La Serva di Dio, suor Maria Amedea di Blonè (anche detta Maria Amata di Blonè) e i Sette Arcangeli (o Sette Spiriti Assistenti)

Il fatto più clamoroso, tuttavia, si registrò con la suora Maria Amodea Blonè (1590 - 1649), decima religiosa dell’ordine della Visitazione e priora del Monastero di Anisi (Casa di Anisi nella Savoia).
Siamo riusciti a trovare una biografia nel testo « Il Paradiso in terra aperto alle sacre Vergini nell'angustie della religiosa clausura. Opera di un sacerdote secolare » presso Gio. Maria Salvioni, 1718, dove si precisa:
«Nel 1649. Maria Amodea Blonè Monaca della Visitazione , Religiosas di tal prudenza, e sapere, che S. Francelco di Sales commise a lei di fare stampare i suoi libri del Trattato dell'Amor di Dio, e delle Constituzioni ; Diede pure alle stampe la raccolta delle di lui lectere, suppresse con destrezza , vigilanza , e denari le stampe, e le copie de'trattenimenti dello stesso fuo Santo Fondatore , cavati da certi manoscritti furtivi , ed adulterati dal Copista , che li rubbò, non risparmiando nè spesa, nè fatica per risarcire 19 Vites la riputazione di sì Santo Padre. Ella stessa li fece ristampare corretti, ed cap.10. emendati secondo l'originale autentico del Santo, fece pure stampare per ordine della Fondatrice, ed altre Madri anziane i libri dell'Ulanze, e del Cap. 9. Ceremoniale , rimettendo tutte nella di lei giudiziosa prudenza le refoluzioni, che aveano prese nell'Assemblea , che fu a guisa di un Capitolo genesale ove si erano per questo radunate le Superiore, ed Anziane dell’Instituto in Nefsj. Sicchè il tesoro che ha la Chiesa ne'migliori libri di S.Francesco di Sales, ed il bell'ordine ne'loro Direttori, che hanno le Monache della Visitazione, tutto si deve alla prudenza, e saviezza della Blonè. Era dotata della scienza de'Santi, non essendofi mai curata di saper altro, che le verità più sode di nostra fede , e perciò quasi mai lesse altri libri , che il Testamenco nuovo, le Regole, e Constituzioni della sua Religione , ed i Salmi , rispondendo a chi li ammirava, perche tenesse sì pochi libri: quelli effer battanti ; il Vangelo per fare le adorazioni, le regole per ben praticare il Vangelo, ed i Salmi per ricreazione, ed allegrezza spirituale. Non si curava di fare , e cenere diverse annotazioni, ed osservanze inanofcricce , die cendo, essere una lussuria spirituale applicarsi a sapere belle cose , e scordarsi d'applicarsi alla pratica delle buone. Un doctiflimo Religiofo le disse , Jei essere molto capace di scienze, e che se voleva , le aurebbe in poco tempo spiegati i principali punti della Teologia , modestamente lo ringraziò, e con S. Paolo diffe : non defiderare saper altro, che GESU Cristo, e questo Vide Maria Crocifisso. In premio di quest'umiltà, e moderazione d'intelletto fu dal suo Villani l'an. Divino Sposo nell'orazione vespertina visitata , dicendole: lo sono il Dottore della giustizia, ed io c'insegnarò più di quello che da persona umanas potredi imparare. Conferendo poi ciò con il Padre, che allora la dirig. geva, gli disse: Io in quella orazione imparai cali cose di Dio in Dio, di lume in lume , della generazione del Verbo eterno, dell'amorosa procesione dello Spirito Santo, ed altre infinità di cose ttupende, che non le posso esprimere ; e mi restorono sì impresse , che mi credeva di dovere reftare senz'altra cognizione della vita umana , e di cuce'alero ignorante , ed incapace , perche vedevo il mio Dio essere ogni cosa, e tutce le cose avanti di lui essere un nul. la. Il giorno seguente nella medesima Scuola dell'orazione imparai il modo ineffabile, che nel distribuire le grazie la bontà divina tiene, in ricompensasc le buone opere, che la sua equità osserva, la giustizia in punire i delicci, la la misericordia in premiare