IL GIOVANE TOBIA
IL GIOVANE TOBIA
- Le gesta di Raffaele Arcangelo sono narrate nel Libro di Tobia, di cui è il grande protagonista, solerte accompagnatore del giovane israelita durante il suo pericoloso viaggio.
- Prima del ritorno da Babilonia, gli Ebrei non seppero mai il nome di quei Celesti Personaggi inviati ai loro Patriarchi e ai Profeti da Dio, ma si limitivano a chiamarli Angeli o Messi.
- Senonchè in questo Libro di Tobia si fa la conoscenza del nome dell’ Angelo “Raphael”.
- Nel Testo Sacro si incontra nel I° Libro dei Paralipomeni[1] un uomo con questo nome, e “Raphaim” era una valle, un monte, una pianura, un deserto e furono così chiamate con il termine di “Giganti” alcuni cananei, i “Raphaim” appunto. Raffaele è il primo Angelo di cui si sappia il nome e che dunque corrisponde all’etimologia di medico, e Dio non lo manifestò che a Tobia perché sebbene nell’Esodo per mezzo di Mosè, il Signore facesse sapere al suo popolo che Egli era il : sanator tuus[2], e il Parafraste Caldeo, e la Versione Siriaca legga: Medicus tuus, pure non si ha espressamente questo nome “Raphael” associato a questo ministero di sanazione.
- Il 12° Capitolo del Libro esprime una informazione straordinaria che lascia ogni teologo confuso e inappagato, perché incapace di attribuire concretamente a S. Raffaele una posizione stabile nel Cielo.
Nel vedersi infatti, il buon Tobia , così benedetto, arricchito, per mezzo di quel giovane sconosciuto, Azaria, (S. Raffaele sotto mentite spoglie) non trova mezzi per dimostrarsi grato , e perciò di nuovo al figlio ripete: “Figlio mio, che potremo noi dargli che sia proporzionato a tanti ricevuti favori?”. Decidono dunque di dare al saggio accompagnatore la metà dei propri beni. Ma sorridendo Azaria nel vedere quei due veri Israeliti senza dolo e doppiezza, “Non voglio nulla”, risponde ed aggiunge: “Io sono Raffaele, uno dei sette Angeli che sono sempre pronti ad entrare alla presenza della maestà del Signore”.
- Se così stanno le cose risulta chiaro che i Sette Angeli, comunicatici da San Raffaele sono in una posizione gerarchica diversa da quelle delineate dalla teologia.
- Dal che segue anche la successiva domanda: come è possibile che un angelo come S. Raffaele, uno dei Sette Spiriti, non gerarchizzati, fosse proprio il custode di una persona comune come doveva essere allora Tobia?
- In passato, larga parte della Angelologia, nel commentare il testo del Libro di Tobia, aveva storto il naso d’avanti alla possibilità che un Angelo, di grande importanza, come Raffaele, si degnasse di accompagnare Tobia, nel suo pericoloso viaggio verso la salvezza propria e della di lui famiglia.
- Infatti seppur è vero che ad ogni uomo è affidato un Angelo custode, appartenente all’ultimo dei nove Cori celesti, sembrava allora davvero improbabile che un Angelo dei Cori più elevati e nel caso specifico, addirittura uno dei Sette Principi, potesse svolgere le funzioni di un qualunque Angelo custode di una anima comune, come potrebbe essere quella di ciascuno di noi.
- Tale apparente incongruenza, spingeva i teologi ad affermare così che, S. Raffaele fosse il capo del Coro degli Angeli custodi.
- Si aggiunge infatti che, secondo l'opinione di San Tommaso, nella distin. 10, nel secondo libro delle Sentenze, San Raffaele non sarebbe del supremo Coro proprio per via dell’ assistenza che apprestò a Tobia, al modo degli Angioli custodi, per i quali si crede che gli stessi non possano essere presi dai Cori supremi per questo ufficio di custodia particolare.
