SAN GIOVANNI: IL TEOLOGO SUPREMO

Studi, ricerche e riflessioni

Avv. Carmine Alvino



  • Giovanni alle sette Chiese che sono in Asia: grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono [Ap 1,4]
  • Ardevano davanti al trono sette fiaccole accese, che sono i sette spiriti di Dio [CEI 2008 Ap 4,5]
  • Poi vidi, in mezzo al trono ... un Agnello, in piedi, come immolato; aveva ...  sette occhi, i quali sono i sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra. [CEI 2008 Ap 5,6]
  • E vidi i sette angeli che stanno davanti a Dio [CEI 2008 Ap 8,2]
  • E vidi nel cielo un altro segno, grande e meraviglioso: sette angeli che avevano sette flagelli; gli ultimi, poiché con essi è compiuta l’ira di Dio. [CEI 2008 Ap 15,1]
  • E vidi aprirsi nel cielo il tempio che contiene la tenda della Testimonianza; dal tempio uscirono i sette angeli che portano le sette piaghe*, vestiti di lino puro, splendente, e cinti al petto con fasce d’oro [CEI 2008 Ap 15,5-6]
  • E udii dal tempio una voce potente che diceva ai sette angeli: «Andate e versate sulla terra le sette fiale* dell’ira di Dio».[CEI 2008 Ap 16,1]
  • Allora uno dei sette angeli ... mi si avvicinò e parlò con me: "Vieni, ti farò vedere la condanna della grande prostituta che siede presso le grandi acque [Ap 17,1]
  • Poi venne uno dei sette angeli che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli e mi parlò: "Vieni, ti mostrerò la fidanzata, la sposa dell'Agnello".[Ap 21,9]
  • Sono io, Giovanni, che ho visto e udito queste cose. Udite e vedute che le ebbi, mi prostrai in adorazione ai piedi dell'angelo che me le aveva mostrate. [Ma egli mi disse: "Guardati dal farlo! Io sono un servo di Dio come te e i tuoi fratelli, i profeti, e come coloro che custodiscono le parole di questo libro. E' Dio che devi adorare".[Ap 22,8-9]

I Sette Arcangeli sono scorti da San Giovanni davanti al Trono. Lo pseudo - dionigi dice il falso!

Il racconto sacro inizia con San Giovanni che si trova esule su un isola sperduta, a causa della Parola di Dio: l’isola di Patmos. E qui, viene tratto in estasi ad osservare, a mo’ di consolazione dei patimenti subiti e di anticipazione dei godimenti eterni dei beati, le «cose che devono presto accadere» sia in senso temporale, con la sconfitta prossima di Roma, sia in senso metafisico, con la sconfitta del Regno di satana e degli Angeli ribelli e il discacciamento degli uomini corrotti dai nuovi cieli e dalla nuova terra preparata per i meritevoli!

ἀποκάλυψις ἰησοῦ χριστοῦ  - Apocalisse di Gesù Cristo: così si apre il libro più controverso della Cristianità!  ἀποκάλυψις, dal greco – apokalupsis – che significa:  schiusura, svelamento, manifestazione, parola che è composta dai  termini greci:  ἀπό (apo) che significa :  porta via da qualcosa, in vari sensi (di luogo, di tempo o di relazione, letteralmente o figurativamente) e che come prefisso composto di solito indica pure separazione, partenza, cessazione, completamento;  e καλύπτω (kaluptō)  che significa: coprire e nascondere. 

Il senso arcano dei due  termini è letteralmente «togliere via la copertura», ovvero «togliere il velo»  o  «svelare»; eliminare ciò che è dunque nascosto e coperto.  Apocalisse di Gesù Cristo!  

Anche questa frase è ambigua, perché può significare sia che questa rivelazione appartiene a Cristo, sia che Cristo è lo stesso oggetto della rivelazione, cioè a dire: Cristo si rivela.   

Spingendosi dunque  in alto, innanzi al Trono di Dio ,  nei luoghi inaccessibili alla  mente umana , Giovanni , il più immerso nella conoscenza divina e nell'amore di Cristo, scorge proprio gli Arcangeli:  i Sette Spiriti che lo pseudo – Dionigi e la Chiesa  scaglia  giù nell’ VIII° Coro Angelico dicendo che gli stessi, siano messaggeri inferiori e non possano ricevere comandi direttamente da Dio. 

Costoro invece, stanno  proprio innanzi al Trono di Dio, come sette fiaccole ardenti!   

E  Giovanni se li trova ritti innanzi a Colui che era, che è e che viene, ed all’ Agnello immolato, per svolgere un’ ultima importante funzione, un ultimo decisivo  compito a beneficio dell’umanità, scaturente del loro incessante scorrere il mondo per procurare la salvezza del popolo credente: celebrare il grande Rito di Espiazione dell’agnello mistico (Yom Kippur) e versare il contenuto delle Sette Sante fiale di asperione, colme del suo sangue salvifico sul modo: motivo di redenzione e salvezza dei credenti; ma condanna e tormento dei reprobi.

LA PROVVIDENZA DIVINA E’ AMMINISTRATA DA CRISTO, MEDIANTE SETTE ARCANGELI MAGGIORI.

In virtù di questa particolare posizione soteriologica, a Giovanni viene reso un saluto particolare « grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono, e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra» [Ap 1,4] .   Va  subito ribadito che «I  Sette Spiriti che stanni davanti al Suo Trono» sono « I Sette Occhi dell’ Agnello immolato» ovvero « I Sette Angeli che stanno ritti davanti a Dio » [ Ap 8,2].  

Le ragioni per non identificare i Sette Spiriti con lo Spirito Santo, come molti hanno proposto in passato , o con idealità ovvero allegorie  sono molteplici:

  1. Costoro stanno davanti al Trono e non sul Trono, come ci si sarebbe aspettati, se gli stessi fossero stati un’ immagine simbolica dello Spirito Santo Settiforme;
  2. Agli stessi Sette Spiriti non si presta alcun culto di Latria, anzi sono gli Stessi ad apprestare culto “a Colui che era, che è e che viene”;
  3. Agli Stessi sono conferiti dei compiti (portare le piaghe, versare le coppe, scortare il profeta) che non si addicono ad entità ideali, o alla settiformità dello Spirito;
  4. Se i Sette Spiriti avessero simbolizzato realmente lo Spirito Santo, avrebbero dovuto essere citati per terzi, al posto del Cristo, e non subito dopo “Colui che era, che è e che viene”, altrimenti vi sarebbe un’errore nella collocazione  mistica delle Sante Persone.

Ma qui non vi è accenno alcuno né al Padre, né allo Spirito,  ma a Cristo e ai suoi Sette Primi Messaggeri e si presenta da subito la metodologia di propagazione della Rivelazione Divina, come è sempre avvenuta in passato, che da  Dio attraverso i suoi Angeli del Volto o della Presenza, giungeva direttamente al Profeta prescelto.

Chiudendo dunque Cristo, idealmente e realmente, la Rivelazione Divina, poiché dopo di Lui non ve ne sarà un’altra, ecco che l’ultimo termine di propagazione della stessa diviene proprio Lui, Agnello immolato sulla croce.

SE L’EVANGELISTA AVESSE SCORTO REALMENTE SETTE SPIRITI DIVERSI DA SETTE ANGELI, AVREBBE PARLATO DI 14 ELEMENTI INNANZI AL TRONO. MA AL COSPETTO DI DIO VI SONO SOLTANTO 7 SACRE PERSONE!!