gli atti virtuosi esercitati , la carità, con la quale riceve i penitenti peccatori. Da quel tempo ebbi sì in nausea le scienze umane, che quando uno mi avesse voluto insegnare in otto giorni tutte le foto tigliezze delle Scuole, non me ne sarei curata. Un pio, ed erudito Teologo avendole un giorno dato un suo manoscritto per farlo leggere alla Communità, lo ringraziò, e ricusò dicendo: effer meglio per le figlie della Visitazione camminare pian piano con sicurezza per le Valli, che falire con iftudio, e fpecolazioni , se Iddio vorrà che sappiamo cose grandi, ed iltraordinarie, egli medemo ce le insegnarà alla misura , che noi fedelmente lo ferviremo, e faremo bafle, e vili nel nostro giudizio. Nella Vigilia della Pentecoste avendo una Suora cavato a forte la cartella de' dodici doni dello Spirito Santo , trovato che le era toccato il dono della scienza, diffele: Ecco o Madre , che mi è toccato il dono della scienza, che voi non amare. La prudenre, ed umile Blonè le rispose : Sorella voi non intendere quello che dite ; lo amo il dono della scienza , che è dono dello Spirito Santo, non quella che dona lo spirito mondano , o lo spirito maligno; perche essendo quello più dotto de' noftri Dottori c'insegna verità, non vanità. Replicò la Suora : E quale scienza dunque volete voi che acquifiamo? Rispose : Sappiate vo Nota. Tere tutto quello che Dio vuole, e fare tutto quello che egli comanda: Sappiate conversare con eflo lui nell'orazione , ceffare di essere di voi medema, per essere tutta di lui, osservare le nostre Regole a pantino, ed umiliarvi in ogni cosa, perche se ciò farete s avrete fcienza baftante. E ciò ripeteva, e fpero, per isradicare dalle menti delle fue figlie ogni sorte di curioficà. Crediatemi, care figlie ( erano sue parole) allo studio delle scienze mondane non vi applicate mai, bensì a quelle di Dio, che si acquistano con l'orazione; e quella scienza, che deriva in noi dalla lettura , dalle prediche, da' configli, che ci verranno dati , maturiamola nell'orazione, che ne cavaremo utile per l'Anima. Non solo questa Serva di Dio ebbe il dono della scienza, ma Cap. 23. 24 ancora quelli del consiglio dell'intelletto , e della fapienza, come apparu ** 25. nella sua vita, nè sembrarà ftrano a chi riflette all'ultime parole, che diflete la fera a vanti, che moriffe il suo Santo Padre Spirituale, e Fondatore dell'Or dine di S. Francesco di Sales: Figlia, io mi parto, e vilascio il mio fpirito, ed il cuore . L'ifteffa Blonè conferi d'aver goduto più di un anno intiero dopo la morte la presenza del Santo Padre sì perfettamente, che da lui era corsetra , e rammemorata degli avvifi , configli , e mallime, che in vita suggerite le aveva. La Madre Anna Francesca Burgiatta una delle prime Profeffe, e delle più degne Superiore , che siano state nell'Instituto della Visitazione atcelta, che alcuni Religiosi, staci Padri Spirituali delle Figlie dell'Ordine , e però intendenti dello spirito della Blonè diceano, che alle sue Religiose il Santo Fondatore avea lasciato in eredità tesori spirituali, che sono negli scrigni de' suoi libri; ma che Suor Maria Amodea avea ereditato il dono del. la sapienza , del quale visse sì ricco in terra il suo Santo Padre . Al proposito de' pochi libri , che usava la sudetta Blonè vedrete uniformi, e ne' sentimenti, e nella condotta, e nella sapienza Maria Minima Strozzi, nel 1672. Maria Margherita Diomira, nel 1677.
i 7 Beati Spiriti si presentarono a lei sotto le forme di 7 giovani pellegrini offrendo salutari consigli di salvezza e sollecitando alcune richieste. 3 sono gli episodi che abbiamo rinvenuto nel testo “ Vita della Venerabil Madre Suor Maria Amodea Blonè” scritta da Monsignor Carlo Augusto di Sales, edito a Napoli nel 1694 e che riportiamo fedelmente.
