POTENTI ANGELI CUSTODI

Studi, ricerche e approfondimenti

Avv. Carmine Alvino


 

NOMI PARTICOLARI DI ANGELI CUSTODI


  • Nella Bibbia si fa riferimento anche all’ Angelo personale deputato alla custodia dell’uomo, il quale ha il compito di proteggerlo e indicargli la retta via.
  • Tale concezione trova nel Vecchio Testamento, suo motivo d’essere, ed è chiaramente propalata nel libro di Giobbe, nei Salmi, e nella Qoelet.
  • Di poi si trasferisce nel Nuovo Testamento e diviene parte integrante della Tradizione millenaria della Chiesa.
  • Essa predica oggi la dottrina, formalizzata nel Catechismo, secondo cui l'esistenza degli esseri spirituali, incorporei, che la Sacra Scrittura chiama abitualmente angeli, è una verità di fede.
  • La testimonianza della Scrittura è tanto chiara quanto l'unanimità della Tradizione, nel ritenere sussistente una categoria di Angeli affidati alla protezione dei fedeli.
  •  Il nome di Angelo, giusta la osservazione dei Padri e dei teologi, anziché la natura esprime l’uffizio. Sant'Agostino dice a loro riguardo: « La parola "angelo" designa l'ufficio, non la natura. Se si chiede il nome di questa natura, si risponde che è spirito; se si chiede l'ufficio, si risponde che è angelo: è spirito per quello che è, mentre per quello che compie è angelo» [1]
  • Tale nome, derivando dalla parola greca « ἄγγελος » che significa inviato, messaggero, sta a indicare un officio, un’ incombenza, un ministero particolare di quegli esseri spirituali.
  • Talè è pure il significato della Voce ebraica  (מַלאָך ‎ mal‘âk).
  • Questi esseri dunque si chiamano  così, perchè nelle attinenze che hanno con questo mondo, si manifestano come inviati o messaggeri di Dio, incaricati di eseguire gli ordini Suoi presso gli uomini.
  • Queste nobilissime intelligenze, senza perdere di vista il Volto di Dio, ne eseguono il volere e i desideri come speciali strumenti della sua Provvidenza verso degli uomini.
  • È dottrina cattolica infatti che gli Angeli siano deputati alla loro custodia.
  •  L’ uomo è debole e soggetto a mille imperfezioni, circondato da pericoli di ogni tipo  sia  nell’ordine fisico che morale.  
  • Riceve pertanto  da Dio per aiuto un essere creato come lui, bensì più nobile e più potente, e che é già nell‘indefettibile possesso di un’eterna felicità.
  • Riceve un principe della corte celeste, perché lo aiuti, lo conforti, lo protegga e lo difenda nel pericoloso  cammino  della vita.  «Rivestitevi dell'armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro …i dominatori di questo mondo di tenebra», dice San Paolo e pertanto è opportuno che in questa lotta non sia solo, ma venga accompagnato da un solerte tutore.
  • L’uomo dunque è affidato all’amorosa cura degli Angeli tutelari, i quali vegliano su di lui, sia nell’ordine spirituale, come nel temporale.
  •  Le Scritture e i Padri ce li rappresentano come nostri speciali protettori, aiutandoci a pregare, ad offrire a Dio le nostre opere buone, e nell’ottenerci dal cielo l’ aiuto e le grazie di cui  abbiamo bisogno per vincere le tentazioni ed avanzare nella virtù
  • Quando però parliamo dei Angeli custodi, occorre fare una precisazione terminologica, perché altrimenti potremmo fuorviare il nostro lettore.
  • Il termine utilizzato per indicare gli Angeli dell’ ultima Gerarchia, e più specificamente, proprio dell’ultima categoria di questi sublimi Spiriti, e cioè:  «angelo custode» è davvero improprio, e non significa molto.
  • Abbiamo infatti notato come San Francesco ed altri beati uomini fossero custoditi in vita da un Serafino, altri da un Cherubino.
  • Altri perfino – e parliamo delle anime più progredite nella fede  e intimamente unite a Dio – sono state assistiti nientemeno che da «uno dei sette Spiriti».
  • Al riguardo abbiamo un esempio scritturistico più che eloquente, il Libro di Tobia. In questo testo si legge addirittura che S. Raffaele, Angelo di grande potenza e 3° Spirito Assistente innanzi a Dio, celato sotto le spoglie di un parente del suddetto giovane , tal  Azaria figlio di Anania, gli si presentò come modello dell’ Angelo custode dell’uomo.
  • Per tali ragioni, affermare che solo «gli spiriti dell’ultimo Coro» sono Angeli Custodi, significa commettere un errore grave, seppur generalmente tollerato, visto il grande successo di cui gode questa terminologia.
  • Infatti, possono essere inviati, come custodi anche Spiriti di massimo rango, come abbiamo visto nei precedenti numeri di questa collana, e come è chiaramente evidente nel  Sacro Testo, ove si dice anche che uno dei Serafini volò verso il profeta Isaia tenendo in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall'altare, per purificargli le  labbra [Is 6,6]. 