- Altri però sono di parere, che tutti questi Sette siano Serafini, della quale opinione è il Galatino, Viegas, Pererio, e Clemente Alessandrino citati tuuti dal P. Cornelio; e ai controdeduttori si può rispondere che, vi sono dalle storie sacre dove si nota che ad alcuni Santi sono stati dati Serafini per custodi. Tuttavia possiamo affermare che sul punto, il ricorso a due riferimenti mistici potrebbe apportare qualche chiarimento su questo ministero di custodia.
Una prima ipotesi,
- vede gli Arcangeli maggiori intervenire nelle cose meno sublimi tramite propri Spiriti sottoposti. Il beato Amodeo da Sylva, nel IV° rapto della sua Nuova Apocalisse riferisce qualcosa di importante in riferimento all’Angelo Raffaele[3], che gli viene mostrato da San Gabriele Arcangelo, il quale indicandogli San Raffaele mentre lo traeva in estasi gli rivelò che: “… Non infatti quel Raffaele in persona si recò da Tobia, ma destinò a suo nome un Angelo dell’ultimo Coro. Così quell’Angelo che sul monte Gargano e in un’altra occasione apparve con nome di Michele si chiamava Michele, perché era il suo nuncio. Lo stesso Michele non viene mandato in persona se non per l’aiuto e la salvezza di tutto quanto il popolo. Egli stesso, infatti, è il primo di tutti noi, io lo seguo, noi non siamo divisi nè da natura, né da Coro o da Gerarchia. Il secondo luogo io sono un Serafino, egli è il primo ed è così tanto nobile che non può divenire più nobile. Lucifero con noi fu della medesima specie, (infatti) così è detto grandissimo da voi: perché appartenente alla più grande specie che possa essere creata dal nostro Dio ….”. Cioè a dire in sintesi che Raffaele Arcangelo inviò un suo nuncio a lui inferiore, il c.d. Angelo Azaria a Tobia, appartenente all’ultimo Coro degli Angeli, a cui destinò il suo nome per farlo conoscere a questa famiglia. Inoltre, rivela l’Arcangelo Gabriele all’Amedeo, lo stesso avvenne per l’apparizione del Gargano, dove San Michele, destinò a quella popolazione un Angelo inferiore che portava il suo medesimo nome, in quanto i Sette Maggiori Arcangeli non appaiono in persona se non quando è necessario per la difesa e la salvezza dell’intero popolo cristiano. Ricordiamo che Je dois avouer que nous les craignons. Cornelio Lapide, nel suo celebre commento all’Apocalisse, riferendosi alla visione dell’Agnello con i sette occhi, afferma : “dico che questi sette occhi significano la piena e perfetta provvidenza di Cristo nel costruire e vigilare la sua chiesa, promuoverla, aumentarla e conservarla, la quale provvidenza è esercitata da questi sette Angeli primari che sono nel suo Palazzo come Principi e per essa governatori degli altri Angeli custodi degli Uomini, di tutta la chiesa e del mondo”. Riportiamoo inoltre la circostanza che la veggente Maria Valtorta aveva come custode proprio il caro Azaria e non San Raffaele, distinguendo dunque tra i due Spiriti angelici.