Pertanto, seguendo il sentimento di Cornelio di Lepido, principe dei commentatori dell’ Apocalisse: la Rivelazione inizia con Colui che era, che è e che viene, ovvero il Verbo di Dio,  e termina con Gesù Cristo, Verbo di Dio Incarnato. Nel “mezzo cronologico” della Salvezza, si trovano i Sette Spiriti, Suoi Angeli della Presenza e Suoi principali mediatori, a Lui più prossimi, che hanno manifestato la Verità del Verbo, cioè di « Colui che era, che è e che viene » ai suoi Profeti , come: Mosè, Giosuè , Elia o Esdra pseudoepigrafo. Giunto il Cristo, cioè il Verbo fatto Uomo, null’altro vi è da riferire e non vi saranno nuovi mediatori. La Rivelazione è chiusa!

Tuttavia, diversi esegeti si sono chiesti il motivo per il quale questi Angeli, sono posti, tra Colui che è, che era e che viene, e Cristo. Poiché tale circostanza era incomprensibile ai più, si è preferito renderla un'allegoria , eliderla, o interpretarla nel senso che questi termini simbolizzassero nientemeno che lo Spirito Santo «settiforme».   Ma non si è riusciti a spiegare allora perché il Santo Pneuma stesse innanzi al Trono al pari delle altre creature, e non sul Trono: e questo è l’errore più evidente di chi tende a non conferire contenuto reale e personale a questi Sette Spiriti.   Che siano AngelI e non lo Spirito Santo è poi manifestato verso la fine del libro in modo chiarissimo ovvero in Ap 19,9-10: «Allora l'angelo mi disse: "Scrivi: Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell'Agnello!". Poi aggiunse: "Queste sono parole veraci di Dio". Allora mi prostrai ai suoi piedi per adorarlo, ma egli mi disse: "Non farlo! Io sono servo come te e i tuoi fratelli, che custodiscono la testimonianza di Gesù. E' Dio che devi adorare". La testimonianza di Gesù è lo spirito di profezia». Lo Spirito assume chiaramente di essere un “servo angelico”, dimostrando di constare in una essenza inferiore a Dio e non in Dio stesso, come molti ritengono. E tale immagine è sufficiente a capire che quei Sette Angeli non sono lo SPIRITO SANTO proprio perché non ricevono alcun culto di latria: tutti si prostrano solo e soltanto davanti all’Agnello e non invece davanti ai Sette Spiriti ; dunque essi non sono Dio!

Il Senso della frase, va allora interpretato richiamando il Libro di Tobia.  «Io sono Raffaele, uno dei sette angeli che sono al servizio di Dio e hanno accesso alla maestà del Signore» [Tb 12,15 La  Bibbia, Nuova Edizione San Paolo 2014 ].  

Vi sono dunque Sette Angeli, in imperatura lode dell’eterno che sono posti innanzi al Trono, pronti ad eseguire gli ordini di Dio.  All’interno della dinamica soprannaturale della Rivelazione ovvero dell’Apocalisse della Salvezza, essi, hanno svolto le veci di Dio , presentandosi nei secoli come Angeli del Volto, o del Panim, di Dio, ai profeti.  Sono in SETTE, a simbolizzare l’assolutezza e la perfezione di Dio, perché stando proprio innanzi a Dio in SETTE  a privilegio degli altri Angeli del Volto, ovvero degli altri Serafini, seppur dotati solo di 6 ali  come gli altri Spiriti della medesima nobiltà, nella loro settenarietà e dunque nella dimensione numerica del loro intero gruppo,  esprimono la divinità del Verbo che li possiede come Occhi del suo Volto. Hanno rappresentato Dio davanti ai profeti, parlando in Sua Vece e quindi sul piano della progressione della salvezza, sono come Lui, perché , Suoi alti rappresentanti ed ancora perché, al Suo posto parlarono, e per Suo conto agirono, essendo impossibile al mortale guardare Dio in volto.

Il sistema appare allora fortemente coerente!    Se fosse possibile proporre all’interprete un sacro diagramma della propagazione della Verità, si vedrebbe nella formulazione di Ap 1,4 una riflessione dogmatica sulla propagazione della salvezza, originatasi da YAWE - Colui che è, che era e che viene - continuata dai Sette Spiriti che stanno innanzi al Suo Trono, per Suo Conto, e giungendo infine a Cristo, nella Cui Persona, essa ha termine.  

Già dalla salutazione iniziale, si nota la misteriosa assonanza che pare unire assieme il dodicesimo capitolo del libro di Tobia e il primo libro della Rivelazione Ap 1,4 -: “Giovanni alle sette Chiese che sono in Asia: grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra (c.f.r. Tb. 12,15)”.  

Da qui però sorge la domanda fondamentale: i Sette Angeli che si incontrano nell’Apocalisse, sono gli stessi che sono espressi nel Libro di Tobia o meglio: i passi di Tb 12, 15 e di Ap 1,4 possano dirsi “equivalenti”? In altre parole Tb = Ap 1,4 ? Ciò perché appare molto evidente la corrispondenza e la tensione dogmatica tra i due brani.

Cornelio a Lapide non ebbe dubbi, ed infatti nei Commentari all’Apocalisse di San Giovanni, proprio al Capitolo 1, verso 4  andava affermando che i Sette Spiriti : «... significano la piena e perfetta provvidenza di Cristo nel costruire e vigilare la sua chiesa, promuoverla, aumentarla e conservarla, la quale provvidenza è esercitata da questi sette Angeli primari che sono nel suo Palazzo come Principi e per essa governatori degli altri Angeli custodi degli Uomini, di tutta la chiesa e del mondo». 

Come lui moltissimi altri teologi appoggiarono questa interpretazione. Ma furono suprattutti i Primi Padri della Chiesa a dichiararsi favorevoli a tale associazione di Spiriti e Angeli .

  • Clemente Alessandrino, nel libro sesto degli Stromati , giunto al terzo precetto del capo decimosesto, dove è comandato di santificare le feste, si trattiene sulle proprietà del numero settenario. Nel meglio della discussione il celeberrimo scrittore erompe in queste luminosissime parole:  “Sette meritatamente sono quelli in cui risiede un sommo potere; sono questi i sette Principi primogeniti degli Angeli, per cui mezzo Iddio presiede a tutti gli uomini e per questo sono chiamati suoi occhi nell’Apocalisse”.
  • San Cipriano, vescovo di Cartagine, nella lettera a Fortunato “De exhortatione martirij”, mentre apporta diversi esempi di uomini santi, che resistettero ai crudeli  tormenti dice: «…Così anche i sette fratelli uniti nel martirio, come nella disposizione divina i primi sette giorni dell’anno, i settemila continenti, come i sette spiriti o sette Angeli che assistono e conversano innanzi al volto di Dio»,   facendo notare la familiarità che essi Sette Angeli hanno con Dio, perché non solo assistono, ma conversano dinanzi al Trono. Nei tre libri delle testimonianze contro i Giudei, Cipriano torna a presentarci l'augusto settenario degli Angeli. Volendo provare che la Chiesa aveva partorito alla fede un maggior numero di figli di quello che non fece la Sinagoga , il gloriosissimo vescovo e martire , dopo aver apportato altre testimonianze, così continua:  «…Come ai Sette Angeli, che assistono e stanno inannzi al volto di Dio, così come l’Angelo Raffaele dice in Tobia, come la lucerna settiforme nel tabernacolo del martire e i sette Occhi di Dio che osservano il mondo  e la pietra con i sette occhi, come disse Zaccaria e i Sette Spiriti e i sette Candelabri nell’Apocalisse, e le sette colonne sulle quali la Sapienza edificò la sua casa».
  •  I Sette Angeli trovarono inoltre in Andrea Cesariense un autorevolissimo difensore. Egli fu vescovo di Cesarea dopo San Basilio il Grande, e scrisse i suoi commentari all’ Apocalisse dopo quelli di San Giustino martire e di Sant'Ireneo. Dei Sette Spiriti , di cui parla Giovanni nel capo primo, cosi dice: « Questi infatti  sebbene di diseguale potenza con quel Nome Supremo, e con la Regina di tutta la Triade…sono invece nominati come Primi Servitori e ministri di Quello talora con la medesima. Un illustre esempio di ciò ce lo illustra il Divino Paolo, infatti dice: affermo che presso Dio, e Gesù Cristo e gli Angeli eletti (superiori) etc etc» . Alle parole “Filii in spiritu in Dominica die”  fa l'elogio del giorno settimo, e testifica che i Sette Angeli furono ammessi anche da Ireneo, come si è detto più sopra:  «Per questi sette Spiriti si intendono Sette Angeli a cui è affidato il Governo e la Guida della Chiesa…Il Grande Ireneo lasciò scritto che proprio Sette Cieli e Angeli più eccellenti di tutti gli altri furono creati all’inizio da Dio».  

