STORIA ICONOGRAFICA DEI 7 ARCANGELI-origine, propalazione e diffusione


Carissimi amici, abbiamo deciso di creare uno spazio investigativo e d'indagine,  riguardante esclusivamente gli aspetti iconografici e iconologici dei Sette Arcangeli, in modo da presentare un itinerario unitario e non dispersivo - la questione iconografica cammina in modo autonomo rispetto a quella devozionale e mliturgica del settenario -   dove riprodurre e catalogare la gran parte delle raffigurazioni artistiche (pittoriche o scultoree) dei Primi Principi Celesti in Italia. 


 ICONOLOGIA E ICONOGRAFIA DEI SETTE ARCANGELI

La storia degli Arcangeli sembra essere legata ad un arcano mistero, uno scrigno segreto che si apre pian piano sotto gli occhi di chi sia tanto  intraprendente e ostinato  da iniziare un percorso di ricerca verso l’ignoto. Nell’arte cristiana, inizialmente gli angeli sono rappresentati come giovani senz' ali. A partire dal IV secolo, in alcune opere sono rappresentati alati con lunghe chiome e abiti morbidi, derivati da copie di statue greche e romane. Nel corso del V secolo, compaiono in scene tratte dal Nuovo Testamento angeli con ali ed aureole, vestiti di bianco, come per esempio nel mosaico dell’Annunciazione nella Chiesa di Santa Maria Maggiore a Roma. Quando però gli angeli sono rappresentati in scene dell’Antico Testamento sono privi di ali. Nel XI secolo, gli angeli alati hanno ormai il sopravvento. Rembrandt nel suo Sacrificio di Manoah ripristinò l’antica usanza e dipinse un angelo aptero, anche se in altre occasioni preferì angeli alati. Dante Gabriele Rossetti, nella sua Annunciazione, raffigura un angelo senza ali di fronte ad un’intimorita Vergine Maria. L’arte islamica vieta la rappresentazione di esseri umani o angeli, ma l’arte persiana, quando tratta di soggetti islamici, raffigura gli angeli come delicate creature dalle ali multicolori, come l’arcangelo Gabriele che compare a Maometto in un manoscritto di Jami’ al-Tawarikh.

Gli arcangeli nella mitologia ebraica, cristiana e islamica sono un ordine di angeli. Nel libro di Tobia (12:15), l’arcangelo Raffaele afferma di essere: “Uno dei sette angeli che sono sempre pronti ad entrare alla presenza della maestà del Signore” Influenzato da questo versetto, l’autore dell’Apocalisse (8:2), parla di sette angeli che stanno davanti a Dio.

La tradizione ebraico- cristiana ha elaborato un elenco:

1) Michele (Chi è come Dio?) nella mitologia ebraica, cristiana, islamica, è l’arcangelo guida degli ebrei e principe della chiesa militante, guardiano delle anime redente contro il diavolo. Nell’Antico Testamento (Dn 12:1), “è il grande principe che vigila sui figli del tuo popolo”. Perciò Michele è considerato il custode del popolo ebraico. Nel Nuovo Testamento (Ap 12:7-9), combatte contro il diavolo: “scoppiò dunque una guerra nel Cielo: Michele e i sui angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in Cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e Satana che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli”. Nella lettera di Giuda (9) si allude al mito di Michele che combatte per il corpo di Mosè: “L’arcangelo Michele quando in contesa con il diavolo, disputava per il corpo di Mosè, non osò accusarlo con parole offensive, ma disse: ti condanni il Signore!”. Il mito si trova negli scritti ebraici e cristiani posteriori.  Il Corano dice che “chi è nemico di Dio o dei suoi angeli (…) o di Michele avrà Dio come suo nemico: perché Dio è nemico degli Infedeli”. Michele deve la sua popolarità, nella Cristianità occidentale,  a tre apparizioni: la prima avvenuta sul Monte Gargano, ove ordinò che fosse eretta una chiesa in suo onore; la seconda fu nel VI secolo, quando curò una terribile pestilenza scoppiata a Roma; la terza fu davanti ad Aubert, vescovo di Avranches (706) Normandia dove ordinò di nuovo di erigere una chiesa. Michele è spesso raffigurato nell’armatura medievale, in piedi sul diavolo, che ha appena sconfitto.