Il problema esegetico fu generato ancora una volta dallo pseudo – dionigi aeropagita, in quella che abbiamo voluto definire “teoria dei Serafini Immobili” ovvero nella circostanza,meglio formalizzata poi da San Tommaso, nella sua Summa Theologiae che, gli spiriti di massimo rango non possano essere inviati, e restino inerti e immobili davanti a Dio.

  • Il problema sorge evidente all’interprete allorchè i Serafini vengono inviati come custodi al profeta Isaia, ma secondo la costruzione di pseudo – Dionigi, completamente sbagliata, questi spiriti non potrebbero mai essere inviati a nessuno! La motivazione è chiara.
  • Il sistema gnostico di pseudo – Dionigi, ha bisogno che gli Angeli fungano da intervalli ontologici conoscitivi e intermedi il cui superamento concede al fedele di giungere allo stadio successivo di conoscenza.
  • Il Testo Sacro afferma con chiarezza invece che i Serafini sono inviati ai Profeti, come avviene anche per i semplici Angeli – primo livello dell’impostazione dionisiana -   e possono pure porre in essere importanti azioni liturgiche:« Nell'anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Attorno a lui stavano dei serafini, ognuno aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. …  Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall'altare. Egli mi toccò la bocca e mi disse:   «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua iniquità e il tuo peccato è espiato» [ Is 6,1-7],
  • ma lo pseudo – Dionigi, verificando che tale assetto contraddice interamente la sua costruzione gnostica, dove gli ordini vanno superati progressivamente e non vi può essere illuminazione intermedia, non può che sovvertirne il sentimento arrivando addirittura a dedicare un intero capitolo a questa apparente incongruenza:

 

« CAPITOLO XIII - Perché è detto che il Profeta Isaia fu purificato da un Serafino.

- I. Fermiamoci ancora a considerare perché é detto che un Serafino fu inviato ad uno dei nostri teologi, dacché si domanda giustamente come mai sia stato destinato a purificare il profeta una delle più sublimi intelligenze, invece d'uno fra gli spiriti inferiori.  

- II. Qualcuno, per eliminare tale difficoltà, invoca prima di tutto quella intima analogia che esiste fra tutte le celesti nature: ciò posto, la Scrittura non indicherebbe che una intelligenza del primo ordine fosse discesa per purificare Isaia, ma soltanto che uno degli angeli che presiede alla nostra gerarchia ricevette in quel caso il nome di Serafino, unicamente per la funzione che egli stava per compiere, e perché doveva togliere col fuoco l'iniquità dal profeta e risuscitare nella sua anima purificata il coraggio di una santa obbedienza. Così i nostri oracoli parlerebbero qui, non già di uno fra i Serafini che circondano il trono di Dio, ma di una di quelle Virtù purificanti che stanno immediatamente sopra noi.