Dai quali passi si ricava che Andrea (e per conseguenza pure S. Ireneo), sosteneva che vi fossero Sette Angeli “più eccellenti degli altri, da Dio creati per primi”. Andrea credeva che a custodia delle sette Chiese asiatiche stessero questi sette Angeli supremi confutando l'obiezione di quei moderni teologi, i quali rifiutano di intendere i Sette Angeli nel saluto apostolico di Giovanni, perchè ve li scorgono nominati insieme alla Triade ed a Gesù Cristo, ed apportava  come  prova l’ esempio di San Paolo:  «testor coram Deo, et Christo Jesu, et electis Angelis» .

  • L'Apocalisse trovò un altro celebre commentatore, ed i Sette Angeli un altro autorevole difensore in Areta Vescovo di Cesarea nella Cappadocia. I sette Spiriti , di cui parla Giovanni nel saluto apostolico del capo primo, sono così interpretati da Areta: « Alcuni per questi sette Spiriti hanno inteso l’azione dello Spirito Santo. Ma in vero ritengo che maggiormente si debba approvare, se per mezzo di questi si comprendano gli Angeli, non perciò che si debbano ammettere al consorzio dell’Onnipotente Trinità, o che sia necessario che riteniamo che quelli siano con Quella di eguale onore, ma (siano intesi come) servi od anche ministri…». Sulle sette Chiese, a cui scrisse Giovanni, così poi ragiona: « Sette soltanto sono le Chiese alle quali fu comandato che inviasse le cose che vide: non perché altrettante siano le città dell’Asia, ma perché si comandi di fare ciò in quelle, che abbiano obbedito alla evangelica predicazione. O anche (come fu detto più ampiamente) a causa di ciò il numero settenario sia conforme a questo secolo corruttibile, dal momento che evidentemente rispoende il secolo futuro all’osservanza del sabato. Per questa ragione anche sette cieli e altrettanti Angeli superiori agli altri come scrisse l’episcopo Ireneo» .  
  • ANCHE SAN PAOLO CONOSCEVA I SETTE ARCANGELI? Forse si, perché vi era un comune sentimento dei primi padri secondo cui pure l’ Apostolo di Tarso avesse parlato di questi Spiriti Supremi. Egli infatti, pare ripetere la salutazione di San Giovanni 1,4 nella sua prima lettera a Timoteo:  « Ti scongiuro davanti a Dio, a Cristo Gesù e agli angeli eletti, di osservare queste norme con imparzialità e di non far mai nulla per favoritismo» [ 1Tm 5,21]. In greco il testo è il seguente - διαμαρτύρομαι ἐνώπιον τοῦ θεοῦ καὶ χριστοῦ ἰησοῦ καὶ τῶν ἐκλεκτῶν ἀγγέλων – dove la parola ἐκλεκτός (eklektos) significa proprio scelto. Per gli esegeti dei primi secoli, sembrava proprio una formulazione molto simile alla salutazione Giovannea – Grazia a voi e Pace da Dio, dai Sette Spiriti o Angeli e da Gesù Cristo , con l’elencazione pure dei medesimi tre elementi metafisici dell’ Apocalisse:  Dio,  Cristo e dei Sette Spiriti. Per la verità, Paolo stesso utilizza una formula simile a quella di Giovanni nella sua lettera ai Galati dicendo: «Paolo, apostolo non da parte di uomini, né per mezzo di uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre che lo ha risuscitato dai morti, e tutti i fratelli che sono con me, alle Chiese della Galazia. Grazia a voi e pace da parte di Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo» [ Gl 1,3].

Tali espressioni ci fanno capire inevitabilmente che lo stesso Paolo, con quegli Angeli scelti o eletti, non intendeva un generico riferimento agli Angeli, ma voleva considerare proprio i Sette Spiriti, che vedremo nell’Apocalisse, perché le espressioni sono davvero simili a quelle dell’ Evangelista.  Se così fosse,  avremmo forse la più interessante prova dell’equivalenza tra Angeli eletti e Sette Spiriti, proprio attraverso il confronto tra l’epistolario paolino e il testo giovanneo.

Dunque innanzi al Trono di Dio vi sono Sette Potenze e il libro dell’  Apocalisse, per bocca di San Giovanni, li richiama inevitabilmente e chiaramente  diverse volte.  Si pone l'equivalenza tra Ap 1,4 e Ap 8,2 e la coincidenza dei termini Spiriti e Angeli. In ogni caso si pone la coincidenza tra Tb 12,15 = Ap 8,2 almeno in questo luogo. Si pone un ponte logico-esegetico con Lc 1,19

  1. Una prima volte si trae dal verso di Apocalisse 1,4 « grazia  a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono » . 
  2. Un secondo sicuro riferimento si trova poi in Apocalisse 8,2, verso che permettere di apprezzare la presenza dei Sette Angeli . Il passo della Volgata Italiana recita: «Vidi che ai sette angeli ritti davanti a Dio furono date sette trombe ».  Tale configurazione lessicale ha fatto pensare ad un gruppo generico, perché la traduzione latina della Volgata: « et vidi septem angelos stantes in conspectu Dei », a causa della notoria assenza di articoli determinativi in questo idioma, spingeva ad una accomunanza con un gruppo generico di Spiriti. Il Greco è più chiaro e recita: « εἶδον τοὺς ἑπτὰ ἀγγέλους οἳ ἐνώπιον τοῦ θεοῦ ἑστήκασιν» equivalente al più corretto italiano  - Vidi (εἶδον), τος  ἑπτὰ ἀγγέλους (I Sette Arcangeli) , οἳ ἐνώπιον τοῦ θεοῦ ἑστήκασιν (che stanno sempre alla presenza di Dio) » .   Come il lettore nota la formulazione lessicale è diversa, e la Rivelazione conserva l’unicità dell’affermazione dell’ Evangelista.  Egli dunque rivela : « Ho visto i Sette Angeli che stanno sempre alla presenza di Dio » e solo in un secondo momento dice: « a questi furono date sette trombe».  

Il Passo richiama espressamente non solo i «sette spiriti che stanno davanti al suo trono», ma anche  «i Sette Angeli sempre pronti a entrare alla presenza di Dio» [ Tb 12,15] e la frase di Gabriele, sono uno di quelli che sta alla presenza di Dio [Lc 1,19].

