I 7 ARCANGELI - SANTA MARIA DEGLI ANGELI E DEI MARTIRI
Partito per Roma, Antonio lo Duca, riuscirà, sopportando continue angherie e al prezzo di numerosi sacrifici a trovare il luogo dove celebrare dignitosamente i Sette Sublimi Spiriti, all’ interno delle vecchie rovine delle Terme di Diocleziano in Piazza Esedra.
Il progetto per la costruzione della Chiesa dedicata ai Sette Angeli, (oggi Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri) voluta da Papa Pio IV, fu affidato al grande Michelangelo Buonarroti, amico del sacerdote siciliano, e in seguito alla sua morte, portato a termine nel 1561 dal primo discepolo del maestro, nonché nipote di Antonio, Jacopo Lo Duca.
Sull’altare maggiore della Chiesa, si pose un quadretto raffigurante Maria SS., circondata da Sette Arcangeli, che il Lo Duca, aveva fatto trarre, nel 1543 circa, da un antico mosaico esistente all’interno della Basilica di San Marco a Venezia (anche questo mosaico oggi è perduto).
Il dipinto, aveva incisi, sui cartigli portati dalle figure angeliche, i nomi propri dei Sette Angeli:
- Michele, il vittorioso: paratus ad animas suscipiendas (pronto ad accogliere le anime);
- Gabriele, il messaggero: spiritus sanctus supervieniet in te (lo spirito santo verrà sopra di te);
- Raffaele il medico: viatores comitor, infermos medico (accompagno i viaggiatori, curo gli infermi);
- Uriele, il forte compagno: fiammescat igne charitas (la carità divampi con il fuoco);
- Sealtiele, colui che prega: oro supplex et acclinis (prego supplice e prostrato)
- Geudiele, il rimuneratore: deum laudantibus proemia retribuo (con premi ricompenso quanti lodano dio);
- Barachiele, colui che viene in aiuto: adiutor, ne derelinquas nos (o tu, che vieni in aiuto, non ci abbandonare) .
- Non si conosce da chi questo dipinto sia stato eseguito.
- Per Angelo Polesello, curatore della biblioteca di Santa Maria degli Angeli: “ La data 1543 costituisce per noi un preciso termine "a quo" ma, verificando attualmente le decorazioni musive dell'arcone sull'altare maggiore in S. Marco a Venezia non appare traccia di figurazioni simili alla nostra. D'altro canto si sa per certo che i "Procuratori di S. Marco de supra" curavano con estrema attenzione lo stato dei mosaici della Basilica e, in caso di deperimento o caduta per distacco, incaricavano i vari cartonisti a realizzare progetti, vicini il più possibile alle originarie figurazioni. Per quanto riguarda i tre arconi, sulla navata centrale fra le cupole di S. Marco si nota che le superfici musive hanno subito continui rifacimenti, in particolare nel periodo che va fra il secondo '500 e la fine del secolo scorso. Il rivestimento musivo, infatti, dovendo aderire alle strutture murarie sottostanti, soffre le inevitabili conseguenze dei fenomeni di assestamento delle murature stesse. Questa sorte sembra riservata particolarmente agli arconi della navata centrale, i quali, dovendo reggere le cupole, sono i piu sollecitati a movimenti di assestamento statico sul piano fondale sabbioso e consolidato unicamente da palafitte in legno di rovere. Fra i tre arconi, sul primo detto del "pozzo", verso la facciata (in corrispondenza dei celebri quattro cavalli di bronzo), il mosaico appare completamente rifatto su soggetti precedenti, con episodi dell'Apocalisse che sembrano attribuibili, secondo il validissimo studioso dott. Ettore Merkel della Soprintendenza al Porta Salviati o a Paolo Pino, artisti legati al manierismo salviatesco importato da Firenze, allora in pieno clima culturale Vasariano. Qui troviamo gli Angeli delle Sette Chiese, espressi in una fluidità di linee e di dinamica compositiva da non sembrare avere corrispondenza con moduli bizantini. Sorte migliore sembra avere avuto l’arcone secondo (quello del transetto) che conserva le originarie figurazioni musive veneto bizantine con le storie della passione di Cristo, anche