvenes nostri servierunt, et fortes nostri invalilidi facti sunt. Et quod omnium majus, signaculum Sion quoniam resignata est de gloria sua, nunc et tradita est in manibus eorum, qui nos oderunt. Tu ergo excute tuam multam tristitiam, et depone abs te multitudinem dolorum; ut tibi repropitietur fortis, et requiem faciat tibi Altissimus requietione dolorum (Ibid., 20 et seq.). [De excessu fratris sui Satyri, cap 64-68, 69]
[13] “Exsecranda” autem “dies in qua natus sum, et ut non sit optanda,” inquit Jeremias: non absolute exsecrandam dicens generationem, sed populi peccata ægre ferens et inobedientiam. Subjungit itaque: “Cur enim natus sum ut viderem labores et dolores, et in perpetuo probro fuerunt dies mei?” Quin etiam omnes, qui prædicabant veritatem, propter eorum, qui audiebant, inobedientiam, quærebantur ad poenam, et veniebant in periculum. “Cur enim non fuit uterus matris meæ sepulcrum, ne viderem affiictionem Jacob et laborera generis Isræl?” ait Esdras propheta.  [ CAPUT XVI — JER. XX. 14; JOB XIV. 3; PS. L. 5; 1 COR. IX. 27, EXPONIT] .
[14] Traiamo dalla fonte inglese presente in documentachatolicaomnia - What good then do I get except the loss of my soul? For this reason I migrate to the hills like a bird. "I am escaped as a bird out of the snare of the fowlers."(1) I am living, O evil thought, in the desert in which the Lord lived. Here is the oak of Mature; here is the ladder going up to heaven, and the stronghold of the angels which Jacob saw; here is the wilderness in which the people purified received the law, and so came into the land of promise and saw God. Here is Mount Carmel where Elias sojourned and pleased God. Here is the plain whither Esdras withdrew, and at God's bidding uttered all the God inspired books.
[15] “…item Uriel, qui interpretatur  lucens Deo, sive apparens Deo, vel ignis Dei, out incendium Dei: quae duplex interpretatio innuit, quod per eius ministerium illustramur in veritate, et inflammamur in charitate. Mittuntur enim Angeli, ad illuminandum nostrum intellectum, et inflammandum nostrum affectum, et si non effective, saltem dispositive. De hoc nomine Uriel legitur in tertio Esdrae, quia missus est iste Angelus, ad consolationem Populi Dei, qui ab alinigenis premebatur…”
[16] “…Quartus est Uriel qui interpretatur lucens Deo, seu apariens Deo, vel ignis Dei, out incendium Dei. Haec duplex duplicata interpretatio innuit,  quod per eius mysterium illustramur veritate et inflammatur charitate. Mittuntur enim Angeli ad illuminandum nostrum  intellectum & ad inflammandum  nostrum affectum , ut ex praecedentibus patet. De hoc nomine habetur Esdrae 4 quod missus est Angelus iste ad consolationem populi Dei, qui ab alienigenis premebatur
[17] I Santi Sette Arcangeli d Carmine Alvino – Segno Edizioni
[18] Isidoro di Siviglia, Etimologie o Origini, (collana) Classici Italiani,  Collezione fondata da augusto rostagni e Italo Lana,  Autori della tarda antichità del Medioevo e dell’Umanesimo, con la Direzione di Claudio Leonardi, Utet, 2013, pag. 116 e ss
[19] Sant’Agostino dice a loro riguardo: “Angelus officii nomen est, non naturae. Quaeris nomen huius naturae, spiritus est; quaeris officium, angelus est: ex eo quod est, spiritus est, ex eo quod agit, angelus – La parola angelo designa l’ufficio, non la natura. Se si chiede il nome di questa natura si risponde che è spirito; se si chiede l’ufficio, si risponde che è angelo: è spirito per quello che è, mentre per quello che compie è angelo” – Sant’Agostino, Enarratio in Psalmos, 103, 1, 15.
[20] Ap 7,9 -15 Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani (…) Uno dei vegliardi allora si rivolse a me e disse: "Quelli che sono vestiti di bianco, chi sono e donde vengono?". Gli risposi: "Signore mio, tu lo sai". E lui: "Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo santuario; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro.
[21] Mt 11,28-30  Venite ad me, omnes, qui laboratis et onerati estis, et ego reficiam vos.   Tollite iugum meum super vos et discite a me, quia mitis sum et humilis corde, et invenietis requiem animabus vestris.
[22] 1 Paulus et Silvanus et Timo theus ecclesiae Thessalonicen sium in Deo Patre nostro et Domino Iesu Christo:  gratia vobis et pax a Deo Patre nostro et Domino Iesu Christo. Gratias agere debemus Deo semper pro vobis, fratres, sicut dignum est, quoniam supercrescit fides vestra, et abundat caritas uniuscuiusque omnium vestrum in invicem,   ita ut et nos ipsi in vobis gloriemur in ecclesiis Dei pro patientia vestra et fide in omnibus persecutionibus vestris et tribulationibus, quas sustinetis,   indicium iusti iudicii Dei, ut digni habeamini regno Dei, pro quo et patimini;  si quidem iustum est apud Deum retribuere tribulationem his, qui vos tribulant,   et vobis, qui tribulamini, requiem nobiscum in revelatione Domini Iesu de caelo cum angelis virtutis eius,   in igne flammae, dantis vindictam his, qui non noverunt Deum et qui non oboediunt evangelio Domini nostri Iesu;