Anche Don Claudio Doglio,

celebre commentatore per le Edizioni San Paolo, coglie questo collegamento ed esprime questa convinzione nel suo testo di commento all’ Apocalisse. Spiegando il passo dell’ 8° capitolo della Rivelazione, che riportiamo in greco ed italiano: considera in nota: «I Sette Angeli τοuς   ἑπτὰ ἀγγέλους: Presentati con l’articolo determinativo, gli Angeli della presenza ... sono figure conosciute dalla tradizione giudaica come le più vicine a Dio…».    Tale affermazione permette ora definitivamente di mettere in raffronto i termini  - Sette Spiriti  - di Apocalisse 1,4   con -  I Sette Angeli -  di Apocalisse 8.    L’autore ammette che, l’utilizzo dell’articolo determinativo, almeno in Ap 8, permette di indentificare quei sette Angeli, ritti dinanzi a Dio  nel Settenario Angelico di Spiriti , conosciuti dalle fonti ebraiche di cui quelli più noti sono: Michele Gabriele Raffaele, (i canonici), Uriele (paracanonico) assieme ad altri che sappiamo esserci giunti per vis profetica, attraverso il Beato Amadeo.   

Se ciò dunque è vero per Ap. 8, risulta possibile eguagliare tale espressione di - Sette Angeli innanzi a Dio - , con quella contenuta in Tb 12,15, ed in altre parole, affermare conseguentemente che:  quei Sette Angeli, che nell’Apocalisse si vedono consegnate le Trombe nel Capitolo 8, sono proprio quei Sette Angeli, che San Raffaele manifestò a Tobia, nel Capitolo 12° dell’omonimo Libro.  Dunque, a tenore di tutte queste documentazioni, abbiamo dimostrato per tabulas che: “I Sette Spiriti Beati innanzi al Trono di Dio sono proprio Sette Angeli”!   Da ciò ricaviamo che, ogni qual volta nel Libro dell’Apocalisse, si parla di Sette Spiriti (πνευμάτων), o si parla di Sette Angeli (ἀγγέλους) si parla indifferentemente dei medesimi Sette Santi Personaggi che si trovano innanzi al Trono di Dio (Tb 12,15)[1].  

IL RUOLO DEGLI ARCANGELI non è dunque quello di essere spiriti intermedi che congiungono Principati e Angeli (falsità instillata nella mente dei cristiani dal finto Dionigi Areopagita) , ma quello di «Stare sempre alla Presenza Di Dio»  – davanti al Volto di Dio, cioè di « Astare Ante Dominum » . Nonostante questi compiti, gli Arcangeli, sono stati oggetto di una politica di degradazione, marginalizzazione e indiretto disprezzo, da parte di una branca devozionale, liturgica ed esegetica della Chiesa; quella che seguiva e segue pedissequamente, il filosofo greco , discepolo di Proclo, conosciuto come lo «pseudo dionigi»: opinione che poi col passare degli Anni è divenuta maggioritaria.  Sicchè oggi, il loro potere di intercessione, finanche alcuni dei loro nomi sono fatti oggetto di palese bestemmia, con buona pace del testo sacro.   

Questi Arcangeli, devono attuare  - secondo il sentimento giovanneo - nel mondo lo Yom Kippur definitivo, ovvero la cosmica festa della Espiazione, in cui sarà redenta in Cristo e conseguentemente espiata con la sua Passione terrena,  l'universalità dei peccati dell'uomo, in ogni tempo e spazio.

Ed è per questo motivo che  l’ Evangelista Giovanni, vede i Sette Arcangeli recare nelle proprie mani « sette fiale». Ciò viene riportato in diversi passi tra cui: « Uno dei quattro esseri viventi diede ai sette angeli sette fiale* d'oro colme dell'ira di Dio che vive nei secoli dei secoli» [Ap 15,7] e « Udii poi una gran voce dal tempio che diceva ai sette angeli: "Andate e versate sulla terra le sette fiale* dell'ira di Dio » [Ap 16,1]. La traduzione italiana "coppa" è errata, perchè il testo greco infatti rivela: « καὶ ἓν ἐκ τῶν τεσσάρων ζῴων ἔδωκεν τοῖς ἑπτὰ ἀγγέλοις ἑπτὰ φιάλας » e « καὶ ἤκουσα μεγάλης φωνῆς ἐκ τοῦ ναοῦ λεγούσης τοῖς ἑπτὰ ἀγγέλοις, ὑπάγετε καὶ ἐκχέετε τὰς ἑπτὰ φιάλας τοῦ θυμοῦ τοῦ θεοῦ εἰς τὴν γῆν ».  Il testo greco individua le c.d. coppe, attribuendo ad esse la parola φιάλη (phialé). Si tratta dunque di « fiale » e non di « coppe ».Il termine rimanda alle c.d. « fiale di aspersione » del mondo ebraico . 

Le coppe che i Sette Arcangeli recano in mano sono propriamente degli aspersori ovvero contenitori del sangue di Cristo!! Se a ciò si aggiunge che gli Angeli sono vestiti di lino con cinture d’oro sul petto (come il sommo sacerdote), che il fumo dell’incenso riempie il santuario (cfr. Lv. 16, 13), allora appare probabile che sullo sfondo vi sia il riferimento alla festa giudaica dello «yom kippùr», (giorno dell’espiazione) che occupa nella teologia giovannea uno spazio tutto speciale.

Il termine utilizzato di coppe  induce l’interprete a riflettere su recipienti da cui si beve, mentre le fiale servono per irrorare e spargere: il senso del passo è dunque intuitivamente diverso e viene invertito o sovvertito mentre il riferimento mistico originario si perde.   Osserva Claudio Doglio sul punto : « Molti elementi concordano per questo orientamento: gli Angeli vestono di lino (15,6) come il sommo sacerdote (Lv 16,4); il fumo dell’incenso riempie il santuario celeste ( 15,8) come avveniva nel tempio (Lv 16,13) , le sette coppe (phialai) consegnate agli angeli (15,7) corrispondono ai recipienti rituali per il sangue delle sette asperioni che il celebrante portava nel Santo dei Santi ( Lv 16,14.15.19) … si può quindi ipotizzare che Giovanni abbia elaborato queste scene di versamento, partendo dalla festa giudicia dell’ Espiazione (Yom Kippur), per evocare la morte di Cristo come vento che ha cambiato radicalmente la situazione dell’umanità…».

Il senso è dunque che i Sette Arcangeli, stanno celebrando un’ultima liturgia di espiazione; quella del sacrificio finale di Cristo dopo il quale non vi sarà più bisogno di altri Sacrifici.  A tenore di questa immagine, il lettore dovrebbe pensare di trovarsi davanti al Sancta Sanctorum – luogo inaccessibile se non al Sommo Sacerdote -  proprio innanzi a Dio, dove i soli Spiriti ammessi, sono i Sette Arcangeli - grandi Sacerdoti celesti -   i quali amministrano durante la liturgia divina ed universale,  il Sacramento dell’Agnello Immolato con le sue sette aspersioni espiatorie – le ultime -  proprio perché , con le parole dell’Apostolo di Tarso: «Cristo invece, venuto come sommo sacerdote di beni futuri, attraverso una Tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano di uomo, cioè non appartenente a questa creazione, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna.

Per tali ragioni i Sette  Angeli sono scorti dall'Evangelista mentre conducono nelle proprie mani « sette piaghe» , ferite da cui scorre il sangue redentivo di Cristo.   Ciò viene riportato in diversi passi ma soprattutto qui : « Poi vidi nel cielo un altro segno grande e meraviglioso: sette angeli che avevano sette piaghe*; le ultime piaghe*, poiché con esse si deve compiere l'ira di Dio » [Ap15, 1]. 