2) Raffaele (Dio ha guarito) è patrono dell’umanità. Il ruolo principale dell’arcangelo è descritto nel libro di Tobia nell’Antico Testamento. Funge da compagno e guida del figlio di Tobi, Tobia, e aiuta Sara, la promessa sposa di Tobia a sbarazzarsi del suo amante demoniaco, Asmodeo, che le aveva ucciso già sette precedenti mariti. In Tobia (12:15) Raffaele si presenta come uno dei sette arcangeli che sono sempre pronti ad entrare alla presenza della maestà del Signore”. Raffaele è spesso raffigurato mentre accompagna Tobia e porta con sé un bastone da pellegrino ed un pesce (usato come incantesimo per scacciare l’amante demoniaco di Sara);

3) Gabriele (Dio è la mia forza) svolge un ruolo preminente nella Bibbia come messaggero di Dio. Annuncia a Daniele il ritorno degli ebrei dalla cattività (Dn 8:16) e spiega la visione delle varie nazioni (Dn 9:21). Nel Nuovo Testamento, Gabriele comunica a Zaccaria la imminente nascita di Giovanni Battista (Lc 1:19) e alla Vergine che sarà la Madre di Gesù (Lc 1:26). Secondo il Corano, Gabriele, chiamato Tiburilli (Jibril), dettò dalla perfetta copia in cielo la copia terrena del Corano. Nell’arte cristiana occidentale, è raffigurato in atto di annunciare alla Vergine la nascita di Gesù. È spesso inginocchiato e reca un rotolo su cui sono le parole “Ave Maria, gratia plena”. Nell’arte greca e bizantina, è di norma rappresentato in piedi;

4) Uriele (la luce di Dio) è presente nell’antico Testamento Apocrifo del Secondo Libro di Esdra (4:1). Compare anche nel Libro di Enoch, in cui egli è guardiano del mondo e del Tartaro, la parte più bassa dell’inferno. Egli funge da guida principale di Enoch nelle sue diverse visioni. Secondo la leggenda cristiana, Uriele, e non Cristo, apparve ai discepoli sulla strada di Emmaus, sebbene il testo del Nuovo Testamento non sostenga tale tesi. Nella letteratura ebraica, è spesso chiamato come “colui che porta la luce in Israele”. Nelle opere d’arte che lo raffigurano, egli tiene un libro o una pergamena, simboli del suo ruolo di interprete di visioni e profezie come nel caso di Enoch e di Esdra. Il dipinto di Burne-Jones ritrae Uriele nell’atteggiamento tradizionale. Uriele è conosciuto anche come Nuriele ed è, talvolta, identificato con l’angelo di fuoco. Esistono numerose varianti grafiche dei nomi, che spesso rendono difficile l’esatta identificazione. I primi tre arcangeli della lista sono spesso presenti nell’arte e nella letteratura occidentale. L’Islam non ha sette arcangeli ma quattro: Michele, Gabriele, Esdrail (l’angelo della morte) e Israfil (l’angelo che suonerà la tromba nel giudizio universale). Michele e Gabriele vengono citati direttamente nel Corano, gli altri due non vengono menzionati nel testo, ma sono presenti nella tradizione islamica. Molte sono ancora le icone e i dipinti che ne ricordano gli antichi fasti, tanto che si è potuta appurare l’esistenza, nel panorama pittorico e scultoreo italiano, di una corrente artistica minoritaria tesa alla sacra rappresentazione delle sinassi dei Sette Arcangeli in diverse tipologie iconografiche.