- III. Un altro mi suggerì, relativamente a questa questione, una soluzione che non è del tutto priva di senno. Secondo lui, qualunque fosse la sublime intelligenza che con questa visione simbolica iniziò il profeta ai segreti divini, riferì prima a Dio, e poi alle prime gerarchie, il glorioso potere che gli era toccato in sorte, e cioè di comunicare in quella occasione la purità. Ora, é vera questa ipotesi? Colui che me la espose la spiegò in questo modo: La virtù divina raggiunge e penetra intimamente ogni cosa con la sua libera energia, quantunque in far ciò essa sfugga a tutti i nostri sguardi, tanto per la sublimità inaccessibile della sua pura sostanza, quanto a cagione delle vie misteriose per mezzo delle quali esercita la sua provvidenziale attività. Con ciò non si vuol dire tuttavia che non si manifesti affatto alle nature intelligenti nella misura che esse ne sono capaci; poiché, conferendo la grazia della luce agli spiriti superiori, per mezzo di essi la trasmette agli spiriti inferiori con armonia e perfezione, nella misura che la condizione e l'ordine di ciascun d'essi comporta. Ci spiegheremo più chiaramente per mezzo di esempi, i quali sebbene mal convengano alla suprema eccellenza di Dio, pure aiuteranno la nostra debole intelligenza. Il raggio del sole penetra facilmente quella materia limpida e leggera che incontra prima di tutto, e dalla quale esce pieno di luce e di splen dore; ma se si riflette su corpi più densi, per quello stesso impedimento ch'essi oppongono naturalmente alla diffusione della luce, non brilla più che d'una luce velata e fosca, e via via affievolendosi gradatamente, diventa quasi insensibile. Similmente il calore del sole si trasmette con più intensità agli oggetti che sono più suscettibili di riceverlo e che si lasciano più agevolmente assimilare dal fuoco; in seguito la sua azione apparirà come nulla o quasi nulla a contatto con certe sostanze che gli sono opposte o contrarie; infine, e ciò è ammirabile, raggiungerà, per mezzo delle materie infiammabili, quelle che non sono tali, dimodochè, in determinate circostanze, invaderà prima i corpi che hanno con lui qualche affinità, e per mezzo di essi si comunicherà mediatamente tanto all'acqua, quanto ad ogni altro elemento che sembra respingerlo. Ora, questa legge del mondo fisico si ritrova nel mondo superiore. Ivi il sommo autore di ogni bell'ordine tanto visibile che invisibile, fa brillare prima di tutto sulle sublimi intelligenze gli splendori della sua dolce luce, e quindi i santi e preziosi irradiamenti passano mediatamente sulle intelligenze subordinate. Così quelle che per prime sono chiamate a conoscere Dio, e nutriscono l'ardente desiderio di partecipare alla sua virtù, si elevano all'onore di ricopiare veracemente in se stesse, per quanto é possibile alle creature, quella augusta immagine, e dipoi si applicano con amore ad attirare verso lo stesso fine le nature inferiori, facendo loro pervenire i ricchi tesori della santa luce, che queste continuano a trasmettere ulteriormente. Così ciascuna comunica il dono divino a quella che la segue, e tutte partecipano, secondo il loro grado, alla munificenza della Provvidenza divina. Dio è dunque, usando un linguaggio appropriato, realmente e per natura, il principio supremo di ogni luce, perché è l'essenza stessa della luce, e perché l'essere e la visione vengono da lui; ma a sua imitazione e per i suoi decreti ogni natura superiore è in certo modo principio d'illuminazione per la natura inferiore, poiché a guisa d'un canale, lascia scorrere fino a questa le onde della luce divina. Perciò tutti gli ordini degli Angioli considerano giustamente il primo ordine della celeste milizia che vien subito dopo Dio, come il principio di ogni sacra conoscenza e di ogni pio perfezionamento, inviando esso a tutti gli altri beati spiriti, e quindi anche a noi, i raggi dell'eterno splendore. Da ciò consegue che, se essi riferiscono a Dio le loro auguste funzioni e la loro santità, come a Colui che é il loro creatore, d'altra parte le riferiscono anche alle più elevate tra le pure intelligenze che sono chiamate per prime a compierle e ad insegnarle alle altre. Il primo ordine delle gerarchie celesti possiede dunque, in maggior misura di tutti gli altri, e un divorante ardore e una larga parte nel tesoro della saggezza infinita, e la sapiente e sublime esperienza dei misteri sacri, e quella proprietà dei Troni che annunzia una intelligenza continuamente preparata alle visite della divinità. Gli ordini inferiori partecipano, è vero, all'amore, alla saggezza, alla scienza, all'onore di ricevere Dio; ma queste grazie non giungono loro che più debolmente ed in modo subalterno, e non si elevano verso Dio se non per mezzo dell'aiuto degli angeli superiori, che furono per primi arricchiti dei benefici celesti. Ecco perché le nature meno sublimi riconoscono per loro iniziatori questi spiriti più nobili, riferendo prima a Dio, e poi ad essi, le funzioni che hanno l'onore di compiere.