La traduzione CEI  però, riportando flagelli al posto di piaghe è incorretta e fuorviante. Il testo greco infatti rivela : « καὶ εἶδον ἄλλο σημεῖον ἐν τῶ οὐρανῶ μέγα καὶ θαυμαστόν, ἀγγέλους ἑπτὰ ἔχοντας πληγὰς ἑπτὰ τὰς ἐσχάτας, ὅτι ἐν αὐταῖς ἐτελέσθη ὁ θυμὸς τοῦ θεοῦ ». Il testo greco individua i c.d. flagelli , attribuendo ad essi la parola  πληγή (pléghé)

La parola esatta che traduce direttamente il corrispettivo greco di «flagelli»  è  infatti   «piaghe», qui utilizzato in senso lato.   Essa si traduce comunemente con «flagelli» e non con «piaghe», perché, sarebbe stato impossibile che gli Angeli avessero tenuto in mano delle piaghe, mentre, ben più probabile e verosimile che fossero dati loro dei flagelli (significato esteso del concetto di piagha). In realtà, l’acutissimo  e straordinario Don Claudio Doglio, affronta l’argomento delle piaghe/flagelli, in modo davvero sublime aprendo ad una possibilità esegetica, seppur remota, del passo in esame, del tutto innovativa.   Nella nota ad Ap 15,1, a pag. 143 del suo Commento all’Apocalisse , egli scrive: «Con sette castighi (ἔχοντας πληγὰς ἑπτὰ) – il termine πληγη (pleghè) indica il colpo inferto e anche la ferita o la piaga prodotta (cfr Lc 10,30; At 16,23.33; 2Cor 6,5; 11,23). L’uso apocalittico della parola è differente: non si intende infatti dire che gli angeli sono “piagati” è d’altronde impossibile vedere Angeli che hanno sette colpi!».  

In sostanza il celebre autore ha ammesso, sia pur indirettamente e per ipotesi, che vi fosse anche la possibilità che i Sette Angeli portassero realmente sette piaghe nel senso di «ferite o colpi inferti» da cui gronderebbe il sangue, ma che non essendo apparentemente possibile un’ interpretazione in tal senso del testo, si è preferito tradurre la parola “piaga” con il termine di “flagello”, ed interpetare così  tutti i successivi passi.  

Ma se meditiamo sulla Sindone, nonché sulle piaghe ricevute dai tantissimi Santi, non può non rivelarsi giusta l’intuizione che in effetti, accanto alle canoniche ferite di piedi, mani e costato, vi siano anche altre due ferite o piaghe presenti sul corpo del Redentore: quella del dorso e quella sulla fronte , comunemente ritenuta la ferita epsilon o a forma di 3 rovesciato.

Sappiamo infatti che alcuni Santi, oltre alle canoniche cinque ferite, ne portarono misticamente anche altre due: la sesta che rappresentava il solco del legno della croce condotto da Nostro Signore sulla schiena, e la settima, che era una ferita a forma di 3 rovesciato sulla fronte.

Sulla sesta ferita, che ebbe anche San Pio da Pietralcina, citiamo San Bernardo, Abate di Chiaravalle, che domandò nella preghiera a Nostro Signore quale fosse stato il maggior dolore sofferto nel corpo durante la sua Passione. Gli fu risposto: Io ebbi una piaga sulla spalla, profonda tre dita, e tre ossa scoperte per portare la croce: questa piaga mi ha dato maggior pena e dolore di tutte le altre e dagli uomini non è conosciuta. Ma tu rivelala ai fedeli cristiani e sappi che qualunque grazia mi chiederanno in virtù di questa piaga verrà loro concessa; ed a tutti quelli che per amore di essa mi onoreranno con tre Pater, tre Ave e tre Gloria al giorno perdonerò i peccati veniali e non ricorderò più i mortali e non moriranno di morte improvvisa ed in punto di morte saranno visitati dalla Beata Verginee conseguiranno la grazia e la misericordia.

Sulla settima ferita, dovuta dalla perforazione del capo di Nostro Signore da una spina della Corona, citiamo invcece Maria Vittoria Angelini  (1590 1659) terziaria dell’ordine dei Serviti,  che ricevette da Nostro Signore questa singolare ferita sulla fronte.  Alla sua morte i Padri Barnabiti fecero fare l’autopsia del cadavere dal celebre dott. Michele Galamini.  Si trovò anche sulla fronte, sotto una pella molto sottile,  una spina simile a quella della santa corona, con cui la terziaria era stata stigmatizzata da giovane nella Chiesa dei Santi Apostoli. Riportiamo il testo pedissequamente da - Della vita della venerabile Suor Maria Vittoria Angelini Romana, terziaria dell’ordine dei Servi, parti tre, Roma 1670” pag. 503, di Giovanni Battista Pacichelli:  “Nella di lei fronte fu osservata nella parte superiore che venia coperta dalla benda, una tenerissima pelle la quale toccata parea che racchiudesse dento un capo di chiodo, cioè a dire di quello c’hebbe la giovinetta della Chiesa de Santi Apostoli in somiglianza,  com’e fama, della più acuta spina che trapassò la fronte del redentore”. Ferita simile fu donata a Santa Rita da Cascia.


ALLA LUCE DI QUESTE TESTIMONIANZA , NON APPARE FUORI LUOGO CONGETTURARE CHE QUEI SETTE ELEMENTI, CONDOTTI DAI SETTE ANGELI POSSANO ESSERE DAVVERO LE SETTE PIAGHE DI NOSTRO SIGNORE, IMPRESSE DURANTE IL SUO MARTIRIO TERRENO.

Normalmente  l’espressione di Ap 15,8:   τὸν ναὸν ἄχρι τελεσθῶσιν αἱ ἑπτὰ πληγαὶ τῶν ἑπτὰ ἀγγέλων  viene tradotta con la frase :  « finché non avessero termine i sette flagelli dei Sette Angeli »,   in ciò ingenerando l’idea che nelle sette coppe o fiale, si trovassero delle catastrofi (non delle piaghe) che come tali, dovevano avere termine di durata e che simbolizzassero l’ira di Dio.   

Ma tale interpretazione sembrerebbe cozzare con l’esegesi che vede in Ap 15 e 16, la rappresentazione di quel sacrificio o rito, che il Sommo Sacerdote eseguiva nel Tempio di Gerusalemme, aspergendo il sangue sacrificale dell’ Agnello che era contenuto in quelle 7 fiale e salvando così il popolo dalla sciagura.

L'espressione utilizzata in Apocalisse da San Giovanni,  per indicare che i flagelli hanno avuto termine,  è invece,  proprio quella stessa proferita dal Nostro Redentore in Croce – tutto è compiuto! - . Don Doglio riflette su questo chiaramente in nota al passo di Ap 20,3 : « finchè non fossero compiuti (ἄχρι τελεσθῇ) - La tensione verso il compimento è indicata con l’importante verbo τελέω («compiere») che in altri passi svolge un ruolo significativo (10,7; 15,1.8; 17,17)» . 

Giungendo al passo di Apocalisse 15,1 : « Poi vidi nel cielo un altro segno grande e meraviglioso: sette angeli che avevano sette flagelli; gli ultimi, poiché con essi si deve compiere l'ira di Dio», lo straordinario esegeta congiunge i due brani spiegando il significato misterioso insito nel testo: « Si è compiuto - ἐτελέσθη – Elaborando una fine inclusione con 15.8 è usato il significativo verbo τελέω («compiere») , che esprime, secondo la scuola giovannea, l’ultima parola di Cristo in croce ( Gv 19,30: τετέλεσται·: « è  compiuto») ; lo stesso verbo era già servito per presentare la settima tromba come il compimento del mistero di Dio…».

Se dunque si trattasse realmente di piaghe e non di flagelli, esse sarebbero compiute nel senso espresso da Cristo Signore in Croce, che disse «tutto è compiuto»; cioè è compiuta la mia passione con lo strazio della mia carne, l’effusione del mio sangue, la solitudine della mia anima. In ricordo di ciò i Sette Arcangeli conducono le ferite dell’Agnello mistico, ovvero fanno cadere il sangue raccolto nei Sette Aspersori, con i quali si è compiuto il Sacrificio del Cristo Agnello. 