Prima che fossero scoperte le sacre immagini dei Sette Arcangeli a Palermo (di cui fra poco parleremo), esisteva una corrente pittorica minoritaria, nel generale panorama artistico italiano, la quale era solita rappresentare la Madonna assisa in Trono, circondata da sette Angeli in preghiera. Tale corrente rispondeva al nome di “Teoria dei Sette Angeli Oranti”, prefigurazione forse non troppo consapevole del Settenario Angelico innanzi al Trono. Diversi  sono gli esempi di questo filone pittorico.  

Eccone i principali:

  • A Montefalco, nell’ Eremo di San Fortunato si vedono gli affreschi del Benozzo Gozzoli tra cui, nella lunetta, l’affresco: Madonna con bambino, I Santi Francesco e Bernardino e i Sette Angeli, del 1450. ​

  • Ispirato alla teoria dei Sette Angeli in preghiera anche  il dipinto di Luca di Tommè, pittore italiano, appartenente alla scuola senese: Madonna in Trono e Sette Angeli,  del 1362.

  • Nel Complesso museale Santa Maria della Scala [1] a Siena, si conerva un’interessante tavola cuspidata dei primi del Quattrocento, opera del pittore senese Paolo di Giovanni Fei, raffigurante la Madonna con il Bambino circondata da sette Angeli.

L’impulso alla “nascita” di questa nuova e più consapevole corrente pittorica ebbe inizio proprio dalla scoperta delle sacre immagini avvenuta nella chiesetta di Sant’Angelo a Palermo (oggi non più esistente), per opera del sacerdote Antonio Lo Duca.  

A questo punto non resta che rivelare i nomi di questi Sette Assistenti emersi durante la celebre scoperta pittorica: Michele – Gabriele – Raffaele – Uriele – Sealtiele - Geudiele – Barachiele.          

STRUTTURA DELL'ANTICA IMMAGINE DI PALERMO          

 

Lo storico Gioacchino di Marzo, nel suo lavoro denominato: “Delle belle arte in Sicilia dai Normanni sino alla fine del secolo XIV”, ben descrive come erano raffigurate le immagini dei Sette Arcangeli venute fuori sotto le coltri di polvere che attanagliavano le pareti della Chiesetta: “ vedeansi i sette angeli in sembiante di giovanetti bellissimi, cinto il capo di aureo diadema, chioma sparsa al di dietro, ed  al dosso.

  • Ne occupava il centro l' Arcangelo Michele, coperto il petto di aurea corazza , e le gambe e le braccia di lucido acciaio; scendevagli sulle spalle un rosso paludamento che annodavasi alla sommità del petto: egli con la destra impugnava una lancia, dalla di cui sommità pendeva un bianco stendardo ripartilo da croce vermiglia, e si avvolgeva all'asta; teneva nella sinistra un ramo di palma verdeggiante, e sotto i suoi piedi, ch'erano calzali di coturni, giaceva pesto Lucifero in aspetto di mostro orribile.
  • A destra dell'Arcangelo Michele ,vedevasi il Raffaele, rivestito di doppia tunica , scendendogli quella di sopra sin oltre la metà delle gambe, e con un bianco manto cadente dalle spalle; nella sinistra alzata aveva un vasetto, e guidava per mano colla destra il piccolo Tobia, che teneva per la bocca il terribil pesce. 
  • A manca poi di Michele stava il Gabriello, in volto a lui simile, rivestito pur di due tuniche , bianca quella di sotto ed fino ai piedi, l'altra più corta e vermiglia con fasce d'oro; una bianca clamide gli si annodava al petto ; egli teneva nella man destra una face chiusa entro una lanterna , e nella sinistra uno specchio di verde diaspro ti svenato vagamente di macchie rosse.
  • Seguivagli accanto Barachiele, vestito della tunica talare e del manto, il di cui esteriore era di color verde, e rosso l' interno : portava entro il manto, che raccoglieva colla sinistra, alcune rose bianche, che parca contemplasse con diletto e ne prendeva con l'altra mano.
  • Era dall' opposta banda Jeudiele in bianca tunica talare ed in manto simile a quel di Barachiele nel colore , cinto il capo di un serto di bianche rose , mostrando colla destra alzata un aureo diadema e stringendo colla manca un flagello armato di tre funicelle nere.
  • Seguiva Uriele, coperto di bianca tunica talare e di una sopravveste con maniche a guisa  di dalmatica, di color verde rimesso e di giallo . scendendogli sul davanti dalle spalle ed incrociandoglisi al petto una stola segnata di croci nere; impugnava con la destra una spada ignuda orizzontalmente sulla persona, tenendone colla manca la punta; dal lato sinistro splendevagli ai piedi una fiamma.
  • Finalmente dall' altro lato accanto a Jeudiele era Sealtiele , con volto umile e dimesso, gli occhi piegati a terra, le braccia incrociate al petto in atteggiamento di adorazione e di preghiera, vestito di lungo camice bianco avvinto ai fianchi da un nero cingolo, e di un manto nell'esterno bianco e nell'interiore vermiglio.
  • A piè di ciascuna delle figure si leggevano i nomi e gli uffici che gli emblemi ivi espressi rappresentavano : Michael Victoriosus, Raphael Medicus, Gabriel Nuncius, Barachiel Adjutor, Jehudiel Remunerator, Urici Fortis Socius, Sealtiel Orator”.

