SERVO DI DIO, DOLINDO RUOTOLO (1882 – 1970)

Carmine Alvino

SERVO DI DIO DON DOLINDO RUOTOLO

(1882 – 1970)

 

Un santo, non meno grande di Padre e Pio, e come questi perseguitato in modo ancor più grave e terribile dalla medesima madre Chiesa, e infine riabilitato, ed ormai in odore di beatificazione. Dolindo Ruotolo - sacerdote e terziario francescano - è stato insieme a Padre Pio da Pietrelcina ruota del carro della Chiesa del XX sec. Un amanuense dello Spirito Santo, una Sapienza infusa dall'alto, un taumaturgo di non minor potenza del confratello cappuccino, uno stigmatizzato di Cristo già nel nome, un figlio prediletto della Vergine iniziato alla sapienza delle Scritture, un servo fedele che volle essere il nulla del nulla in Dio e il tutto di Dio negli uomini. Padre Dolindo scrive dei Sette Angeli, in alcune delle sue monumentali opere, e li chiama per nome tutti e Sette : Michele, Gabriele, Raffaele, Uriel, Sealtiel, Judiel e Barachiel. La prima documentazione ha carattere generale e la troviamo all’interno dell’opera: “Chi morrà, vedrà... Il Purgatorio e il Paradiso” al capo VI°: Gli Arcangeli - Gli Angeli - Gli Angeli Custodi, dove egli così parla dei Sette:

< >L'anima passa tra il Coro degli Arcangeli, messaggeri di Dio e dei suoi mirabili disegni di potenza e di amore.  Servi meravigliosi, sette dei quali più rifulgenti di luce e, diremmo, più veloci, sono innanzi al trono di Dio, a capo dei quali è Michele, il trionfatore vindice della divina gloria, contro satana e gli spiriti ribelli che precipitarono nell'inferno. L'anima sente la trionfante armonia di questi Spiriti eccelsi, che le vengono incontro per annunziarle l'ingresso alla felicità...”. Il resconto più complesto è straordinario lo ricaviamo però dal testo “Sacra Scrittura, Psicologia-Commento-Meditazione, Volume XXIV (= Vol. XXXIII), San Giovanni, L’Apocalisse”, edito dall’Apostolato Stampa di Napoli, dove celebra i Sette Arcangeli nominati dall’Apostolo delle divine Predilezioni. In Varie Parti:

Pag. 28 (I Sette Spiriti)

“… Tutti gli Angeli possono esserci messaggeri di grazie e di misericordia, ma san Giovanni nomina in modo particolare i sette Spiriti che sono vicini a Dio, e che sono ministri di grazie e di pace, per gli uomini. Questi Spiriti eccelsi sono:

1°) Michele, che significa: chi è come Dio? Ed è colui che combatte per gli uomini contro il superbo Lucifero (Ap 12,1);

2°) Gabriele, cioè fortezza di Dio, che annuncia le grandi opere di Dio;

3°) Raffaele, cioè medicina di Dio, che cuò l’infermità di Tobia e viene incontro alle nostre infermità e alle nostre debolezze;

4°) Uriele, cioè luce o fuoco di Dio, che illumina gli uomini con la cognizione di Dio e li infiamma del suo amore;

5°) Sealtiel, cioè orazione di Dio, che prega per gli uomini e li spingea pregare;

6°) Giudiel, ossia confessione e lode di Dio, che esorta gli uomini a lodare e benedire Dio

7°) Barachiele, ossia benedizione di Dio, che ci procura i benefici divini, e ci spinge a benedirlo e ringraziarlo.