Ed è per questo che, nel risalire al senso etimologico originario del passo, ed applicandolo ad esso, sic et simpliciter la parola “piaga” in luogo di “flagello”, otteniamo che le Sette Fiale di Aspersione e non coppe,  siano, più che congruemente  colme  «del sangue scaturente da Sette piaghe», con le quali «tutto si è compiuto»  nel sacrificio finale e redentivo dell’ Agnello. È  verosimile ritenere, dunque,  che nelle medesime fiale, possa trovarsi probabilmente il medesimo sangue che scaturisce dalle SS.me piaghe di Nostro Signore, ma che, come il Testo dell’Apocalisse di San Giovanni, sul punto ci mostra, questo stesso sangue, abbia un apporto ambivalente, ovvero: - sia salvifico per coloro che mediante esso ne sono stati riscattati e  - sia mortale per coloro che inevitabilmente inflissero misticamente queste ferite sul Corpo di Cristo, e che sono coloro che lo negano ovvero gli adoratori della Bestia e i Peccatori. Dunque se il Sangue non diviene salvezza, nell’Apocalisse esso diviene colpa!  

Lo stesso è, in altre parole,sia fonte di consolazione per coloro che amarono l’Agnello immolato, che motivo di condanna per coloro che lo crocifissero. E dunque, il contenuto delle coppe, eseguito il rito di espiazione celeste, con la redenzione dei credenti mediante il Sangue di Cristo, acquisirà anche significato catastrofico, soprattutto per coloro, i reprobi, che non vollero credere a Cristo e giovarsi della sua immolazione.    È dunque probabile che Giovanni abbia elaborato questo settenario partendo dalla festa giudaica dello “yom kippur”.

SETTE LAMPADE ARDONO PERENNEMENTE  IN ETERNO DAVANTI AL TRONO DI DIO: ESSE SONO I SETTE SPIRITI

L’ Evangelista Giovanni,  vede poi e descrive:   sette lampade (λαμπάδες) accese ardevano davanti al trono, simbolo dei sette spiriti di Dio. [ Ap 4,5], in greco:  ...  ἑπτὰ λαμπάδες πυρὸς καιόμεναι ἐνώπιον τοῦ θρόνου ἅ εἰσιν τὰ ἑπτὰ πνεύματα τοῦ θεοῦ.  

La lampada presente in Ap 4,5 , non è un lucerniere,  ma una fiaccola o fiammella accesa , che peraltro sta sopra il lucerniere e dunque è una cosa molto diversa.   

Le fiaccole infatti ardono incessantemente davanti al Trono, e si pongono proprio sopra i SETTE LUCERNIERI del capitolo 1,  formando  così un simbolismo o misticismo della MENORAH cioè del lucerniere ebraico, che è unione di terra e cielo con i Sette Spiriti o Angeli celesti che si innestano come Sette Lucerne infiammate su quegli antichi Sette Lucernieri terrestri che sono, in realtà,  le Chiese rette dai loro Angeli o Vescovi.   

La traduzione corretta non è quella del testo CEI del 1974  - che parla di simbolo dei sette spiriti in questo luogo - bensì quella semmai della più moderna edizione del 2008.

Queste Lampade dunque non sono il simbolo dei Sette Spiriti, ma sono esse stesse i Sette Spiriti che ardono in eterno. Il  testo CEI del 1974 , confondendo le lampade – lucernieri con le lampade - fiaccole, ha lasciato appalesare agli interpreti che i Sette Spiriti fossero in effetti un’allegoria delle Sette Chiese e degli Angeli delle Sette Chiese di Apcalisse 1,20! Che errore! Al contrario, i Sette Spiriti sono : « ἑπτὰ λαμπάδες πυρὸς  καιόμεναι ἐνώπιον τοῦ θρόνου», cioè sette fiaccole ardenti innanzi al Trono di Dio, immerse più di tutte le altre creature nelle ardenti « fiamme del sacro cuore di Gesù Cristo» . 

 Proprio per questo l’ Apostolo delle Divine Predilezioni parla nel capitolo AP 5,6 di un   ἀρνίον ἑστηκὸς ὡς ἐσφαγμένον, ἔχων κέρατα ἑπτὰ καὶ ὀφθαλμοὺς ἑπτά, οἵ εἰσιν τὰ [ἑπτὰ] πνεύματα τοῦ θεοῦ ἀπεσταλμένοι εἰς πᾶσαν τὴν γῆν  cioè di : « … un Agnello, come immolato – che -  …aveva sette corna e SETTE OCCHI, essi sono I SETTE SPIRITI di Dio mandati su tutta la terra» [CEI 2008 di Ap 5,6] mentre il testo CEI del 1974 parlava ancora di simbolo dei Sette Spiriti!

È  evidente che aderendo alla dimensione semantica , esegetica e liturgica del Vecchio e del Nuovo Testamento globalmente considerati, costoro SETTE SPIRITI, ORA OCCHI, ORA FIACCOLE ACCESE,  altri non sono che i Sette Angeli del Volto (o della presenza) di Dio, manifestazione sensibile della esistenza trascendente di Dio che si fa immanente per comunicare con i  profeti. 

LE SETTE LETTERE DELLE CHIESE D’ASIA CONTENGONO MESSAGGI SEGRETI DI SALVEZZA E CONDUCONO AD UNA OTTAVA LETTERA

Nel capitolo 2° dell’Apocalisse , a San Giovanni, dopo la proclamazione della pace concessa da Dio e dai Sette Angeli, vengono conferite sette lettere mistiche indirizzate agli Angeli ovvero ai vescovi delle Sette Principali comunità cristiane dell’Asia: Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia e Laodicea.  

Molti commentatori si sono chiesti quale fosse il significato mistico di queste lettere.  

Altri si sono limitati ad inserirle nel contesto delle prime comunità cristiane del tempo.  

Pochi si sono accorti che le stesse sette  lettere contengono sette messaggi subliminali,  diretti ad ogni fedele, posti alla fine di queste, che hanno valore universale quale fossero sette chiavi per aprire la porta del Regno dei Cieli, precedute o seguite dalla frase: « Chi ha orecchie per indentere, intenda» .

Si tratta di sette consigli spirituali i cui significati sono in sintesi i seguenti:

  1. Efeso : Al vincitore darò da mangiare dell'albero della vita, che sta nel paradiso di Dio.
  2. Smirne: Il vincitore non sarà colpito dalla seconda morte.
  3. Pergamo: Al vincitore darò la manna nascosta e una pietruzza bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all'infuori di chi la riceve.
  4. Tiàtira: Al vincitore che persevera sino alla fine nelle mie opere,  darò autorità sopra le nazioni; le pascolerà con bastone di ferro e le frantumerà come vasi di terracotta, con la stessa autorità che a me fu data dal Padre mio e darò a lui la stella del mattino.
  5. Sardi: Il vincitore sarà dunque vestito di bianche vesti, non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma lo riconoscerò davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli.
  6. Filadelfia: Il vincitore lo porrò come una colonna nel tempio del mio Dio e non ne uscirà mai più. Inciderò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che discende dal cielo, da presso il mio Dio, insieme con il mio nome nuovo.
  7. Laodicèa: Il vincitore lo farò sedere presso di me, sul mio trono, come io ho vinto e mi sono assiso presso il Padre mio sul suo trono.