Il Primo Episodio si trova all’interno del Capitolo IV° intitolato “Amodea si dispone alla vita religiosa per mezzo di ferventi atti di carità”, a pag. 40:
< >… Un giorno incontrò sette giovani di bellissimo aspetto e di sembiante onestissimo, però mostravano d’essere bisognosi di molto. Dissero quelli poco prima aver tragittato il lago con grandissimi disastri e patimenti e rappresentavano le loro necessità con termini modesti, umili, e civili. Amodea si sentì mossa a compassione straordinaria versi di essi; ma come che si trovava già da’ poveri vuotata la borsa, e non restandole più che dare, solo, che la sua corona e due piccioli libretti di orationi; cose, che non potevano sollevare le miserie di quei giovani; li pregò di seguirla fino a casa, ove avrebbe potuto fare loro qualche cortesia. Caminando, ragionarono di cose sante e pie; con che il concetto, che di loro avea fatto Amodea, che fossero giovani straordinariamente virtuosi, crebbe a gran segno, in modo che si risolse di dar loro alloggiamento nel più nobile appartamento che aveva, ove li fece servire di quanto potevano desiderare. Il capo, e principale di tutti sette le dimandò un unguento per medicare una postema, dalla quale era travagliato. Amodea subito pose le mani ad un vaso e di quello, che vi era dentro ne applicò al luogo del male, che era nel lato sinistro, livido, e nero, che dava orrore a chi lo mirava. Due altri di quella brigata, notata la caritatevole opera della ospite, anch’essi scoprirono le loro piaghe, e furono medicati da Amodea. In questo fare il sole, s’avvicinò all’occaso, e però Amodea fece loro dire, che per non esservi suo Padre, non le parea lecito tenerli in casa sua a dormire, ove non vi era alcuna huomo di conto, e però che si procacciassero ove alloggiare la notte. Ricevuta questa ambasciata i giovani seppero tanto dire e pregare per non essere scacciati, che Amodea, considerato che non sarebbe dispiaciuto a Dio, se avesse compitamente soccorsi questi giovani, con tenerli quella notte in casa, così fece. La mattina medicò loro le piaghe e la postema del primo, trovatala aperta, l’asciugò, e fasciò, come fatto avrebbe un buon cirugico; e tanto si compiaceva della carità, e della modestia degli ospiti, che li trattennte tutto il secondo giorno. Mandò però a pregare il Signor Francesco Pioton, Avvocato nel Senato di Savoia, amico e parente di suo Padre, che venisse a S. Paolo per affari importanti: il che fece, disponendo così la Provvidenza Divina, acciochè vi fosse un autentico testimonio di quello fatto; del quale egli divenuto Confessore del Monistero della Visitatione di Anisi, ne fece ricordo. Morì questo buono signore in concetto di molta virtù, e fu sepolto nella Chiesa della Visitatione di detto Monistero d’Anisi. Egli gionto in S. Paolo prudentemente interrogò questi poveri forastieri e ne cavò essere nobili della Germania; mà dalle disgratie, che accompagnano le guerre, esser ridotti al miserabile stato nel quale si trovavano. Frattanto essendo giunta l’ora di medicare gli infermi, Amodea andò a trovarli con unguenti, pezze, e fasce. Allo scoprire il male del primo, il Signor Poiton quando lo vidde, conobbe quello essere bubone di peste, male contagioso, per lo che tutto intimorito, s’astenne dal toccarlo, e affrettò la caritatevole cirugica ad applicare, e fasciare l’infermo, acciochè l’alito del bubone non appestasse la stanza, e ciò fatto si lavarono ambedue, cioè il Signor Francesco Pioton, & Amodea con aceto forte le mani, e la faccia. E dato loro il pranzo, il Signor Avvocato, & Amodea, andarono all’appartamento, ove erano i giovani forestieri, e li persuasero a partirsi, ed essi di buona voglia accettarono il consiglio. Già avevano quelli presi i loro bastoni, e rendevano gratie delle amorevolezze ricevute, e partivano, quando Amodea cumulò gratie sopra gratie, con dare a ciascuno di loro una camicia di quelle del suo genitore, e fece loro empire di vino i fiaschi, e di più a ciascuno diede buona somma di moneta. In questo, il principale de’ giovani poveri tirò da parte alquanto Amodea e le disse queste poche parole, ma assai notabili, che essa tenne sempre secrete, né le palesò, se non quando fu vicina a morte e le fu comandato di publicarle: “ Quando voi verrete alla Patria nostra vi ringrazieremo della carità, che ci avete usata. Siate divota de’ Sette Spiriti Beati, che assistono al Trono dell’Agnello Divino & abbiate fiducia in essi, perché non mancheranno di proteggervi in ogni bisogno”.