Nominando Dio, San Giovanni parafrasa il Nome che Egli medesimo si diede parlando a Mosè: Jahvé, Colui che è. Nell’ebraico l’espressione è al futuro: Colui che sempre sarà perché in quella lingua il futuro assoluto e certo logicamente suppone il passato e il presente. In Dio tutto è presente ed Egli è infinitamente in atto e non ha, né passato né futuro, è un atto purissimo e semplicissimo che raccoglie tutte le perfezioni. Il nostro debole intelletto però non sa concepire l’eternità di Dio senza pensare che Egli è sempre stato, è  e sarà, e per questo San Giovanni ne esprime il Nome santissimo con una parafrasi che lo spiega: Colui che è, che era, e che è per venire. Non dice Colui che sarà, ma che è per venire, e secondo il testo greco: Colui che viene, perché egli annuncia Dio come giudice, e lo annuncia prossimo a venire. Colui che è indica Dio infinitamente sussistente, e in ordine alle Chiese alle quali San Giovanni scrive, ed ai vescovi ai quali indirizza le lettere, può significare lo Spirito Santo che le vivifica e che dona ad esse i Pastori per reggerle; Colui che era può indicare il Padre, la fontana divina che è sempre stata, e Colui che verrà o che viene può indicare l’eterno Figlio, glorificazione del Padre, che verrà a giudicare le genti per ristabilire la gloria divina, manomessa dai peccati degli uomini.  Dio comunica con le sue creature per mezzo degli Angeli, e i sette Spiriti eccelsi che sono innanzi al suo trono sono i messaggeri dei benefici che ad esse dispensa; per questo San Giovanni avendo nominato Dio che è il vivificatore della Chiesa, che era stato sempre la vita del suo popolo, e che era per venire per rinnovare tutto nel suo amore e per giudicare le genti, nomina subito dopo i sette Spiriti che innanzi al suo trono sono messaggeri di grazie e di pace.

Egli nomina dopo gli angeli Gesù Cristo, non per posporlo ad essi - il che nessuno potrebbe neppure lontanamente immaginare - ma perché come Uomo-Dio è l’autore delle rivelazioni che san Giovanni comunica, ed è l’oggetto delle benedizioni con le quali termina il prologo. San Giovanni ha riguardato nel Cielo Dio Uno e Trino sul suo trono, e i sette Spiriti che sono messaggeri della sua potenza, della sua sapienza e del suo amore in ordine agli uomini; ha riguardato poi Gesù Cristo, capo della sua Chiesa, a cui ha rivelato la verità, confermandola con la sua vita, con i suoi miracoli e con la sua morte, e per questo lo chiama testimone fedele. Egli l'ha confermato mirabilmente con la sua risurrezione, e per questo lo chiama primogenito tra i morti, cioè il primo che è risuscitato da morte, e che ha confermato così ai morti la speranza della risurrezione; lo chiama principe dei re della terra, perché ne annuncia il trionfo e il regno glorioso su tutte le umane potenze, regno di amore e di carità, nel quale Egli non viene a dominare con la forza, a raccogliere tributi di oppressione, o ad umiliare i suoi sudditi come fanno i re della terra, ma viene ad effondere l’infinito amore che ci ha portato, i tesori del preziosissimo suo Sangue con il quale ci ha redenti, e per il quale ci ha resi gente santa e regale Sacerdozio innanzi a Dio suo Padre. A Lui perciò sia la gloria e l’impero per i secoli dei secoli. Amen. Questo è il regno che Giovanni viene ad annunciare, e che fiorirà da tutte le tribolazioni della Chiesa che in nome di Gesù Cristo predirà alle nazioni. L’apostolo che riposò sul Cuore di Gesù, ed attinse da quel Cuore tesori di carità e di amore, lo dice con accenti di tenerezza immensa che traspare da ogni sua parola, e che si effonde in quella lode finale, vibrante di riconoscenza: A Lui la gloria e l ’impero per i secoli dei secoli. Amen. Si sente, nelle sue parole, il prediletto di Gesù, si sente colui che fu testimone dell’effusione del Sangue di redenzione sul Calvario, che là stesso si sentì sciolto completamente dai lacci del peccato originale, si sentì nobilitato nella regalità della grazia, ed apprezzò quel Sacerdozio mistico e reale che doveva rendere tutti i fedeli un sacrificio di amore, e che per il Sacerdozio reale doveva perpetuare l’offerta della croce. Egli veniva ad annunciare il primo trionfo dell’amore di Gesù Cristo, trionfo di grazia e di pace dopo i combattimenti e le prove, e veniva ad annunciare anche il secondo trionfo del suo amore, alla fine dei secoli, trionfo di giustizia e di riparazione solenne, nel quale Egli avrebbe giustificato la divina Provvidenza, e gli uomini avrebbero confessato e riconosciuto la loro ingratitudine; per questo soggiunge: Ecco che Egli viene sulle nubi, nella sua divina maestà, circondato da nembi di luce come da nubi, e si farà vedere così trionfante da ogni uomo, ed anche da coloro che lo trafissero in croce e da quelli che lo crocifissero in loro con i peccati. Questi al vederlo si batteranno il petto, deplorando la loro ingratitudine. È questo il tema chiarissimo del Libro che San Giovanni manda alle Chiese e per esse alla Chiesa, e non sappiamo capire come si possano avere in proposito diverse opinioni, e come si possa restringere il senso del Sacro Libro. San Giovanni, dopo averlo detto, lo conferma con una doppia, energica affermazione greca ed ebraica: nai, amin, così è, amen; lo conferma Dio stesso quasi apponendovi la firma: Io sono l’Alfa e l’Omega, il Principio e il Fine, l’Onnipotente, e San Giovanni quasi ne autentica la firma dicendo: Così dice il Signore che è, che era, e che è per venire”.