Il Significato religioso di questa lettura, venne rivelato nel secolo XVI alla Venerabile Maria Amodea Blonè . Durante un secondo incontro con la suora, gli stessi Sette Angeli, le manifestarono apertamente i medesimi sette consigli spirituali racchiusi nelle sette lettere in ciò dimostrando che, proprio loro Sette, come celesti mediatori di Colui che è, che era e che viene, avevano dato a San Giovanni le sette lettere indirizzate alle comunità d’Asia. 

Ciò era stato fatto affinchè i fedeli ottenessero sette vittorie, e conseguissero il premio celeste Cristo, il Quale è l’ottava vittoria o l’ottava lettera, espressa quasi alla fine dell’ Apocalisse al capitolo 21,7 ove si dice : « E Colui che sedeva sul trono disse: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose"; e soggiunse: "Scrivi, perché queste parole sono certe e veraci.  Ecco sono compiute! Io sono l'Alfa e l'Omega, il Principio e la Fine. A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita. Chi sarà vittorioso erediterà questi beni; io sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio.  Ma per i vili e gl'increduli, gli abietti e gli omicidi, gl'immorali, i fattucchieri, gli idolàtri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. E' questa la seconda morte» [ l’ 8a lettera che è il conseguimento di Cristo Re].

Citiamo il passo pedissequamente tratto dalla Vita della Suora: «Siccome nel noviziato aveva goduto gran pace per lo spazio di otto mesi, dopo i quali seguì la guerra, così anche dopo la professione godé otto mesi perfetta sanità, servendo alle ammalate. Dopo Iddio la visitò con una febbre quartana lunga e accompagnata da afflizioni interne, dalla quale fu liberata in un modo degno d’ osservazione. Una mattina dopo la solita orazione, nella quale cadeva il dover venire parossismo della febbre, si pose in riposo e s’addormentò, e si sognò, che quei sette poveri giovani, che ella aveva alloggiati mendicanti in casa di suo padre, le venissero avanti; e che ella dicesse tra sé: “Oimè, ora che sono Religiosa non ho più che dar loro: in questo mentre si accostasse  il principale di essi, e che rispondendo al pensiero le dicesse: “Sorella mia non vi affannate, perché sappiamo che siete Religiosa, e che per amor di Dio vi siete spogliata di tutto; e però noi non siamo venuti per ricevere da voi, ma per dare a voi qualche cosa, e stringendole la mano le disse : “Vincenti dabo edere de ligno vite, quod est in Paradiso” – Al Vincitore darò da Mangiare del legno della vita, che è piantato nel Paradiso”.   Il Secondo, toccandola nell’istesso modo disse: “Chi vincerà non sarà ossesso dalla seconda morte”.   Il terzo facendo il medesimo aggiunse: “ Il Vittorioso riceverà manna nascosta e gli darò un bianco sassolino, sopra del quale starà scritto un nome nuovo, che sarà incognito a tutti, fuori che a quello, che lo riceve”.  Il quarto con dimostrazione di particolare gusto disse: “Iddio darà possanza sopra le genti a colui che riporterà la palma”.  Il quinto disse: “Chi vincerà sarà rivestito di abiti bianchi, il di lui nome non sarà scancellato dal libro della vita e Giesù nostro Signore, e vostro Sposo confesserà il vostro nome avanti il Padre Eterno & avanti i suoi Angeli”.  Il Sesto disse: “Chi vincerà, sarà come una colonna nel Tempio del mio Dio, e non ne uscirà mai; e scriverò sopra di lei il nome del mio Dio, e quello della Città di Dio, che è la città nuova di Gerusalemme”. Il Settimo le serrò fortemente la mano, dicendo: “Giesù Re nostro farà sedere quello, che vincerà nella sua gloria eterna, come se lo ponesse nel suo proprio trono, come egli siede del Padre Suo.” Dette queste parole tutti disparvero, eccettuato il primo; il quale stringendole ambedue le mani tra le sue, soggiunse: “Mia sorella Maria Amodea Blonè, vincete pure generosamente, perché in questo modo vi renderete simile al grande Iddio degli eserciti, per lo quale noi combattiamo”  ».

 

LE  MISTICHE  CONDOTTE INNANZI AL TRONO DI DIO

San Giovanni fu custodito da uno de Sette Arcangeli.

Questa protezione particolare, gli permetteva con preferenza rispetto agli altri Apostoli di giungere direttamente innanzi al Trono di Dio venendo a contatto con il Cristo, centro del suo amore escatologico.

Ciò si legge chiaramente nel testo della rivelazione dove San Giovanni più volte dice: « Poi venne uno dei sette angeli e mi parlò ».

Per tale motivo, la custodia dei Sette Angeli nei secoli ha significato per coloro che godevano della loro protezione di giungere direttamente e immediatamente innanzi al Trono di Dio, per ricevere grazie e ammaestramenti tutti particolari se non proprio unici.

Tale circostanza si è verificata ad esempio per  MARIA LATASTE, ( 1822-1847 ), direttamente condotta dai Sette Arcangeli innanzi al Trono di Dio come è attestato nei suoi Diari Mistici.

Maria Lataste religiosa della Società del Sacro Cuore, dalla vita breve ma intensa ( muore a soli 25 anni) fu consumata dall’ardente amore per il Signore.

Un giorno la veggente,  mentre stava leggendo il Vangelo,  fu condotta in estasi a guardare il Trono divino, e li scorse proprio i Sette Arcangeli innanzi a Dio:  « Un giorno, festa dell’Annunciazione ...  mi sentii sollevata in aria, la terra scomparve ai miei occhi, non vedevo più niente, se non Gesù. Giungemmo in una vasta pianura. Non era una pianura né una campagna della terra; era qualcosa di simile, ma non era quello, non mi so spiegare altrimenti. Intorno aquesta pianura, vidi nove gradoni o nove gradinate sovrapposte. Ognuna di queste gradinate era enorme e occupata da una moltitudine di giovani vestiti di bianco. Il loro abito era lungo fino alle ginocchia; le braccia nude, i capelli lunghi, pettinati all’indietro, si separavano nel mezzo della fronte. Avevano tutti due ali sulle spalle. Ognugno di questi giovani uomini splendeva come il sole; ma più la gradinata era in alto e più i giovani in essa erano sfolgoranti di luce. Quelli dell’ultima gradinata erano superiori a tutti gli altri. Al di sopra di queste gradinate vidi un magnifico trono, fatto dell’oro più fine e più brillante. Questo trono era solo luce, e questa luce scendeva su tutti quei giovani, che sembravano riflettere la luce del trono. Attorno al trono, vidi, prosternati in ginocchio, sette giovani, più brillanti rispetto a quelli delle gradinate, perché erano più vicini al trono di luce.  Allora dal tronodi luce, si udì una voce. Tutti coloro che erano nelle nove gradinate e i sette che erano davanti al trono di luce prestarono orecchio; poi il primo dei sette salì al trono, si inchinò tre volte, lasciò questa pianura e si avviò verso i luoghi che avevamo percorso ... Figlia mia, ho voluto parlare ai tuoi occhi prima di parlare alla tua inteligenza, affimchè la tua intelligenza possa meglio capire ora quello che i tuoi occhi hanno visto e le tue orecchie hanno udito. Questa pianura che ha visto, figlia mia, è il cielo; le nove gradinate e coloro che le occupavano, i nove cori degli angeli; il trono di luce, il trono di Dio; i sette giovani uomini intorno al trono, i sette angeli che sono sempre davanti al Padre mio …» .

Come Maria Lataste, anche la monaca ARCANGELA PANIGAROLA  fu portata dai Sette Arcangeli in estasi innanzi al Trono.  Si tratta di una straordinaria mistica del sec. XV/XVI,  priora del Monastero di Santa Marta dell'ordine di Sant'Agostino, dotata di spirito di profezia ed inserita all’interno di un contesto di rinnovamento spirituale della Chiesa Cattolica. 

