SAC. ANTONIO RUIZ DE MONTOYA (1585 – 1652)

Carmine Alvino

Studi,ricerche e traduzioni

avv. Carmine Alvino


Padre Antonio Ruiz de Montoya​

(1585 – 1652)

E’ ritenuto venerabile nel santorale peruviano fu un padre missionario dell’ordine della Compagnia di Gesù. Nato nel 1585 a Lima , in Perù, a 24 anni entrò nei gesuiti. Frequentato il noviziato nel Colegio Maximo de San Pablo de Lima, si recò in Argentina per quattro anni dove continuò gli studi di teologia e filosofia.

Dopo gli studi, fu assegnato alla reduccion del Paraguay per lavorare con gli indigeni Guarani. Passò svariati anni a convertire al cristianesimo le popolazioni locali imparando lingua e costumi degli indigeni.

Fondò tredici riduzioni, scuole, chiese, centri di produzione agricola e piccole città che molti dicevano fossero simili al "Paradiso" o come dissero i Guarani "terra senza male".  

Morì il 11 aprile del 1652 , dopo aver dato l'estrema unzione al suo discepolo e amico Francisco del Castillo. Fu, con le parole del biografo della sua vita: “…molto devoto dei Sette Principi degli Angeli ai quali si raccomandava ogni giorno, assegnandone un proprio specifico ossequio giornaliero, e dai quali ricevette infinite grazie …”.

In loro onore fondò una delle numerose reduciones missionarie nel territorio dei Guarani.

Nella "Historia de la Compañia de Jesus en la Provincia del Paraguay", Volume 2 di Pedro Lozano si riferisce della circostanza che Padre Antonio Ruiz de Montoya, entrando in Chiesa, durante il Catechismo degli Indios, considerasse gli Angeli allo stesso modo delle persone ivi presenti e si raccomandava all’Angelo suo Custode, e ai Sette Angeli della Milizia Celeste.

Utilizzò il culto ai Sette Arcangeli introdotto dal Beato Amodeo da Sylva per la catechesi delle popolazioni indigene.

Giungeva nelle comunità native portando le immagini dei Sette Angeli al fine di annunciare  la parola di Dio.

Ciò potè avvenire perché proprio in Perù fiorì il circolo dei difensori della opera del beato Amadeo, che aiutarono a diffondere il culto dell’asceta francescano in sudamerica.  

Approssimativamente nel 1648, scrisse un trattato mistico chiamato: “Silex del divino amor y rato del ánimo en el conocimiento de la causa primera” (Silex del divino amore e rapimento dell’anima nella conoscenza della Causa Prima), redatto su preghiera del suo amico Francisco del Castillo che domandava un metodo migliore per pregare, nel quale parla degli Angeli come di intercessori tra l’umanità e la divinità, e specialemente dei Sette Principi. 

Di tale testimonianza si trova traccia  nel capitolo secondo del Silex, intitolato: Busca la primera causa en su esencia, presencia y potencia, Par. 6 : “De lo siete principes”, e 7 “De San Gabriel y San Rafael y San Uriel” che riportiamo di seguito:

Paragrafo Sei:
Dei Sette Principi
“Tutta questa celestiale milizia ha sette capitani, principi e prepositi di quel celestiale paradiso, che assistono al Trono di Dio, creati per le cose maggiori e più particolari. Si fa menzione nella Scrittura dei nomi di solo tre di questi e non degli altri quattro. Però è di fede che sono sette. Il principe e capo di tutta quella monarchia celeste è San Michele, Quis ut Deus. Eè il capitano generale che combattè con il deagone e lo vince e combatte e combattera ancora fino al Giudizio dove cesserà il suo compito che consiste nella tutela degli uomini. E’ Il principe e maggiorasco di tutti i beni della naturalezza e della grazia. Fu custode della Sovrana vergine nel momento della sua purissima Concezione. Fu il custode di Adamo dopo la sua caduta. Lo è stato anche di patriarchi, santisimi re, profeti, apostolei pontefici e martiri. E’ il tutore dello Stato della Chiesa, dei re e dei signori di quella, come lo fu della Sinagoga. Fu custode di Mose. E’ protettore della Chiesa, costituito a tale scopo da Cristo Nostro Signore, dal momento che stava pendente sulla croce, e di tutti gli stati e regni della Chiesa. E’ presidente nel Tribunale della Giustizia di DIo. Delle Sentenze di Salvezza o di condanna. E’ il prefetto del Paradiso,  perchè senza suo appunto o sentenza nessuno sarà ammesso in quel luogo. Fu lui a portare l’ambasciata a Cristo nell’orto. E’ ancora quello che poerterà la Croce del Salvatore a vista di tutte le nazioni a Gerusalemme, affinchè alla vista di tale ineffabile misericordia sia abbonata la giustizia rigorosa che si deve eseguire nell’ultimo giorno. Le anime dei giusti, quando muoiono, vanno a finire nelle sue mani. E le presenta o le fa presentare a nome suo nel Trono della Maestà del Signore. Soccorre negli istanti della morte. E’ lui a iniziare e terminare il giudizio particolare di tutti, con l’autorità di Cristo, nostro Signore. Egli toglierà la vita all’Anticristo, porrà in catene lucifero, oscurerà gli astri e i pianeti, turberà gli elementi e intraprenderà quell’incendio universale con il quale tutto si trasformerà in cenere. Per suo ordine si porteranno le ceneri del lignaggio umano a Gerusalemme, dove avverrà  la resurrezione universale.