 

a pag. 122 del Capitolo 4 “Negli Splendori della Santissima Trinità”:

“Dio infinitamente misericordioso, diffonde dal suo trono eterno misericordie su tutte le creature rappresentate dai ventiquattro vegliardi; le diffuse nell’antico patto; le diffonde nel nuovo, e le creature, per queste misericordie, sono rivestite di grazie e coronate di gloria, quando corrispondono all’amor suo che chiama. Dal trono divino, infatti, partivano folgori, voci e tuoni, e dinanzi al trono sette lampade ardenti che sono i sette Spiriti di Dio. Egli chiama con le folgori, cioè le manifestazioni della sua potenza, della sua maestà e della sua magnificenza, come fece sul Sinai; chiama con le voci del suo amore, come fece nell’Incarnazione, e con i tuoni della sua giustizia, come farà alla fine dei tempi. Chiama con le voci dei suoi messaggeri celesti, rappresentati dai Sette Spiriti del suo Trono, che, come sette lampade ardenti, rischiarano il cammino alle creature subalterne, e le guidano per le vie dell’amore; chiama con i tuoni per il ministero di questi stessi Spiriti, che effondono sulla terra i salutari castighi con i quali Egli purifica e raccoglie le sue creature (…) Dio effonde le sue misericordie nel Vecchio e nel Nuovo Testamento perché le sue creature lo glorifichino; esse glorificandolo attraggono nuove su di loro. I Sette Spiriti del Trono di Dio sono messaggeri della sua bontà e della sua giustizia, e i quattro evangelisti sono messaggeri della buona novella, che traccia alle anime l vie della glorificazione di Dio…”;

 

a pag. 128 del Capitolo 4, nel paragrafo “Ecco intorno all’infinità Maestà rifulgente ab aeterno, l percorso del tempo, quasi lo snodarsi dei secoli…” :