-  IV. Il nostro maestro diceva adunque che la visione era stata manifestata al teologo Isaia da uno dei santi e beati angioli che presiedono alla nostra gerarchia, e che il profeta, in tal modo illuminato e condotto, aveva goduto quella contemplazione sublime, nella quale, per parlare un linguaggio simbolico, gli apparvero le più alte intelligenze assise immediatamente al di sotto di Dio e circondanti il suo trono; e, in mezzo al corteggio, la sovrana maestà nello splendore della sua essenza ineffabile, elevantesi su quelle Virtù sì perfette. In queste visioni il profeta intese che la Divinità, per la superiorità infinita della sua natura, supera senza confronto ogni potenza visibile ed invisibile, e che è assolutamente separata dagli altri esseri e non ha nulla di simile neppure alle più nobili sostanze; imparò che Dio è il principio e la causa di tutte le nature, e la base incrollabile della loro permanente durata, e che da lui dipendono l'essere e il benessere anche della creature più auguste; seppe inoltre quali sono le virtù interamente divine dei Serafini, il cui nome misterioso esprime così bene l'ardore infiammato, come diremo un po' più avanti, quando, secondo la nostra possibilità, cercheremo di spiegare come l'ordine serafico si elevi verso il suo adorabile modello. Il libero e sublime sforzo col quale gli spiriti dirigono verso Dio il loro triplice potere, é simboleggiato dalle sei ali delle quali sembravano rivestiti agli occhi del profeta. Parimente quei piedi e quei volti innumerevoli che la visione faceva passare sotto il suo sguardo, gli servivano di insegnamento, nello stesso modo delle ali che velavano i piedi, di quelle che velavano il volto e di quelle che sostenevano il costante volo degli angeli; poiché, penetrando il senso misterioso di questo spettacolo, egli intendeva di quale vivacità e potenza di intuizione siano dotate quelle nobili intelligenze, e con quale religioso rispetto si astengano dal ricercare con temeraria ed audace presunzione i profondi e inaccessibili segreti di Dio, e come si studino d'imitare la Divinità con infaticabile sforzo e in un concerto armonioso. Egli intendeva quell'inno di gloria sì grandioso e sempre ripetuto, poiché l'angelo gli comunicava la scienza, per quanto gli era possibile, nel tempo stesso che gli metteva la visione sotto gli occhi. Infine il suo celeste iniziatore gli faceva conoscere che la purità degli spiriti, qualunque essa sia, consiste nella partecipazione alla luce e alla santità immacolata. Ora Iddio stesso, per ineffabili motivi e per un'opera incomprensibile, comunica questa purità ad ogni creatura spirituale; ma essa é assegnata più abbondantemente e in modo più evidente a quelle Virtù supreme che circondano più d'appresso la Divinità. Per ciò che riguarda e gli ordini subalterni della gerarchia angelica e la gerarchia umana tutta quanta, quanto più un'intelligenza é lontana