Tale raffigurazione, chiamata tecnicamente “Tabula Palermitana”, costituì dunque l’archetipo di ogni successiva raffigurazione dei Sette Arcangeli e delle numerose varianti pittoriche.  

 L’originale dipinto è andato perduto, ma nel sec XVII , Girolamo Wierix creò una celebre incisione, molto fedele allo schema iconografico originario, denominata appunto:   I Sette Arcangeli (1600) .

Nella Cattedrale di Palermo per opera di Vincenzo Aimola detto il Romano, si diede ordine di trarre dall’antico affresco un dipinto molto somigliante alle antiche immagini degli Arcangeli venute alla luce nella vicina chiesina di S. Angelo, nel quale sono ancora oggi visibili: Michele con lancia e bandiera, Uriele con spada nuda, Gabriele con lo specchio di diaspro e lanterna, Sealtiele in atto di pregare, Barachiele con serto di rose da distribuire, Raffaele con la teca di medicinali insieme al piccolo Tobia, Geudiele con in mano una corona e un flagello.  

Su questo modello pare tratto il dipinto di autore ignoto di area siciliana I SETTE ANGELI Secolo XVII, seconda metà Olio su tela, cm 245 x 170 Monreale, Palazzo Arcivescovile - Chiesa del Monte di Pietà Restauro: Gammino, 2006.  Il particolare soggetto dell’opera è stato ricondotto direttamente al famoso episodio del rinvenimento nel 1516 dell’affresco raffigurante i Sette Angeli, presso la chiesa eponima di Palermo[2].

COME SI NOTA, IN QUESTA TIPOLOGIA PITTORICA I SUDDETTI ANGELI SONO RAPPRESENTATI TUTTI E SETTE CON PROPRI ATTRIBUTI ICONOGRAFICI CHE NE DESIGNANO ANCHE L’OFFICIO:

 
1.San Michele (Chi come Dio?) : dotato di scudo e lancia in atto di calpestare il Serpente, vestito come un militare e posto al centro del gruppo, a significare la sua primazia tra gli angeli
2.San Gabriele (Fortezza di Dio) : accanto alla sua consueta iconografia che lo ritrae con in mano il giglio, nelle raffigurazioni dei sette arcangeli riprende invece l’iconografia bizantina che lo vede con specchio di diaspro in una mano e una lanterna nell’altra.
3.San Raffaele (Medicina di Dio): sovente accompagnato dal piccolo tobiolo, ha in mano un vasetto dei medicamenti ovvero il pesce con il quale guarì gli occhi di Tobi 
4.San Uriele (Luce o Fuoco di Dio): presenta diverse raffigurazioni che lo ritraggono con in mano una spada nuda e ai piedi una fiamma, ovvero con una spada ignea oppure ancora mentre mostra il sacro cuore di Cristo nel petto, e in opere più rare con una torcia accesa
5.San Sealtiele (Preghiera di Dio): rappresentato in atto di pregare ovvero con in mano l’incensiere oppure un libro di preghiere.
6.San Geudiele (Confessione e Lode di Dio): molto facile da individuare presentando in mano una corona e nell’altra una frusta o un flagello di solito a tre corregge
7.San Barachiele (Benedizione di Dio): contraddistinto da un serto di rose in atto di distribuire, ovvero da un cestino pieno di rose o in altri casi dipinto in atto di distribuire i pani

E proprio su tale modello iconografico a Solofra (AV) i pochi che avessero la fortuna di poter accedere all’ ex convento di Santa Chiara annesso alla Collegiata di San Michele, si troverebbero di fronte all’affresco di Michele Ragolia, del Sec XVII: I 7 ARCANGELI[3].

RAFFIGURAZIONI MISTE O INDISTINTE DEI SETTE ARCANGELI

Altra raffigurazione simile si trova in una grande pala nella Chiesa del Gesù a Roma, in via degli Astalli nei pressi di Largo Argentina. In questo caso però si nota una rappresentazione iconografica diremmo “MISTA”, con i 3 angeli canonici S. Michele, S. Gabriele e S. Raffaele in risalto rispetto agli altri, dipinti indistintamente. La pala è denominata “I Sette Arcangeli in adorazione della SS. Trinità” di Federico Zuccari (1542 - 1609). Ovviamente chi andasse a Roma alla Chiesa del Gesù, inopinatamente apprende che il nome del dipinto è stato modificato nel più “ortodosso”, “angeli in adorazione della Trinità”, per evitare ogni possibile riferimento ai Sette Angeli.

Mista è anche la raffigurazione in quel di SIRACUSA nella CHIESA DEL COLLEGIO  di Antonio Catalano il Vecchio ove si trova l’opera  "I sette Arcangeli" (1598-'99). Il culto dei Sette Arcangeli fu , secoli addietro , assai sentito presso i fedeli di Siracusa , che facevano dipendere il proprio benessere dalla benevolenza di San Geudiele , ed erano soliti recare offerte di sette ceri e sette monete .

In una delle numerose variazioni pittoriche i Sette Arcangeli sono raffigurati senza particolari simboli iconografici, tutti indistinti, in adorazione della Trinità. Tale impostazione, ha avuto origine dal dipinto commissionato da Antonio lo  Duca a Domenico da Modena : “Sette Arcangeli in adorazione della Trinità”, nascosta oggi all’interno dell’irragiungibile Cappella del Salvatore, in Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, protetta da delle impenetrabili grate di ferro e priva di illuminazione.

 I SETTE ARCANGELI DI ROMA: GLI ARCANGELI INTORNO A MARIA

Partito per Roma, Antonio lo Duca, riuscirà, sopportando continue angherie, e al prezzo di numerosi sacrifici a trovare un luogo ove celebrare dignitosamente questi sublimi Spiriti, all’interno delle vecchie rovine delle Terme di Diocleziano in Piazza Esedra.