“San Giovanni vide intorno a quell'infinita Maestà rifulgente ab aeterno, il percorso dei tempi e lo snodarsi quasi dei secoli, che lo glorificavano. Vide le forze del creato pronte ai suoi ordini, e vide gli Spiriti celesti messaggeri della sua volontà tra le creature. Ne vide sette, quasi in rappresentanza di tutti gli Spiriti celesti, sette perché sette sono quelli che stanno agli ordini del Signore per effondere grazie e benedizioni sulle creature. Erano come sette lampade ardenti; non avevano corpo, erano tutti una luce d’intelligenza ed una fiamma d’amore, splendevano nello splendore della luce divina e ardevano nel suo placidissimo fuoco, diffondevano intorno a loro come profumi di calma e silenziosa pace, come una lampada ardente nel buoi, avevano vibrazioni di esultante amore che sebrava quasi il guizzare gioioso d’una fiamma che si ravviva alimentandosi. Essi s’ alimentavano fruendo di Dio e guizzavano esultando nel suo amore. San Giovanni li chiamò lampade ardenti, ricordando le sette lampade del tempio, che vegliavano innanzi al velato Santo dei Santi; solo nel tempio potè trovare un’analogia perché solo nel santuario v’era una pallida immagine di quello che egli vedeva…”.

 

a pag. 148 del Capitolo 5, nel paragrafo3 “ Non piangere, Giovanni, il Rampollo di Davide ha vinto! E Giovanni vide l’Agnello di Dio”:

“(San GIOVANNI)… vide i sette Spiriti del Trono di Dio che stavano alla dipendenza di questa potenza e di questa Provvidenza forte, dominatrice e amorosa, e gli sembrarono essi le sette corna ei sette occhi dell’agnello. Per essi la Vittima dominatrice operava e vedeva nei secoli, in tutte le parti della terra. Erano sette, numero mistico e simbolico che esprimeva l’universalità, come noi usiamo il numero mille, per dire un numero senza limiti; erano sette quante erano le Chiese che esprimevano le varie epoche della Chiesa e l’unoversalità del dominio del Re d’Amore. Sette espressioni di potenza e di oculata Provvidenza nelle sette epoche della Chiesa, nell’Universalità del tempo e dello spazio, per i sette Spiriti del trono di Dio. Noi, leggendo il Sacro Testo, ci formiamo alla sua espressione letterale, e gli artisti non hanno saputo riprodurla che effigiando un angello riposante su di un libro sigillato, ma da quello che abbiamo considerato ci accorgiamo già quanto sublime dovette essere quello che San Giovanni osservò, e quanto era inferiore alla realtà il simbolo con il quale si espresse. Ritorniamoci sopra, per meglio approfondirlo, affinchè la piccolezza dei nostri pensieri e l’incoscienza umana di fronte alla cose divine non ci faccia apparire come goffo e mostruoso quello che è sublime. Cerchiamo di formarci un’ idea sintetica di questa grandiosa apparizione che San Giovanni chiama Agnello ritto sui piedi, immolato, con sette corna e sette occhi, che sono i sette Spiriti di Dio spediti per tutta la terra. Formiamoci un’ idea di questa singolare figura, avvicinandoci alla realtà con la nostra contemplazione, per quanto è possibile ad una povera mente annebbiata. Richiamiamo alla mente quello che esprimevano le sette Chiese, e quello che compiono i Sette Spiriti del trono di Dio, stando al nome che loro dà la medesima parola divina (…) I sette Spiriti poi del trono di Dio proclamano la sovranità del Signore: Chi è come Dio? Michele; ne esaltano la fortezza e la provvidenza in tutte le sue opere, Gabriele; ne manifestano la misericordia che, come medicina divina, cura le nostre infermità, Raffaele; ne diffondono la luce e il fuoco per dare agli uomini la cognizione e l’amore di Dio, Uriele; pregano per gli uomini e li spingono all’orazione di Dio, alla soprannaturale preghiera che li eleva al Signore, Sealtiele; benedicono Dio ed esortano gli uomini a confessare e lodare Dio, Judiel; attraggono sulla terra la benedizione di Dio e spingono gli uomini a benedirlo, e ringraziarlo, Barachiele.