Una Seconda ipotesi
- individuaerebbe nel ministero dei Sette Angeli anche un ministero di custodia personale dell’anima accanto a quella del proprio Spirito della Pietà. Tale interpretazione discende da alcune visioni di cui godette il gesuita Antonio Ruiz de Montoya, missionario apostolico nell’America Centrale, molto devoto ai Sette Angeli che nomina nel suo “Silex del Divino Amore”. Egli scrutò in diverse estasi mistiche i Sette Arcangeli circondare la ss. ma Vergine, come celesti intercessori dell’umanità, e ciò ci perviene dalla vita del Venerabile missionario scritta dal suo biografo Francisco Jarque[4]: 1)ESTASI: Il giorno dopo nella orazione della mattina si elevò l'anima e vide questa dolce, soave ed amabile Signora in età giovanile….Stando l'anima come circondata di rose, di garofani e gigli, improvvisamente la penetrò un raggio acceso, in mezzo del quale stava un cuore risplendente ed infuocato nelle mani di questa divina Signora, attraversato con due saette. Quello che risultò da questa visione fu una chiara conoscenza della grandezza di Dio, dell’assistenza dell'angelo custode e dei sette Principi. 2)ESTASI: Il giorno dopo, nella messa mi vidi circondato di Angeli, e principalmente dai Sette Principi, e stava presente la Santa Vergine, a cui il mio cuore scoccava numerose saette in mezzo ad alcune elevazioni soavi ed astrazioni della mente; ma mortificai l'anima ritirandola da quelle luci a queste tenebre esteriori, perché non lo notassero i vicini…» Dunque, Ruiz de Montoya aveva sperimentato la protezione di questi Sette Gloriosissimi Spiriti cui teneva una particolarissima devozione, e non dava inizio ad alcuna decisione, specialmente per ciò che riguardava soprattutto la conversione degli indigeni, senza consultarli. Nella nota che il V. Padre scrisse nell’anno 1617 al P. Provinciale Nicolás Duran nella quale riferiva le difficoltà insuperabili che erano emerse per la conversione di una popolazione indigena particolarmente pervicace, aggiunse anche con animo fiero di aver disposto per l’impresa “sette settimane di esercizi con sette ore di Orazioni giornaliere ai Sette Arcangeli ai quali aveva dedicato una Reducion in ringraziamento dei favori e della proficua intercessione che dai sette aveva ricevuto”[5]. Ritornando inoltre alle due significative estasi che abbiamo sopra riportato possiamo[6] efficacemente percepire la verità arcana della “Intercessione Complementare” dell’Angelo Custode e dei Sette Arcangeli. In tale visione, l’azione per la salvezza dell’anima, che media tra Gesù e la creatura, è esercitata complementarmente sia dall’Angelo custode, che dai Sette Spiriti simbolizzati dalle due frecce d’amore confisse nel cuore splendente tenuto dalla Vergine. Possiamo verosimilmente parlare di “Doppia Azione”, e/o cooperazione celeste tra il custode particolare dell’anima e i Sette Intercessori presso il Trono? I primi padri della Chiesa sostennero fortemente l’esistenza di “.. sette Principi primogeniti degli Angeli, per cui mezzo Iddio presiede a tutti gli uomini e per questo sono chiamati suoi occhi nell’Apocalisse (Clemente Alessandrino), ai quali “è affidato il Governo e la Guida della Chiesa..”, (Andrea Cesariense). Anche nel Libro di Zaccaria, riletto alla luce della visione mistica avuta dal Ruiz de Montoya, è possibile individuare questa cooperazione celeste tra Angelo Custode e i Sette Assistenti. Prendiamo ad esempio due passi comunemente collegati al mistero dei Sette Assistenti divini: (Cap. 3,9) “..Ecco la pietra che io pongo davanti a Giosuè: sette occhi sono su quest’unica pietra; io stesso inciderò la sua iscrizione – oracolo del Signore degli eserciti – e rimuoverò in un solo giorno l’iniquità da questo paese…”. (Cap. 4) –“..L’Angelo che mi parlava venne a destarmi, come si desta uno dal sonno, 2e mi disse: «Che cosa vedi?». Risposi: «Vedo un candelabro tutto d’oro; in cima ha una coppa con sette lucerne e sette beccucci per ognuna delle lucerne (…) Le sette lucerne rappresentano gli occhi del Signore che scrutano tutta la terra..”. L’Angelo custode del Profeta Zaccaria, sembra evidenziare il modo in cui riconoscere quella custodia più eccellente che viene concessa ad ogni uomo, svolta proprio, accanto al ministero del proprio Angelo, dai Sette Divini Assistenti, i quali come Occhi dell’Agnello scrutano la terra alla ricerca dei veri figli di Dio. Sembrerebbe dunque questa la motivazione più profonda che spinge l’Angelo Raffaele a affermare: “ Io sono Raffaele, uno dei sette angeli che sono sempre pronti ad entrare alla presenza della maestà del Signore”.