Il progetto per la costruzione della Chiesa dedicata ai Sette Angeli, (oggi Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri) voluta da Papa Pio IV, fu affidato al grande Michelangelo Buonarroti, amico del sacerdote siciliano, e in seguito alla sua morte, portato a termine nel 1561 dal primo discepolo del maestro, nonché nipote di Antonio, Jacopo Lo Duca. Sull’altare maggiore della Chiesa, si pose un quadretto raffigurante Maria SS., circondata da Sette Arcangeli, che il Lo Duca, aveva fatto trarre, nel 1543 circa, da un antico mosaico esistente all’interno della Basilica di San Marco a Venezia (anche questo mosaico oggi è perduto). Il dipinto, aveva incisi, sui cartigli portati dalle figure angeliche, i nomi  propri dei Sette Angeli,  Michele, il vittorioso: paratus ad animas suscipiendas (pronto ad accogliere le anime); Gabriele, il messaggero: spiritus sanctus supervieniet in te (lo spirito santo verrà sopra di te); Raffaele il medico: viatores comitor, infermos medico (accompagno i viaggiatori, curo gli infermi); Uriele, il forte compagno: fiammescat igne charitas (la carità divampi con il fuoco); Geudiele, il rimuneratore: deum laudantibus proemia retribuo (con premi ricompenso quanti lodano dio); Barachiele, colui che viene in aiuto: adiutor, ne derelinquas nos (o tu, che vieni in aiuto, non ci abbandonare); Sealtiele, colui che prega: oro supplex et acclinis (prego supplice e prostrato). Non si conosce da chi questo dipinto sia stato eseguito[4].  Cio’ nonostante il quadro di Santa Maria Degli Angeli diede vita ad un secondo filone pittorico, costituito da sette Angeli che circondano la Vergine, ovvero sono posti al di sopra o al di sotto della medesima, tutti senza particolari attribuiti iconografici

A Milano, ad esempio, nella CHIESA DI SANT’ANTONIO ABATE vi è nella sacrestia questo bellissima opera denominata “Adorazione del bambino”  del pittore bolognese Camillo Procaccini (Bologna, 1555 circa – Milano, 1629). L’opera, che è conservata nell’abside della sagrestia, è tornata ai milanesi e al patrimonio artistico della città, grazie ai lavori di restauro sponsorizzati dal Gruppo Mediolanum, con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune. La particolarità sta nella raffigurazione di Sette Angeli che adorano l’incarnato.

All’interno del DUOMO DI PIACENZA edificato a partire dall’anno 1122 la volta del presbiterio, alterna autori come Ludovico Carracci (che dipinse anche il retrostante arcone) e il suddetto Camillo Procaccini, che nel catino absidale affrescò l’Assunzione della B.V.Maria qui nella fotografia. Si possono notare ancora una volta i Sette Angeli al di sotto della Vergine

Dello stesso filone questo meraviglioso dipinto, che è possibile ammirare nella Chiesa dei SS Nereo e Achilleo a Roma, presso le terme di Caracalla, del pittore Durante Alberti (1538 – 1616): La Madonna della Vallicella Adorata da Angeli[5]. Il Dipinto dell’Alberti è tuttavia una fusione tra  l’iconografia vallicelliana di Rubens con quella dei Sette Arcangeli[6].

Altri esempi dello stesso filone

Nella COLLEGIATA DI SAN MICHELE A SOLOFRA (AV), sull’altare maggiore è posto il dipinto dell’ “Incoronazione della Vergine e i Sette Arcangeli” del 1594 per opera di Bernardo Lama. L’altare è in marmo policromo dedicato alla Vergine Maria. La Madre di Dio in atto di essere incoronata è circondata dalla sinassi dei Sette Arcangeli. Al centro del dipinto è incastonata la statua dell’Arcangelo Michele ricoperta di oro e varie volte restaurata[7]. Anche per questo dipinto si è preferito cambiare il nome originario nel meno rischioso “Incoronazione della Vergine”, eliminando ogni riferimento ai sottostanti Angeli.

Nella BASILICA DI SAN MICHELE A PIANO DI SORRENTO (NA), vi è un quadro di Achielle Jovane del 1872 che raffigura Maria circondata da 6 Angeli in basso con il settimo San Michele in atto di scacciare Satana.

a PRATO, NELLA CAPPELLA DELLA MISERICORDIA, Dietro l'altare vi è un dipinto di Alessandro Allori (1535-1607) che raffigura l'Assunta tra sette Angeli, gli Apostoli e due rettori della Compagnia del Pellegrino. L’artefice dipinse Maria che sale al cielo fra nubi luminose contornata da un giro di angeli vagamente posti a corona, i quali portano in mano mazzolini di fiori; e due di essi reggono una zona svolazzante con la scritta: Pulchra ut luna, electa sicut sol, quasi aurora consurgens, nascosta in parte fra le pieghe del manto[8].