E nel successivo pag. 151 al paragrafo “Ma vide in realtà una figura maestosa e soave il cui gesto fu come un tendere la sua mano potente verso i secoli, quasi dicesse al coas dei misteri: sia fatta la luce!”:

“…San Giovanni, dunque, sollevati gli occhi, mirò al trono di Dio, e in mezzo ai fulgori di quella luce di diaspro, di cornalina e di smeraldo, in mezzo allo splendore del creato e all’osanna dei secoli, rappresentati in figura di quattro animali e dai ventiquattro vegliardi, vide una figura splendente, ritta, nella maestà sacerdotale, perché quell’angelo, era come un perenne offerente, rubicondo come di sangue, perché era una perenne vittima, ricco di misericordia che effondeva per tutta la terra. Esprimeva in sé la mansuetudine, tanto era pieno di bontà e di pace, ma era potente e guardava ai secoli; intorno a quell’agnello, quasi limpido cielo degradante nei suoi colori, si delineavano i secoli della Chiesa, ed egli li dominava con arcana  potenza, guardandoli con infinito amore per diffondervi la sua misericordia e la sua grazia. Era potenza che formava la sua Chiesa, che la sosteneva nei suoi dolori, che la elevava e sublimava, che l’aromatizzava del profumo della croce, che la riprendeva e la consolava; era potenza che la riuniva in un solo ovile, che giudicava le stolte potenze del mondo, e che in questo trionfo la glorificava. I sette Spiriti del trono di Dio erano ai suoi ordini come vigilanti sentinelle del suo ineffabile amore, ed Egli per essi effondeva nei secoli della sua Chiesa la sua potenza redentrice e gli sguardi del suo vivificante amore; erano le sue corna e i suoi occhi, me manifestazioni della sua potenza e del suo sguardo di amore in ogni angolo della terra, in ogni percorso di secoli. Egli per essi affermava il dominio di Dio su tutte le creature, la fortezza di Dio nelle sue opere, la misericordia che le cura, la luce che le illumina, il fuoco che le riscalda, la grazia che le eleva con la mente nelle altezze dell’orazione e nelle dolcezze della contemplazione, e la benedizione che le vivifica e le feconda. La visione era complessa e grandiosa, era un insieme di idee e concetti altissimi, era l’espressione luminosa del Redentore, e per questo San Giovanni, volendo esprimerla, ricorse al simbolo dell’Agnello immoltato; quegli splendori di luce e di vita gli formavano nella mente l’immagine della Vittima divina, figurata dall’Agnello del tempio, e immolata sulla croce come agnello mansueto. Se egli avesse visto proprio un agnello, non avrebbe potuto dire che le sette corna e i sette occhi erano i sette Spiriti di Dio, inviati per tutta la terra, né avrebbe potuto soggiungere di un agnello che venne e prese il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono; per quanto un agnello sia animale artiodattilo, non potrebbe neppure figuratamente con una zampa o con due prendere un libro o un rotolo. Quello che segue poi nella visione ci conferma e ci rivela qualcosa d’immensamente grande. Si direbbe che San Giovanni, più che rivelare, abbia voluto per disposizione di Dio occultare con simboli ciò che vedeva, per esigere da noi un atto di fede e una meditazione profonda, e per rendere manifesto in tutto il suo valore ciò che vedeva, solo alla fine dei tempi; allora la visione doveva compiersi in pieno, e la Sacra Scrittura, libro sigillato, doveva essere illuminata di più intensa luce. San Giovanni guardava stupefatto quella figura maestosa e mansueta ad un tempo, regale ed immolata, potente, onnisciente, gloriosa, sacerdotale, divina perché aveva ai suoi ordini i sette Spiriti del trono di Dio e li spediva per tutte le parti della terra, quand’ecco essa avanzò verso il trono…”.