- Santo Agostino e San Girolamo con ragione affermano che tutte le volte si fa acquisto della salute miracolosamente e con prodigio, l’Angelo del Signore S. Raffaele è invitato per rimedio di quella infermità , essendo egli quel savio medico, che adopera tutte le industrie del sapere e del suo Angelico intendimento a quel solo fine di trarre gli uomini dai pericoli. Ora è ben vero che nel Libro di Tobia si faccia menzione di un demone , che Raffaele incatena nel deserto, tale asmodeo, il perditore dell’affetto coniugale, uccisore del matrimonio e padre della lussuria (Tb 3) : “In quel medesimo momento la preghiera di tutti e due fu accolta davanti alla gloria di Dio e fu mandato Raffaele a guarire i due: a togliere le macchie bianche dagli occhi di Tobi, perché con gli occhi vedesse la luce di Dio; a dare Sara, figlia di Raguele, in sposa a Tobia, figlio di Tobi, e a liberarla dal cattivo demonio Asmodeo”.
- Il dilemma che più assilla gli studiosi è quello del testo originario del Libro di Tobia. Difatti questo è stato trasmesso soltanto in greco in tre recensioni.
- Secondo Giancarlo Toloni autore dello lavoro “L'originale del Libro di Tobia: Studio filologico-linguistico”, le versioni storiche del libro e le sue complicanze si possono sintetizzare, molto stringatamente in :
- Una prima versione che si trova attestata nel Codex Vaticanus (LXX (b) del IV secolo dopo Cristo), nell’Alessandrinus (LXX del secolo V d.C.) e nel Venetus ( LXX dell’VIII dopo Cristo) in un frammento del Papiro 900 e in quattro recensioni secondarie che vengono indicate con le lettere a,b,c,d,, riportate da alcuni manoscritti dei LXX
- Una seconda versioneche si fonda sul Codex Sinaiticus (LXX) risalente al secolo IV – V d.C. nonché sul minuscolo 319 e su frammenti del papiro 910. Questa probabilmente costituisce la migliore delle tre recensioni, almeno secondo l’orientamento rpevalente dei critici.
- Una terza versione attestato dai minuscoli 44 (codex Cittaviensis) 106 ( Codex Ferrariensis) e 107 (codex Ferrariensis) e da alcuni frammenti di una versione siriaca (questa terza versione , posteriore alle due precedenti, ne è senza dubbio una rcompilazione)
- Vi sono inoltre diverse variazioni della celeste proclamazione dell’Angelo contenuta in Tobia capiolo 12, paragrafo 15 grazie alla quale noi oggi siamo in grado non solo di proclamare la canonicità di San Raffaele, ma altresì la sua appartenenza al gruppo settenario. Passiamo dunque ad illustrare al lettore le diverse versioni che di Tobia 12,15 ci sono pervenute:
- Secondo la Vulgata la frase dell’Angelo sarebbe: “Ego sum Raphael Angelus, unus ex septem, qui astamus ante Dominum”;
- Secondo il Breviarium Romanum ex decreto sacro-sancti Concilii Tridentini restitutum di San Pio V, Sermone in Dominica 15 de Beato Tobia, lectio V: “Ego sum Raphael Angelus, unus ex septem Angelis qui astamus ante claritatem Dei”;
- Antichi Manoscritti Greci riportano altresì: “Ego sum unus de septem, qui offerunt orationes sanctorum et ambulant ante maiestatem sancti” ovvero: “Ego sum unus de septem, qui offerunt orations sanctorum et ingrediuntur in conspectus gloriae Sancti” ovvero ancora: “Ego sum Raphael, unus ex septem sanctis Angelis qui preces sanctorum ad Deum offerunt, atque ambulant ante majestatem Sancti”; “Ego sum Raphael, unus ex septem angelis sanctis, qui assistimus et ingredimur ante claritatem Domini”;
COSA CI DICONO TUTTE QUESTE VERSIONI DEL CAPITOLO 12 DI TOBIA?