In una visione che si legge a pag. 316/317, si apprende quanto segue: « … fu invitata dall’Angelo fino alla festa dell’Assunzione di essa, e fu portata in spirito al sepolcro di Lei attorniato da ogni parte da Spiriti Celesti. Quivi udì un Angelo ricercare dolcemente una viola e cantar insieme quello della Genesi: “Tenebra erant super faciem abyssi”. Spiegò poi l’Angelo all’anima predetta , come Adamo ed Eva avevano sparse le tenebre del peccato sopra la terra, e il Sig. Dio fece la Luce, che è Maria, la quale dividendo le tenebre, cioè i peccatori dagli Eletti, illuminò questi e lasciò perire quelli. In questo mentre udì a sonare alto una Tromba, e proferirsi queste parole : “Omnia gentes Servient Ei”, in quel dire apparve il Figlio di Dio vestito di sole, che tutti adorarono col volto a terra. Incominciò di poi S. Michele sopra la tomba di Maria a recitare le sue laudi, e dopo di lui S. Gabriele, e per ultimo Cristo medesimo, al cui parlar divino tutti quegli spiriti, che erano presenti con gli apostoli e i discepoli rimasero estatici. Finito il parlar di Cristo, il sepolcro di Maria risplendette di un chiarore così grande, che ne svanì la vista di esso. E ritornò l’anima ai propri sensi. Accostatasi di poi ella all’Angelico Comizio si ritrasse in cella ad orare, ed in quello fu portato il suo spirito in Cielo ove vide la Vergine Maria , adorata da tutti i Celesti, essere collocata alla destra di Cristo in Trono di Maestà. Giunse intanto fino al Cielo il grido delle anime trattenute in Purgatorio, risuonando l’Ora pro nobis. E la Vergine supplicò il suo benedetto Figliuolo per la liberazione di quelle che a Lei erano state più devote. E fu tosto mandato al Purgatorio S. Michele con una folta schiera di Angeli ai quali era stata commessa la cura di quelle anime essendo in vita, e ne condussero alla felicità del Paradiso una quantità grande. Furono nel medesimo tempo inviati i Sette Angeli assistenti al Trono di Dio ai Dannati per accrescere la loro maledizione, la loro pena, in castigo dei sette peccati mortali … ».

Durante una Terza Visione che si legge a pag. 333 e ss, la Panigarola fu infine letteralmente trasportata innazi al Trono Divino :  «… In un altro giorno pur dedicato ad onore d’Ognissanti, rapita Arcangela al Cielo  vide un infinito  splendore, che l’abbagliava, ed era il Trono di Dio. Innanzi ad esso erano ventiquattro vecchi con i quattro evangelisti, continuavano insieme i Santi Innocenti, i quali facevano teatro a quell’Immenso Splendore. Sopravvenne appresso il Signor. Nostro vestito di carne troppo più luminosa del Sole, e portava una sopravveste tutta tempestata di Gemme, in cui erano scritte quelle parole Rex Regis Sacerdos in Aeternum, con nome dei suoi eletti. Innanzi al Salvatore andavano i Sette Angioli che stanno nel cospetto di Dio, e ciascun d’essi aveva uno strumento della Redenzione nostra, chi la Corona, chi i Chiodi e chi la Spugna, S. Giovanni aveva la lancia e S. Michele la croce …  » .

Ricorda di essere stata condotta innanzi al Trono, numerose volte, pure SANTA FAUSTINA KOWALSKA   (1905 - 1938).

Di essa abbiamo parlato nel primo volume, ma vale la pena ritornare sulle sue visioni perché, similmente a San Giovanni Evangelista, a Maria Lataste e alla Panigarola anche l’ apostola della divina misericordia ebbe uno dei Sette Arcangeli come proprio custode, che le fu conferito in particolari occasioni in aggiunta al precedente Angelo.  

Proprio perché i Sette Angeli sono davanti al Trono, la Kowalska, viene immediatamente posta a contatto diretto con il Trono di Dio, come dimostrato nell’ Apocalisse. Il  2. Agosto 1934 ella infatti, dice: « venni trasportata in ispirito davanti al trono di Dio. Davanti al trono di Dio vidi le Potenze celesti, che adorano Dio incessantemente… ».

Ma l’episodio più significativo avviene il  15 agosto del 1935, quando ella descrive questa visione: «…. Un giorno in cui ero all'adorazione ed il mio spinto era quasi in agonia per la nostalgia di Lui e non riuscivo a trattenere le lacrime, all'improvviso vidi uno spirito che era di una grande bellezza, che mi disse queste parole: « Non piangere, dice il Signore ». Dopo un attimo domandai: « Tu chi sei? ».

Ed egli mi rispose: « Sono uno dei sette spiriti che stanno giorno e notte davanti al trono di Dio e L'adorano senza posa ».

Tuttavia quello spirito non alleviò la mia nostalgia, ma suscitò in me una maggior nostalgia di Dio. Quello spirito non mi lascia un istante, mi segue ovunque.

Il giorno dopo, durante la S. Messa, prima dell'elevazione, quello spinto cominciò a cantare queste parole: « Santo, Santo, Santo ».

La sua voce era come se equivalesse a migliaia di voci, impossibile descriverla. Ad un tratto il mio spirito venne unito a Dio; in un attimo vidi l'inconcepibile grandezza e santità di Dio e nello stesso tempo conobbi la nullità che io sono in me stessa. Conobbi in maniera più evidente di qualsiasi altra volta le Tre Persone Divine: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

Tuttavia la loro essenza è una, come pure l'uguaglianza e la maestà. La mia anima è in rapporti di intimità con le Tre Persone, ma non riesco ad esprimere ciò a parole, però l'anima lo comprende bene. Chiunque è unito con una di queste tre Persone, per ciò stesso è unito con tutta la Santissima Trinità, poiché la loro unità è indivisibile….”. 

La Kowalska racconta questo rapimento, con cui viene immediatamente posta a contatto con l’Essenza Divina, e fra lei e Dio, non si pongono mediatori di sorta, se non solamente uno dei Sette Spiriti.

Quella di ricevere uno dei Sette Spiriti è una grazia enorme, che interessa soltanto anime elette. Nostro Signore Gesù Cristo lo riferì infatti a  SANTA MARIA MARGHERITA DE ALACOQUE , ( 1647 -  1690)  , rivelandole questa mistica verità : «Mia cara figlia, non affliggerti; ti darò un fedele custode che ti accompagnerà dappertutto e ti assisterà nelle tue necessità spirituali. Egli impedirà al tuo nemico di prevalere su di te, usando delle colpe, alle quali vorrà spingerti; ma alla fine riceverà soltanto vergogna”.

Riportiamo dunque quello che riferì la Santa su questo episodio: “Questa grazia mi infonde tanta forza, che mi sembra di non aver più nulla da temere, dal momento che questo fedele custode mi assiste con immenso amore e mi libera da tutte le pene”. Devo dire che lo vedevo soltanto nel tempo, nel quale il Signore mi privava della sua presenza sensibile per immergermi negli intensi dolori della sua Santità di Giustizia. Era allora che il mio custode mi consolava con i suoi familiari clloqui. Una volta mi disse: “ Voglio dirti chi sono, cara sorella, affinchè tu sappia quanto amore ha per te il tuo Sposo. Sono uno dei sette Spiriti che stanno più vicini al trono di Dio e che più partecipano alle fiamme del Sacro Cuore di Gesù Cristo e il mio intento è quello di comunicartele per quanto tu sia capace di riceverle.  ».