E nella pag. 219, Capitolo 8 al paragrafo “I sette spiriti del trono di Dio”:

“Le attività della Chiesa, custode del bene, della verità e della giustizia, sono sostenute, difese e vendicate contro il mondo dai sette Spiriti del Trono di Dio. La Chiesa, infatti, proclama la realtà di Dio uno e Trino, ed ecco Michele combatte con lei: Chi è come Dio? Questo dice il folgorante suo nome, e questo egli difende irrompendo contro gli usurpatori della divina regalità, come irruppe contro satana e i suoi satelliti. La Chiesa sostiene  persecuzoni terribili per proclamare e difendere i diritti di Dio, ed ecco Gabriele, fortezza di Dio, che l’aiuta con la forza di Dio, e manifesta ad essa, per le anime sante, i disegni e le effusioni delle sue speciali misericordie. La Chiesa è pellegrina sulla terra, e raccoglie nel suo seno anche l’umana debolezza; è pellegrina sofferente per le prove che subisce e per le miserie dei suoi figli, ed ecco Raffaele, medicina di Dio, che l’accompagna, la provvede, la difende, la cura, come fece già per Tobiolo e per il padre suo. La Chiesa illumina il mondo con la luce della sua dottrina  e lo riscalda col fuoco del suo amore, ed ecco Uriele, luce e fuoco di Dio, che illumina i suoi Dottori e infiamma d’amore le anime mistiche, luci della cristianità e lampade ardenti nell’assideramento dei cuori. La Chiesa imbalsama il mondo con la sua preghiera, armonia divina dell’anima sua, ed ecco Sealtiel orazione di Dio, che, si unisce alla sua grande preghiera, e spinge i suoi figli a non trascurarla mai. La Chiesa loda e confessa la gloria di Dio in mezzo alle aberrazioni del mondo apostata, ed ecco Judiel, lode e confessione di Dio, che la sostiene e potegge nelle sue attività di apostolato, e nel suo zelo per la conversione delle anime. La Chiesa  benedice Dio nei trionfi che riporta per la sua gloria e nelle grazie che riceve, ed ecco Barachiele, benedizione di Dio, che si unisce al suo cantico di riconoscenza, lo vivifica, lo accresce, le attrae nuovi benefici, e suscita nelle ingrate creature il senso della riconoscenza. Sette splendori di grazie, opposti all’idolatria, alle violenti persecuzioni, all’umana debolezza, all’apostasia, all’indifferenza, alla bestemmia, alla rivolta finale dell’anticristo contro Dio. Sette effusioni di Spirito Santo contro i sette traviamenti del peccato, sette interruzioni di flagellante giustizia contro le sette manifestazioni di provocante empietà. La Chiesa avanza nei secoli con i suoi segnati, e al coro gemente dei pellegrini dei secoli fanno eco i cori osannanti delle moltitudini celesti. Avanza sola e disarmata tra gli imperialismi superbi, e li umilia con la spada della verità: Chi è come Dio? Avanza tra le persecuzioni sanguinose e, per la fortezza di Dio vince, immolandosi. Avanza tra le infermità della natura umana e le ripara con i suoi ammirabili mezzi di salute, medicina di Dio. Tra le tenebre dell’errore è luce, tra gli egoismi della carna è fuoco di Dio; incede pregando, lodando e benedicendo Dio, e purificata dalle tribolazioni si presenta innanzi al Signore che giudica tutti, come nuova e gloriosa Gerusalemme, sposa ammirabile del suo Diletto. Essa è come un candelabro in ogni epoca della sua storia, è una stella fulgente, è un libro sigillato per il mistero della sua vita, è una tromba che annuncia la divina volontà, è un segno vivente della grandezza di Dio, è una coppa d’oro che raccoglie le sue grazie e le sue misericordie. In mezzo a essa, vive il Signore; Egli la regge per i suoi Pastori, stelle nella sua mano, che illuminano, riscaldano e segnano i tempi di Dio. Essa vive integra e immacolta tra gli imperialismi, le guerre, le carestie, le morti, i flagelli, sempre custodita da Dio, miracolo vivente di Provvidenza, di fortezza e di vittoria, in mezzo ad un mondo scellerato, apostata, bestemmiatore, ingrato, che è miseramente travolto e subissato dalla divina giustizia”.