se parzialmente rielaborate. Di queste, a noi interessa in particolare l’episodio al centro dell’arcone stesso, riproducente le Pie Donne al sepolcro vuoto con un Arcangelo in abiti curtensi bizantini a il flagello nella mano destra. L'arcone sull’altare maggiore poi, quello che particolarmente ci interessa, riproduce, dall’impostare fino a circa 60°, sicuramente con fedeltà alle precedenti narrazioni veneto cretesi, le quattro scene tipiche delle feste bizantine: sulla destra della navata centrale "l’Adorazione dei Magi" e sopra ad essa "l’Annunciazione" senza fondo oro; sulla sinistra la "Presentazione al Tempio" e "il Battesimo di Gesu", realizzate dal Marini su cartoni del Tintoretto nel 1576. Al centro dell’arco, sul punto che ci interessa per il nostro quadro, attualmente troviamo la "Trasfigurazione", con ogni probabilità più vicina alla maniera del Porta Salviati. A questo proposito, è da notarsi che il Tintoretto, nei suoi cartoni, è stato più rispettoso degli altri cartonisti nel riprodurre le precedenti immagini di tipo veneto-cretese. Tornando alla nostra Trasfigurazione, sorge spontaneo l’interrogativo: perché la committenza si sarebbe orientata per un cambiamento totale di soggetto rispetto al precedente? Si deve forse ipotizzare che si è privilegiato l'episodio evangelico della Trasfigurazione del Signore, tanto caro alla liturgia bizantina, rispetto a un'immagine soprattutto densa di simbolismi e pertanto meno comprensibile, quella cioè della Vergine con i sette Arcangeli, e in più alquanto difficile a sostenersi biblicamente, dal momento che la Chiesa riconosce come Arcangeli soltanto Michele, Gabriele e Raffaele? Questo resta un interrogativo forse insolubile, ma non si dimentichi che in San Marco il numero settenario di Angeli è già narrato nei primitivi mosaici (fine del secolo XIII) della cupola ribassata che si trova al lato destro di chi entra nel portico antistante la Basilica: qui i sette Angeli corrispondono ai sette giorni della creazione.
- Verso la fine del sec. XVII , ad Amsterdam venne pubblicata un’opera senza licenza, scritta dal Cardinale cesenate Francesco Albizzi, , denominata “Sulla Incostanza nella Fede”, nella quale, il famoso inquisitore rivelava di aver provveduto egli stesso a far cancellare i nomi dei Sette Angeli, riportati su alcuni cartigli dipinti nel quadro di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri[1]: “… Solum restat difficultas ex Ecclesia Panormi dicata dictis septem Angelis, quorum nomina sunt, Michael Virtuosus, Gabriel Nuncius, Raphael Medicus, Uriel Fortis Socius, Iehudiel Remunerator, Barachiel Adiutor , Scaltiel Orator, de qua testantur Alberghin. in Man. cap. 18. sest. 3. §. 3. quam videt e testatur sanctae memor. Alexander Septimus, dum ad Inquisitionis Melitensis munus exercendum proficiscebatur, Gastald. loco cit. qui dicit, etiam Roma; reperiri similem picturam in Altari Sancta Maria Angelorum , quod verum est in pictura Altaris maioris, qua fuit in eo collocata a quodam Presbytero Siculo: Ideo nil minim, si ex abusu Ecclesia Panormitana; hoc exemplar ibi affixum fuerit. Curavi ego tamen, ut delerentur dicta nomina ...”.
- L’autore del dipinto è rimasto ignoto, alcuni parlano di Lorenzo Lotto, o della bottega del Perugino. Ma ciò non è importante. Lo è invece notare, che sullo stesso non è più possibile leggere i nomi identificativi dei Sette Arcangeli, pur restando i loro motti. Ebbene, a cancellare i nomi degli Angeli fu proprio l’Albizzi, il quale, spinto da una incomprensibile acrimonia, promosse questa censura, rendendo anonimi gli Angeli del dipinto.
[1] All’interno della Chiesa, sull’altare maggiore, si scorge in lontananza il piccolo quadretto, che il sacerdote Antonio lo Duca fece trarre dall’antico mosaico che esisteva in San Marco a Venezia, nel quale sono raffigurati la Madonna e i Sette Arcangeli che la circondano