  • Paragrafo Sette: Di San Gabriele, San Raffaele e San Uriele
  • Il socondo dei Sette Principi è il gloriosissimo Arcangelo San Gabriele, a cui si incaricò e per il cui conto avvennero i misteri della Santissima Vergine e quello della Incarnazione  e Redenzione del Figlio dfi Dio. Egli portò quella divina ambasciata alla sovrana Vergine nell’Annuciazione.
  • Il terzo è San Raffaele che significa Medicina di Dio o Dio che cura, perché Dio gli conferì la presidenza e la tutela su tutta la salute corporale degli uomini, e così pertanto lo chiama Sant’Agostino, ministro di tutte le curazioni. La Chiesa prega Dio, nell’inno delle lodi , nella festa di San Michele che invii San Raffaele come medico, principe della salute perché sani tutte le infermità della Chiesa. Egli sanò Tobia e per questo è il patrono contro gli acciacchi e le infermità. E’ compagno e guida nelle peregrinazioni degli uomini, come lo fu di Tobia.
  • Il quarto è San Uriele, che significa fuoco o luce di Dio, del quale fa menzione la Scrittura (IV Esdra 4  e 6) ; dei nomi degli altri tre non fa menzione la Scrittura, però sacanse di autori ed immagini antiche. Si veda il padre Serario della Compagnia di Gesù.
  • Il quinto Arcangelo si chiama Sealtil, che vuole significare Petitio Dei, e questo  promise ad Abramo che Sara, sua moglie, nella vecchiaia avrebbe partorioto un figlio.
  • Il sesto si chiama Jesidiel, che vuole significare Confessio sive Laus Dei, e questo gli autori lo collegano al libro dell’ Esodo.
  • Il settimo è Barachiele che significa:  Benedictio Dei .  E questo arcangelo lo collegano al detto capitolo e versetto della Genesi. E ad uno solo di questi capitoli si collegano tutti e tre, perché in questo numero apparvero ad Abramo (…) E che siano sette non hai dubbi, pochè la Scrittura lo dice e basta questo perché siano onorati e riveriti. Quelli che ricorrono a implorare il loro aiuto, vedranno molti buoni effetti della loro devozione.

ESTASI

Inoltre il padre Ruiz de Montoya vide in diverse estasi mistiche i Sette Arcangeli circondare la ss. ma Vergine.

Riportiamo le principali estasi come tratte direttamente dalla vita del venerabile missionario scritta dal suo biografo Francisco Jarque, nel testo "Ruiz Montoya en Indias (1608-1652)", VOLUME TERZO :


1) Estasi di Ruiz de Montoya: “In un giorno durante l’orazione della mattina, l’anima fu rapita in cielo e vide la dolcissima, suavissima e amatissima Vergine Maria in età giovanile (..) E restando la sua anima come circondata da rose, garofani e  gigli, di scatto la penetrò un raggio incendiato, nel mezzo del quale stava un cuore risplendente e infuocato nelle mani di questa divina Signora, attraversato con due frecce. Quello che risultò da questa visione, fu un chiaro riconoscimento della grandezza di Dio, dell’assistenza della Angelo Custode e dei Sette Principi”.

 

2) Estasi di Ruiz de Montoya: “Il giorno dopo, nella messa mi vidi circondato di Angeli, e principalmente dai Sette Principi, e stava presente la Santa Vergine, a cui il mio cuore scoccava numerose saette in mezzo ad alcune elevazioni soavi ed astrazioni della mente; ma mortificai l'anima ritirandola da quelle luci a queste tenebre esteriori, perché non lo notassero i vicini…”.