Privi di qualsiasi attributo iconografico e completamente indistinti sono raffigutati i Sette Arcangeli nel DUOMO DI LEGNAGO (VE)  all’interno di una nicchietta laterale dedicata al Martirio di S. Pietro da Verona. In questa versione del martirio sono rappresentati Sette Angeli in Preghiera sotto la Trinità.  Nel 1947, infatti, mons. Guglielmo Ederle, memore del voto espresso nel 1943 dalla città di Legnago incaricò il bolognese Renato Pasqui di affrescare la parete sinistra con il martirio di S.Pietro da Verona, avvenuto nella foresta tra Como e Milano il 7 aprile 1252.


[1] http://www.santamariadellascala.com/w2d3/v3/view/sms2/percorsi/luoghi/l_...

[2] PALERMO, DI MARZO FERRO Ed. 1984, P. 620

[3] immagine tratta dal libro GLI ANGELI origini storie e immagini delle creature celesti – MONDADORI EDITORE pag. 302

[4] Per Angelo Polesello, curatore della biblioteca di Santa Maria degli Angeli: “ La data 1543 costituisce per noi un preciso termine "a quo" ma, verificando attualmente le decorazioni musive dell'arcone sull'altare maggiore in S. Marco a Venezia non appare traccia di figurazioni simili alla nostra. D'altro canto si sa per certo che i "Procuratori di S. Marco de supra" curavano con estrema attenzione lo stato dei mosaici della Basilica e, in caso di deperimento o caduta per distacco, incaricavano i vari cartonisti a realizzare progetti, vicini il più possibile alle originarie figurazioni. Per quanto riguarda i tre arconi, sulla navata centrale fra le cupole di S. Marco si nota che le superfici musive hanno subito continui rifacimenti, in particolare nel periodo che va fra il secondo '500 e la fine del secolo scorso.  Il rivestimento musivo, infatti, dovendo aderire alle strutture murarie sottostanti, soffre le inevitabili conseguenze dei fenomeni di assestamento delle murature stesse. Questa sorte sembra riservata particolarmente agli arconi della navata centrale, i quali, dovendo reggere le cupole, sono i piu sollecitati a movimenti di assestamento statico sul piano fondale sabbioso e consolidato unicamente da palafitte in legno di rovere.  Fra i tre arconi, sul primo detto del "pozzo", verso la facciata (in corrispondenza dei celebri quattro cavalli di bronzo), il mosaico appare completamente rifatto su soggetti precedenti, con episodi dell'Apocalisse che sembrano attribuibili, secondo il validissimo studioso dott. Ettore Merkel della Soprintendenza al Porta Salviati o a Paolo Pino, artisti legati al manierismo salviatesco importato da Firenze, allora in pieno clima culturale Vasariano. Qui troviamo gli Angeli delle Sette Chiese, espressi in una fluidità di linee e di dinamica compositiva da non sembrare avere corrispondenza con moduli bizantini.  Sorte migliore sembra avere avuto l’arcone secondo (quello del transetto) che conserva le originarie figurazioni musive veneto bizantine con le storie della passione di Cristo, anche se parzialmente rielaborate. Di queste, a noi interessa in particolare l’episodio al centro dell’arcone stesso, riproducente le Pie Donne al sepolcro vuoto con un Arcangelo in abiti curtensi bizantini a il flagello nella mano destra.  L'arcone sull’altare maggiore poi, quello che particolarmente ci interessa, riproduce, dall’impostare fino a circa 60°, sicuramente con fedeltà alle precedenti narrazioni veneto cretesi, le quattro scene tipiche delle feste bizantine: sulla destra della navata centrale "l’Adorazione dei Magi" e sopra ad essa "l’Annunciazione" senza fondo oro; sulla sinistra la "Presentazione al Tempio" e "il Battesimo di Gesu", realizzate dal Marini su cartoni del Tintoretto nel 1576. Al centro dell’arco, sul punto che ci interessa per il nostro quadro, attualmente troviamo la "Trasfigurazione", con ogni probabilità più vicina alla maniera del Porta Salviati. A questo proposito, è da notarsi che il Tintoretto, nei suoi cartoni, è stato più rispettoso degli altri cartonisti nel riprodurre le precedenti immagini di tipo veneto-cretese.  Tornando alla nostra Trasfigurazione, sorge spontaneo l’interrogativo: perché la committenza si sarebbe orientata per un cambiamento totale di soggetto rispetto al precedente? Si deve forse ipotizzare che si è privilegiato l'episodio evangelico della Trasfigurazione del Signore, tanto caro alla liturgia bizantina, rispetto a un'immagine soprattutto densa di simbolismi e pertanto meno comprensibile, quella cioè della Vergine con i sette Arcangeli, e in più alquanto difficile a sostenersi biblicamente, dal momento che la Chiesa riconosce come Arcangeli soltanto Michele, Gabriele e Raffaele? Questo resta un interrogativo forse insolubile, ma non si dimentichi che in San Marco il numero settenario di Angeli è già narrato nei primitivi mosaici (fine del secolo XIII) della cupola ribassata che si trova al lato destro di chi entra nel portico antistante la Basilica: qui i sette Angeli corrispondono ai sette giorni della creazione.

