I 7 ARCANGELI - PINACOTECA STUARD

FONTE: https://bbcc.ibc.regione.emilia-romagna.it/pater/loadcard.do?id_card=204...

 

In basso varie figure di angeli in piedi su delle nubi, tra cui al centro, l'Arcangelo Michele in veste militare, con la bilancia e la spada. In alto circondati da angeli compaiono: Gesù che con la sinistra indica il cielo, Dio Padre con lo scettro e la Colomba dello Spirito Santo.

L’opera è copia palmare con poche varianti varianti del dipinto già riconosciuto a Federico Zuccari e più di recente ascritto a un ignoto fiammingo del XVI secolo-inizi XVII, conservato nella Quadreria dei Gerolamini di Napoli, un dipinto che, benché problematico, è da restituirsi all’ambito di Antonio Maria Viani per quanto sia interessante l’interpretazione recente di De Castris e Middione (1986, p. 50, fig. p. 51).

Il pittore cremonese, discepolo di Giulio Canpi, trasferitosi a Monaco di Baviera nel IX decennio del XVI secolo, fu sensibile alle maniere nordiche del Sustris, e intese portarle anche nelle esperienze più tarde a Mantova. Per ingraziarsi il conte palatino Carlo di Baviera l’artista dipingeva questa Trinità “A dextra Majestatis” che doveva essere tradotta in incisione da J. Sadeler. L’acquaforte, eseguita prima del 1591, presenta sensibili varianti rispetto al dipinto di Napoli e a quello della Stuard, del quale riflette in modo più pedissequo le forme. Esiste poi una incisione più tarda di Francesco Ragot, che pare una ripresa palmare dell’esemplare di Napoli, fatti salvi minimi particolari (traslazione da sinistra a destra, rispetto al gruppo centrale di un cherubo in alto e allungamento del braccio nell’angelo di sinistra). Il dipinto dei Gerolamini doveva essere concepito durante il soggiorno bavarese del pittore, il quale si trovava nell’occasione di offrire l’opera al margravio di Monaco. Abbiamo trovato un disegno acquerellato ora nel Kupferstichkabinett di Berlino ove compare lo studio del San Michele, riprodotto in termini speculari rispetto a quello della pala. La sua stesura invertita fa pensare che lo stesso Viani abbia predisposto i disegni per l’incisione del Sadeler al fine di agevolarne l’opera (Berlin K.K. 18446), o viceversa induce a ritenere che si possa trattare di un ricalco. A Berlino si trova un altro schizzo di mano del Viani con la raffigurazione di una deposizione ove i tratti fisionomici dei Padre non sono distanti da quelli del Dio Padre del dipinto dei Gerolamini (Berlin K. K. 22109). L’opera nella Stuard risulta essere una replica antica, dalla quale non può essere ritenuto del tutto estraneo l’artista lombardo. Vi è rappresentata tra l’altro una iconografia del tutto singolare che contamina la tradizione trinitaria con quella angeologica, diffusasi soprattutto a partire dal XIV secolo, e probabilmente dal 1516, data del ritrovamento di un affresco con la trinità accompagnata dai sette arcangeli nella chiesa di Sant’Angelo a Palermo.
Nell’esemplare, concepito a forti contrasti chiaroscuali, l’autore finisce per attingere a una naiveté, che ha condizionato il giudizio della critica. Riconosciuto al Viani da Copertini e Santangelo, Cirilli e Godi hanno preferito l’attribuzione ad artista lombardo della prima metà del Seicento, che riprende un originale di Antonio Maria Viani (Cirillo, Godi 1987, p. 103). A questo riguardo Cirilli e Godi menzionano l’incisione del Sadeler, mentre segnalano come nella Madonna con Bambino e i santi Michele e Giovanni Battista di Giulio cesare Lucchi nella chiesa della Gran Madre di Dio a Fidenza, compaia la citazione dell’arcangelo a sinistra della presente Trinità. Posta la peculiarità dell’iconografia che qui compare, il dipinto dovette essere oggetto di una attenzione singolare da parte di chi volle citare la Trinità accompagnata dai sette angeli dell’Apocalisse, unendo in una possibile sintesi la visione trinitario-paradisiaca con quella apocalittico-cabalistica. Si tratta di una sensibilità certamente più diffusa nella regioni lombarde e oltralpine che in quelle laziali. Al riguardo si segnala come l’arcangelo Michele del Viani sia pedissequamente citato nell’arcangelo Michele e santi del Museo della Collegiata di Castell’Arquato, censito da Barocelli nel 1980 e riconosciuto a ignoto pittore del XVIl secolo, (ora in Ceschi Lavagetto 1994, p. 163, fig. 8), un’opera da ricondurre forse all’ambito lombardo del Viani. L’esemplare della Stuard, certamente derivato dal dipinto di Napoli, è in ogni caso da collegarsi ad un ambiente prossimo al Viani, intorno agli inizi del XVII secolo. Ne intuiva le inflessioni lombarde il Borghesi il quale così lo indicava: “La Trinità in gloria d’angeli di fare del Procacino, senza cornice (Borghesi 1834, n. 66).

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autori: 
Carmine Alvino