- Che innanzi al Trono divino sussistono Sette Sublimi Assistenti i quali officiano particolari e importantissimi compiti, che altri non possono eseguire.
- Come abbiam già avuto modo di sostenere in altri nostro lavori, questa affermazione che si trae dal Sacro Testo non è mai stata presa seriamente in considerazione dai Teologi i quali hanno preferito considerare come legittima la classificazione angelica opera dallo pseudo - Dionigi, ove non vi è mai fatta menzione alcuna né del Libro di Tobia, né, stranamente dell’Angelo Raffaele.
- Quello che è chiaro, è che l’autore delle Celeste Gerarchia abbia compiuto una generale sottovalutazione del ruolo degli Arcangeli nel generale panorama della salvezza a tutto favore di una costruzione dogmatica che oggi, alla luce delle nuove conoscenze in campo angelologico, deve essere quasi del tutto accantonata.
- Tale sentimento non è solo condiviso dal presente autore ma anche da Giovanni Mongelli autore dei Libri “Gli Angeli Buoni”, delle Edizioni Michael, il quale sostiene a pag. 62, del medesimo testo. che: “Oggi con il prevalere della teologia positiva, contro le pure speculazioni, i teologi non attribuiscono più grande importanza a questa divisione degli Angeli in gerarchie e ordini, non trovandosi nella S. Scrittura a riguardo se non in poche e vaghe indicazioni, da cui trarre con sicurezza delle conclusioni aderenti ai testi ispirati. Né più consolante risultato danno le ricerche sul pensiero dei Padri più antichi. Così pure si fa osservare che dalla Rivelazione non risulta che esistono precisamente 9 ordini di Angeli, né più, né meno, e tre Gerarchie. Ancora: è possibile che dei 9 nomi, citati nei vari passi della S. Scrittura, alcuni siano sinonimi: ma anche se essi significano 9 diversi ordini , non è escluso che non esistano altri a noi ignoti”.
- Per tali ragioni, alcuni autori misero sotto la lente della critica la Gerarchia Celeste di Dionigi.
- Il primo fu Tommaso Bellorosso che, come risulta dal proemio del suo “Opus de Septem Spiritibus in Conspectu Throni Dei Astantibus”, pubblicato dal prof. Federico Martino nell’articolo “degli autografi di Tommaso Bellorosso”, aveva criticato apertamente Dionigi, per questa lacuna della sua opera, richiamando le medesime parole del testo dionisiaco, che non facevano mistero dell’incompletezza del testo.[2]
- Molto più critico fu addirittura il Teologo siciliano Giuseppe Ferrigno, che nel secondo volume , del libro “Sette Angeli Assistenti davanti al Trono di Dio” edito a Palermo nella seconda metà del sec. XIX, si scagliò in una critica feroce contro questa grave lacuna del testo cardine dell’angelologia classica: “Non si trova mai nelle scritture un passo, dove parlando de' cori degli Angeli si adoperi il numero nove, non si trova mai un passo, dove esponendosi i cori degli Angeli, si riportino di seguito tutti e nove, anche senza determinazione esplicita di numero” ed ancora “E’ di fede, che tra gli Angeli sia distinzione di cori, ma non è parimenti di fede, che questa distinzione debba esser novenaria”.