Il secondo episodio si legge al Cap. VI, dal titolo : “Maria Amodea è fatta inferiera. Sogno misterioso che fece & è eletta ad essere fondatrice in Lione” da pag. 55 e ss :“Siccome nel noviciato aveva goduto gran pace per lo spatio di otto mesi, dopo i quali seguì la guerra, così anche dopo la professione godè otto mesi perfetta sanità, servendo alle ammalate. Dopo Iddio la visitò con una febbre quartana lunga e accompagnata da afflitioni interne, dalla quale fu liberata in un modo degno d’osservatione. Una mattina dopo la solita oratione, nella quale cadeva il dover venire parosismo della febbre, si pose in riposo e s’addormentò, e si sognò che quei sette poveri giovani, che ella aveva alloggiati mendicanti in casa di suo padre, le venissero avanti e che ella dicesse tra sé: “Oimè, ora che sono Religiosa non ho più che dar loro” in questo mentre si accostasse il principale di essi, e che rispondendo al pensiero le dicesse: “Sorella mia non vi affannate, perché sappiamo che siete Religiosa, e che per amor di Dio vi siete spogliata di tutto; e però noi non siamo venuti per ricevere da voi, ma per dare a voi qualche cosa”, e stringendole la mano le disse : “Vincenti dabo edere de ligno vite, quod est in Paradiso” – Al Vincitore darò da Mangiare del legno della vita, che è piantato nel Paradiso”. Il Secondo, toccandola nell’istesso modo disse: “Chi vincerà non sarà ossesso dalla seconda morte”. Il terzo facendo il medesimo aggiunse: “ Il Vittorioso riceverà manna nascosta e gli darò un bianco sassolino, sopra del quale starà scritto un nome nuovo, che sarà incognito a tutti, fuori che a quello, che lo riceve”. Il quarto con dimostratione di particolare gusto disse: “Iddio darà possanza sopra le genti a colui che riporterà la palma”. Il quinto disse: “Chi vincerà sarà rivestito di abiti bianchi, il di lui nome non sarà scancellato dal libro della vita e Gesù Nostro Signore, e vostro Sposo confesserà il vostro nome avanti il Padre Eterno & avanti i suoi Angeli”. Il Sesto disse: “Chi vincerà, sarà come una colonna nel Tempio del mio Dio, e non ne uscirà mai e scriverò sopra di lei il nome del mio Dio e quello della Città di Dio, che è la città nuova di Gerusalemme”. Il Settimo le serrò fortemente la mano, dicendo: “Gesù Re Nostro farà sedere quello che vincerà nella sua gloria eterna, come se lo ponesse nel suo proprio trono, come egli siede del Padre Suo”. Dette queste parole tutti disparvero, eccettuato il primo; il quale stringendole ambedue le mani tra le sue, soggiunse: “Mia sorella Maria Amodea Blonè, vincete pure generosamente, perché in questo modo vi renderete simile al grande Iddio degli eserciti, per lo quale noi combattiamo”.
< >Il terzo episodio infine si legge al cap XVII°: “Come la Madre Maria Amodea Blonè fa fabbricare la Chiesa, ed è confermata priora nel secondo triennio” a pag. 178 e ss:
“… Nel medesimo giorno ricevè la Madre un’altra consolatione, non meno pregiabile della scritta. Dalla magrana forzata a ritirarsi contro il convento in cella dopo il matutino, fu presa da un sonno e profondo e piacevole nel quale le parve di vedere quei Sette Pellegrini, de’ quali si scrisse nel Cap. VI, da lei accolti e serviti, quando era ancora in casa di suo Padre e da quali fu risanata ne’ primi anni della Religione: e volendo essa riprendere la portinaria perché gli avesse permesso l’entrare in Monisero; il primo parlando a nome di tutti disse: “Non vi pigliate fastidio, perché non siamo qui dentro senza licenza”, e facendo essa replicato: “Dite dunque quel che da me volete?”. Rispose: “Ciascuno di noi vi dimanda un luogo nella nuova fabrica, che volete fare”. In questo si svegliò, e non vedendo alcuno con gli occhi corporali, conobbe quelli essere veri Angioli; sì che determinò fare sette Altari nella Chiesa nuova ad onore de’ Sette SpiritiBeati che assistono al Trono dell’Agnello e a somiglianza numerica de’ Sette Candelieri d’oro, che ornano la sedia della Divina Maestà…”.