dal suo augusto principio, più il dono divino che giunge a lei diminuisce di splendore e si nasconde nel mistero della sua unità impenetrabile. Esso raggia sulle nature inferiori attraverso alle nature superiori, e per dir tutto in una sola parola, esce per mezzo del ministero delle potenze più alte, dal fondo della sua adorabile oscurità. Così Isaia, santamente illuminato da un angelo, vide che la virtù purificatrice e tutti i divini ordini che per primi son ricevuti dagli spiriti più sublimi, scendono subito dopo su tutti gli altri, a seconda della capacità che trovano in ciascuno di essi. Perciò il Serafino gli apparve come l'autore, dopo Dio, della purificazione che egli descrive. Non é dunque irragionevole l'affermare che un Serafino purificò il poeta. Perché, come Dio purifica ogni intelligenza, precisamente perché egli è il principio d'ogni purità; ovvero, per servirmi di un esempio familiare, come il nostro Pontefice quando purifica e illumina per mezzo del ministero dei suoi diaconi e dei suoi preti, si dice giustamente che purifica e illumina, poiché coloro che egli ha elevati agli ordini sacri ripetono da lui le loro nobili funzioni; così quell'angelo che fu scelto per purificare il profeta attribuì la scienza e la virtù del suo ministero anzitutto a Dio, come alla causa suprema, e poi al Serafino, come al primo iniziatore creato. Possiamo dunque figurarci l'angelo nell'atto di istruire Isaia con queste pie parole: «Il principio supremo, l'essenza, la causa creatrice di quella purificazione che opero in te, è Colui che ha dato l'essere alle più nobili sostanze, che conserva immutabile la loro natura e pura la loro volontà, e che le invita a partecipare per prime della sua provvidenziale sollecitudine». (Questo significa l'ambasciata del Serafino al profeta, secondo il parere di colui che mi spiegò questa questione). «Ora, quegli spiriti sublimi, nostri pontefici e nostri maestri, dopo Dio, nelle cose sante, che mi hanno insegnato a comunicare la divina purità, sono quelli che per mezzo mio ti purificano, e di cui il benefico autore di ogni purificazione impiega il ministero per trarre dal suo segreto, e inviare agli uomini i doni della sua attiva provvidenza». Ecco ciò che m'insegnò il mio maestro, e che io ti trasmetto, o Timoteo. Ora lascio alla tua scienza e al tuo discernimento di risolvere la difficoltà per mezzo del l'una o dell'altra delle ragioni proposte, e di preferire la seconda come ragionevole e bene immaginata, e forse come più esatta; o di scoprire colle tue proprie investigazioni qualche cosa di più conforme alla verità; o, infine, con la grazia di Dio che dona la luce, e degli Angeli che ce la trasmettono, d'imparare da qualche altro una miglior soluzione. In questo caso, fammi parte della tua buona fortuna; poiché il mio amore per i santi Angeli si rallegrerà di possedere dei dati più chiari intorno a questa questione».