- Tale grave mancanza fu dichiarata apertamente nell’ “Apocalypsis Nova” del Beato Amodeo da Sylva, al quale l’Arcangelo Gabriele, dopo averlo tratto in estasi rivelò quasi risibilmente quanto segue[3]: “..Non devi stupirti che tutti noi Angeli e voi Uomini siamo concittadini della stessa patria. Tuttavia non tutti gli uomini sono superiori a tutti gli Angeli, né tutti gli Angeli sono maggiori rispetto a tutti gli uomini. Ma alcuni del vostro genere sono maggiori rispetto a tutti gli Angeli: come il Re Uomo e la Regina sua Madre. Alcuni del vostro genere sono minori a tutti gli Angeli dei quali è detto vidi una grande moltitudine, che nessuno poteva enumerare. Altri sono a noi misti: Sette Angeli siamo, che veneriamo la Genitrice del nostro Dio, precediamo tutti gli altri del vostro genere. Ciò dunque poiché non è noto presso di voi, per questa ragione comprendilo e scrivi affinchè il pastore che verrà possa promulgarlo su tutta la terra. Allora io dissi, signore: Chi sono quei Sette Spiriti maggiori di tutti? Rispose: i sei che vedi in alto, se li sommerai a me, saremo sette. E io gli risposi: signore quali sono i vostri nomi? Il primo che vedi qui è Michele, rispetto al quale nessuno né degli uomini né degli Angeli è più degno, lui è lo stesso che lottò con il grande dragone e lo sconfisse e io Gabriele sono il secondo. Raffaele mi segue e Uriele segue Raffaele e altri a lui. Allora io dissi: dunque né Giovanni Battista nè qualcuno di quegli apostoli è paragonabile a voi?E quegli: fu più che sufficiente e grandemente che il Signore padre del nostro genere si facesse uomo e non prendesse alcuno di noi; fu sufficiente che la Genitrice di quel nostro Re vero Dio e insieme uomo, fosse preferita a tutti quanti gli Angeli (..). Riguardo nessuno degli altri santi è lecito credere che sia sollevato sopra i meriti di ogni Angelo e Arcangelo, non significando con il nome di Arcangelo il secondo coro che sale verso l’alto ma tutti quelli che sono chiamati Angeli Superiori: tuttavia quella sentenza non fu impressa negli ecclesiastici: Infatti oggi voi continuate a preporre i Santi uomini a tutti noi Angeli. E io dissi: mio signore, Io ho sempre creduto che il mio venerabile padre San Francesco d’Assisi fosse maggiore di tutti gli Angeli. E la contesa fu su chi fosse maggiore, Francesco o Giovanni Battista o Pietro Apostolo. Gabriele rispose: grande è quell’uomo, volgi l’attenzione al lato destro e lo vedrai. Mi voltai e tra gli apostoli e moltissimi altri lo vidi. E dissi: mio signore, non sono dodici gli apostoli o sedici includendo Paolo, Barnaba, Marco e Luca? Io invece vedo tra costoro moltissimi altri. Rispose: non hai forse ascoltato nel Vangelo voi che lasciate tutto per seguirmi, siederete su dodici, cento mille seggi, e tutti così sarete così come furono quelli che lo dissero allora…”.
- Nel generale panorama delle fonti, è giusto procedere partendo in via principale da quello che dice il Sacro Testo, per poi addivenire a nuove speculazioni.