 

[5] lavoro di ricerca denominato denominato “Girolamo Imparato ed altre questioni del tardo 500 Napoletano”, del dott. Stefano de Mieri a pag. 134 

[6] cfr I. Tosca, in Attività della Sopraintendenza delle Gallerie del Lazio, catalogo della mostra (Roma 1969) pp. 24 e 25 – A. Zuccari La Politica culturale dell’Oratorio Romano nelle imprese artistiche promosse da  Cesare Baronio, in “Storia dell’Arte” 1981, pag. 183 e molti altri). 

[7] Di tale attribuzione al culto dei sette siamo ne parlano sia Concetta Restaino (nel trattato su Belisario Corenzio), che individua nel dipinto descritto un possibile antecedente per l’opera perduta di Girolamo Imparato cui fu affidato l’incarico di dipingere la Vergine e i Sette Arcangeli al Gesù Nuovo a Napoli tra il 1600 e il 1605, sia R. Lattuada, in Francesco Guarino da Solofra.Nella pittura napoletana dal Seicento (1611 – 1651) Napoli 2000 pp. 24,27 e molti altri.

[8] Il dipinto, probabilmente senza che l’autore potesse saperlo, richiama alla memoria una celebre visione della venerabile Madre Arcangela Panigarola, priora del Monastero di Santa Marta a Milano, la quale: “ vide la Vergine Maria , adorata da tutti i Celesti, essere collocata alla destra di Cristo in Trono di Maestà. Giunse intanto fino al Cielo il grido delle anime trattenute in Purgatorio, risuonando l’Ora pro nobis. E la Vergine supplicò il suo benedetto Figliuolo per la liberazione di quelle che a Lei erano state più devote. E fu tosto mandato al Purgatorio S. Michele con una folta schiera di Angeli ai quali era stata commessa la cura di quelle anime essendo in vita, e ne condussero alla felicità del Paradiso una quantità grande. Furono nel medesimo tempo inviati i Sette Angeli assistenti al Trono di Dio ai Dannati per accrescere la loro maledizione, la loro pena, in castigo dei sette peccati mortali (..) ”

[9] Dipinto tratto dal sito:  http://www.memoryprints.com/image/171870/master-of-marradi-act-1475-1500...