 

  • Al riguardo l’autore  Enzo Bellini, argutamente, riflettendo su questo passo arriva a comprendere proprio che tale costruzione costituisce una delle incrinature dell’intera teoria di pseudo - Dionigi e osserva come questa sia in effetti, per il pensiero dionisiano sugli Angeli: «… la obiezione più difficile. Se solo gli angeli sono in contatto con gli uomini, come si spiega che sia stato un Serafino a purificare le labbra del profeta Isaia? Il noto passo di Is. 6,1-8 era usato molto nella liturgia e poneva Dionigi in grande imabarazzo, dal quale cerca di liberarsi presentando due possibili spiegazioni: alcuni pensano che Serafino indichi impropriamente un angelo pieno di ardore, secondo altri si vorrebbe affermare che l’angelo ha ricevuto la forza purificatrice dei Serafini, naturalmente attraverso gli ordini intermedi: la forza purificatrice che deriva in definitiva da Dio (capitolo XIII)».
  • Tale stato di cose genera evidentemente un gravissimo problema, alla luce dalla circostanza che, contrariamente a quanto dallo stesso pseudo - Dionigi sostenuto, i Serafini, sono stati da sempre inviati ai mistici e ai profeti di maggiore santità.
  • Abbiamo documentato tali circostanze nei nostri passati volumi, quante persone sono state custodite da Serafini.
  •  È celebre in tal senso la visione di San Francesco riportata sia da Tommaso da Celano che da Bonaventura, secondo cui presso il Monte della Verna, il Serafico Padre fu stigmatizzato da: « un Serafino con sei ali ».
  •  La terziaria francescana Margherita da Cortona conobbe sovente questa grazia, perchè la notte che precedeva la festa di Santa Chiara, trovandosi in preghiera, vide apparire un Angelo con sei grandi ali, che si degnò di benedirla e di eccitare in lei i sentimenti dell'amore più puro nei riguardi del suo Sposo celeste.
  • La reclusa Maria D'oignies (+ 1213) vide apparirle un serafino "bruciante d'amore" che le mostrò il Cristo sofferente. Madre Maria Di Gesú Du Bourg (1788-1862) contemplò sovente lo splendore dei Serafini, che un giorno prima della sua morte la fecero esclamare davanti alla comunità stupefatta: O Serafini, carissimi fratelli miei, come siete felici! Io non dico di essere nella gloria, ma di essere unita all'Amore. La mistica Marina De Escobar ricevette le stigmate esattamente allo stesso modo di Francesco: la visione del Serafino realizzò la trasformazione dell'amore lasciandole  le piaghe impresse nella carne. Speranza Gonzalez Puig sperimentò  dalla mano di un Serafino la grazia della transverberazione del cuore. Due Serafini intervennero presso la Venerabile Maria De Jesus D'agreda (1602-1665) per incitarla a riprendere il suo lavoro di redazione della Mistica Città di Dio.  Maria Caterina Ruel ricevette l’apparizione  di un Serafino chiamato  Spirito di Dio e Provvidenza di Dio .
  •  Questi episodi attestano la veridicità della visione di Isaia e la falsità della tesi dello pseudo – Dionigi: dunque anche spiriti di massima gerarchia possono divenire custodi di singole anime.
  •  La dottrina cattolica, come detto,  conosce l’esistenza degli Angeli Custodi.
  • Tale dottrina ha diretta derivazione biblica e prosegue chiaramente nel Sacro Testo .
  •  È infatti il Libro di Giobbe che presenta una chiara attestazione di questi spiriti. Il Testo recita: « Ma se vi è un angelo presso di lui, un protettore solo fra mille, per mostrare all'uomo il suo dovere, abbia pietà di lui e dica: «Scampalo dallo scender nella fossa, ho trovato il riscatto», allora la sua carne sarà più fresca che in gioventù, tornerà ai giorni della sua adolescenza: supplicherà Dio e questi gli userà benevolenza, gli mostrerà il suo volto in giubilo, e renderà all'uomo la sua giustizia. Egli si rivolgerà agli uomini e dirà: «Avevo peccato e violato la giustizia, ma egli non mi ha punito per quel che meritavo; mi ha scampato dalla fossa e la mia vita rivede la luce» [Gb 33,23-28][2] .