Nel caso del Libro di Tobia, è indubbio che, almeno fino al III / IV secolo prima di Cristo, gli ebrei avessero conosciuto un sistema di Sette Divini Assistenti innanzi al Trono. Tale conoscenza, molto profonda e radicata in alcune correnti dottrinarie ebraiche, corrispondeva ad una divisione celeste presente anche nel panorama religioso assiro - babilonese, seppur in modo imperfetto in cui alla divinità principale si affiancavano altri sei assistenti. L’Angelo Raffaele rivelò agli ebrei che anche innanzi al Trono di Dio, specularmente a come avveniva nella corte dei persiani, vi fossero sette assistenti, che non sono sette divinità, come erroneamente ipotizzato da quelle popolazioni, ma sette Spiriti o sette Messaggeri dello stesso Dio inviati su tutta la terra. La chiarezza espositiva usata dall’Angelo serve proprio per ricollegare a questa spiegazione alcuni passi vetero testamentari che parlano di “Sette Occhi o Fiaccole”, che trovano una naturale continuazione nell’Apocalisse di San Giovanni:
- “Grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, dai sette spiriti che stanno davanti (o al cospetto del) al suo trono,
- Si fece silenzio in cielo per circa mezz’ora. Vidi che aisette angeli ritti davanti a Dio furono date sette trombe(In raffronto con La Caduta Di Gerico). Dopo ciò vidi aprirsi nel cielo il tempio che contiene la Tenda della Testimonianza; dal tempio uscirono i sette angeli che avevano i sette flagelli, vestiti di lino puro, splendente, e cinti al petto di cinture d’oro. Alleluia;
- Allora … vidi un Agnello che sembrava sgozzato, ma stava ritto in piedi. Egli aveva sette corna, e sette occhi che rappresentavanoi sette spiriti di Dio che sono stati mandati nelmondo. (in raffronto con Libro di Zaccaria);
- Dopo ciò vidi aprirsi nel cielo il tempio che contiene la Tenda della Testimonianza; dal tempio uscirono i sette angeli che avevano i sette flagelli, vestiti di lino puro, splendente, e cinti al petto di cinture d'oro. Uno dei quattro esseri viventi diede ai sette angeli sette coppe d'oro colme dell'ira di Dio che vive nei secoli dei secoli. Il tempio si riempì del fumo che usciva dalla gloria di Dio e dalla sua potenza: nessuno poteva entrare nel tempio finché non avessero termine i sette flagelli dei sette angeli (in raffronto ad Ezechiele).
- Ora è bene che il lettore consideri anche la circostanza che, essendo stata scritta l’Apocalisse dal Santo Apostolo, come normalmente si ritiene, intorno all’anno 90 d.c., ed invece essendo pervenuta alla conoscenza dei fedeli la documentazione inerente il Libro di Tobia, non più tardi del sec. IV, è naturale che la assimilazione della frase contenuta in AP. 1,4: “grazia e voi e pace da colui che era cheè e che viene e dai Sette Spiriti inanzi al suo Trono”, non sia stata facilmente compresa dagli interpreti e dai dotti teologi del tempo (almeno da un aprte di loro) , i quali preferirono ricollegare a tale affermazione il settenario spirituale evocato da Isaia, e non invece quello degli Angeli Assistenti. Non si tace al lettore che alcuni dei primi padri dela Chiesa, correttamente interpretarono il testo della Rivelazione pensando che innanzi al Trono vi fossero Sette Spiriti Protoctisti, ovvero Primi Creati, che regolassero l’ordinamento di tutte le altre angeliche essenze: Clemente Alessandrino, Francesco Mairone, San Cipriano, Areta vescovo di Cesarea parlarono di Sette Angeli di massima potenza, primogeniti. Tuttavia tale indirizzo ermeneutico non fu seguito dalla ortodossia ecclesiastica che preferì così negare ogni legittimità al culto dei Sette Angeli, contravvenendo alla espressione usata dal Sacro Testo.
LA MANCATA CONGIUNZIONE DOGMATICA TRA IL PRIMO CAPITOLO DELL’APOCALISSE PARAGRAFO 4 A TOBIA CAPITOLO 12 PARAGRAFO 15, PROVOCHERÀ MOLTISSIMI DANNI ALL’ANGELOLOGIA MODERNA CAUSANDO UN GENERALE OFFUSCAMENTO DEL SISTEMA DEI SETTE ANGELI, E UN NASCENTE SOSPETTO SULLE LORO MOLTEPLICI APPARIZIONI.