  • Si tratta di una dottrina completa sulle capacità  di quest’ Angelo deputato a sorvegliare i singoli uomini.
  • Esso infatti, mette bocca letteralmente nella sentenza che sta per profferire Dio, presentando gli attestati di salvezza di quest’ultimo , perché supplicherà Dio al suo posto e il Creatore gli userà benevolenza.
  • Il Testo si focalizza sui termini – Angelo – e - Protettore - .
  • La Tanakh, usa il termine מַלאָך ‎ mal‘âk  per designare l’Angelo :  uno (אֶחָד ‎ ‘echâd )  tra (מִנֵּי ‎ minnıy) mille (אֶלֶף ‎ ‘eleph ) scelto da Dio , ma  per il  termine «protettore» utilizza la parola ebraica   לוּץ ‎ lûts – pronuncia loots o meglio melits che significa «mettere bocca» , «fare da interprete» , «intercedere».
  • Ma il Qere masoretico utilizza tuttavia la espressione «malə’āḵə mēlîtṣ» o Malack Melis מַלְאָ֗ךְ מֵלִ֗יץ    a introdurre un misticismo a parte quello dell’Angelo mediatore – insegnante – custode – interprete del singolo Ish – uomo.
  • Più prosaicamente, viene utilizzato un termine della gerarchia ebraica per indicare l’interprete delle lingue, quando, giungeva presso l’accampamento uno straniero e vi era necessità di tradurre ciò che diceva, altrimenti non sarebbe stato capito.
  • Il “Melis ” fa la stessa cosa a livello ontologico.
  • Dinanzi a Dio, la parola dell’uomo peregrino sulla terra è incomprensibile, poiché sporcata dai peccati. Dio non lo degna di interesse perché non lo può ascoltare. Ma ecco che presso di lui ha posto un interprete che traduce il linguaggio peccaminoso e incerto del suo assistito, in parole chiare di salvezza e dunque , per così dire, comprensibili ed accette all’ eterno. È grazie all’intercessione dell’Angelo, che l’uomo, in un certo qual senso può essere ascoltato da Dio .
  • Dunque non un protettore, ma un aiutante che intercede per lui, per aiutare l’uomo e fargli trovare il suo cammino.
  • Questi sono proprio gli Angeli custodi che la mistica ebraica immaginava stare accanto all’uomo per difenderlo, e per perorare la sua buona causa.
  • E la conseguenza di questa intercessione è davvero notevole, poiché allo “scampato dall’abisso” «Dio userà benevolenza e gli mostrerà il suo volto (פָּנִים ‎ panim) raggiante».
  •  Egli cioè tornerà ad essere visto da Dio, potrà essere ammesso alla Sua presenza, e a godere della vista beatifica dell’ Eterno.
  • Questa conoscenza sembra presente anche nel libro della QOELET (o Ecclesiaste) , anche se in modo un po particolare, allorchè si dice: «… Non permettere alla tua bocca di renderti colpevole e non dire davanti al messaggero che è stata una inavvertenza, perché Dio non abbia ad adirarsi per le tue parole e distrugga il lavoro delle tue mani. Se vedi nella provincia il povero oppresso e il diritto e la giustizia calpestati, non ti meravigliare di questo, poiché sopra un'autorità veglia un'altra superiore e sopra di loro un'altra ancora più alta: l'interesse del paese in ogni cosa è un re che si occupa dei campi…» [Qoelet 5, 5- 7].
  •   Il testo nasconde in ebraico la medesima teoria espressa in Giobbe.
  • La voce profferita dall’uomo colpevole è incomprensibile a Dio, anzi motivo di sdegno; non invece la voce dell’Angelo riguardo al quale, è d’obbligo utilizzare un comportamento consono affinchè non smetta d’assisterci.
  •  La frase di Qoelet 5,5 - non dire davanti al messaggero – vede ancora una volta questo nuncio tradotto con la parola  מַלאָך ‎ mal‘âk  , ovvero Angelo.
  • Inoltre per la prima volta si fa accenno anche ad una Gerarchia, perché, come dice il settimo versetto : «sopra un'autorità veglia un'altra superiore e sopra di loro un'altra ancora più alta».
  • Su ogni realtà umana veglia dunque un’autorità più grande, e pertanto su un monarca è possibile che vegli un “luts” cioè un intercessore più nobile.
  • Questi Angeli , a differenza di quello che normalmente di crede, visto il compito loro affidato di sorvegliare e intercedere per il loro protetto, godono di una prerogativa tutta particolare; cioè quella che nei primi anni di vita dell’assistito, mentre egli resta fanciullo, la condizione di purezza consenta ad essi di venire immersi direttamente innanzi al   פָּנִים ‎ Panim   di Dio.
  • Tale dottrina è stata predicata nientemeno che da Nostro Signore Gesù Cristo. Egli infatti rivelò ai suoi discepoli : «…Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli … » [Matteo 18,5-10-11]. 
  • Il testo greco delle LXX utilizza la parola παιδίον  (paidion) per pargolo (indifferentemente di qualsiasi sesso) , la parola ἄγγελος  (anghelos) per i loro « Angeli» e  πρόσωπον  (prosōpon), per Viso e/o Volto ,  e con tale termine indica anche la Divina Presenza.
  • Tale parola è la traduzione greca del termine ebraico פָּנִים ‎ Panim   e ci fa comprendere come per singolare predilezione divina,  i fanciulli sono davanti a Dio, perché i loro custodi, sono collocati a livello di uno Spirito di alto livello come se fosse un Malack Panim, ovvero un Angelo del volto. Dunque lo scandalo sui  bambini si riflette proprio innanzi alla Presenza Divina, e risulta quasi irredimibile!
  •  A conferma di ciò, Nostro Signore Gesù Cristo, ribaltando la Celeste Gerarchia di Dionigi, completamente erronea sul punto, una volta assunta la Carne ha mostrato il Suo Volto salvifico agli uomini e conseguentemente anche all’ultima Gerarchia degli Angeli.
  • « In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio» [Gv 1,1] dice Giovanni e di poi aggiunge :« il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità» [Gv 1,14] perché « Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato» [Gv 1,18].
  •  Cristo ha dunque ribaltato le Gerarchie di pseudo – Dionigi, perché una volta nato nel seno di Maria, ha mostrato il suo volto e dunque la sua presenza anche agli Angeli dell’ultimo Coro immettendoli immediatamente innanzi alla Sua Gloria, come fossero Serafini innanzi al Volto.
  • Il Testo Sacro è chiaro sul punto « Subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto e vi rimase quaranta giorni, tentato da satana; stava con le fiere e gli angeli lo servivano» [Mc 1,12; Mt 4,11]. 
  • Tale adorazione e servizio non si sono estinti con l’ascensione di Cristo al Cielo, perché essi continuano a guardarLo in Volto e ad adorarlo nel SS. Sacramento, dove vi è la Sua Presenza Reale, in Corpo Sangue, Anima e Divinità, e ciò a preferenza perfino del Coro Serafico.
  • Con il risultato che dunque il Volto di Dio irraggia sia i primi che gli ultimi Cori direttamente.
  • Di tale teoria non vi è traccia nello pseudo Dionigi, che evita qualsiasi riferimento alla c.d. sequela angelica, di Cristo in terra, e al rovesciamento liturgico dei Cori dopo l’assunzione della Carne.
  • Assegnata dunque a questa dottrina la chiarificazione che merita passiamo ad elencare i nomi degli Angeli Custodi più potenti in cui ci siamo imbattutti!

[1] "Angelus" officii nomen est, [...] non naturae. Quaeris nomen huius naturae, spiritus est; quaeris officium, angelus est: ex eo quod est, spiritus est, ex eo quod agit, angelus – La parola "angelo" designa l'ufficio, non la natura» .

[2] { in greco: 33,23  - ἐὰν ὦσιν χίλιοι ἄγγελοι θανατηφόροι εἷς αὐτῶν οὐ μὴ τρώσῃ αὐτόν ἐὰν νοήσῃ τῇ καρδίᾳ ἐπιστραφῆναι ἐπὶ κύριον ἀναγγείλῃ δὲ ἀνθρώπῳ τὴν ἑαυτοῦ μέμψιν τὴν δὲ ἄνοιαν αὐτοῦ δείξῃ}