San Sealtiele, San Geudiele e San Barachiele

sealtiele geudiele barachiele
Carmine Alvino

Questo libro completa l’inchiesta sui Sette Angeli, con la quale l’autore si propone di dare legittimità ad un culto praticato dalla Chiesa sin dagli albori della sua fondazione e poi stranamente eliminato dalla memoria dei credenti e dalla biografia di alcuni Santi.

 

 

La parola  Arcangelo viene dal greco e dal latino e sta per indicare che si tratta di un "capo", di un "angelo più alto" di altri Angeli. Tuttavia nella Tradizione Ecclesiastica post – dionisiaca, tale termine va ad individuare invece la categoria angelica più bassa del Cielo dopo i semplici Angeli custodi. La cosa appare strana perché la Chiesa Cattolica venera San Michele Arcangelo, come “Capo delle Milizie Celesti”, e lo ritiene il più vicino a Dio, dopo la Vergine Maria. Tale contrasto non appare risolto nella Celeste Gerachia, anzi acuito perché il presbitero che scrisse sotto pseudonimo quest’opera, concepì le intelligenze celesti ordinate secondo uno schema rigido, in 9 Cori dove:

“..la comunicazione della scienza che vien fatta ad un Angelo ad un altro Angelo, spiega come i doni celesti sembrino perdere del loro splendore in proporzione dell'allontanarsi dalla loro origine per abbassarsi su esseri meno elevati. Perché come i nostri maestri insegnano, parlando delle cose sante, che l'intuizione pura c'istruisce più perfettamente che ogni comunicazione mediatamente ricevuta, così io penso che la partecipazione diretta alla quale sono chiamati gli angeli superiori, manifesti loro assai meglio la divinità che se vi fossero iniziati per mezzo di altre creature. E dunque anche per questo che la nostra tradizione sacerdotale insegna che gli spiriti del primo ordine purificano, illuminano e perfezionano le intelligenze meno nobili, le quali per tal mezzo si innalzano verso il principio sovraessenziale di tutte le cose e partecipano, per quel tanto che la loro condizione lo permette, alla purità, alla illuminazione ed alla perfezione mistica. Perché, per una legge generale stabilita dalla divina saggezza, le grazie divine non vengono comunicate agli inferiori se non per il ministero dei superiori. …”.

Già il lettore può notare, come meglio abbiamo precisato nel nostro libro “San Gabriele Arcangelo, il secondo dei Sette Santi Spiriti Assistenti”, che qualcosa non torna, semplicemente confrontando queste asserzioni:

San Michele è definito dalla Chiesa il Capo degli Angeli o meglio capo di tutte le schiera Angeliche;
San Michele è definito dalla Chiesa come l’Arcangelo;
Il Coro degli Arcangeli si trova nella 3 e più infima gerarchia, al penultimo posto, mentre gli Spiriti più vicini a Dio sono i Serafini nella prima Gerachia “Superna” al primo posto;
San Michele si trova dunque nel penultimo posto del Cielo;
San Michele è il Capo degli Angeli, pur trovandosi sottordinato a moltissimi Cori, dunque comanda i Serafini, dal basso della sua Gerarchia.

Per ovviare a questa “apparente”incongruenza, si dice che Dio sceglie chi vuole e che San Michele è simbolo di umiltà essendo stato il “piccolo” che vince il grande Satana, comunemente ritenuto in origine lo Spirito per eccellenza. Ma ciò è contraddetto da pseudo - Dionigi, perché in base a questa classificazione, uno Spirito così in basso posto, avrebbe sicuramente ricevuto una illuminazione mediata e imperfetta, proprio perché il messaggio dal “Primo Fattore” viene filtrato in modo meno puro da uno Spirito all’altro. E poi non si capisce come districare l’incongruenza che il posto del Santo Arcangelo ancora permanga nel Coro tra i più bassi del Cielo. E allora si dice, che con la vittoria su Lucifero, San Michele ha avuto un aumento di grazia, essendo ora sollevato al grado sommo di Serafino. Ma anche questa interpretazione non calza. Tutto ciò che viene creato con una sua natura, quella natura mantiene e non la modifica. La Tradizione Ecclesiastica ci insegna che all’indomani della guerra Angelica Dio ordinò agli Angeli di adorare il verbo Uomo, promettendo a quelli che avrebbero obbedito di “mantenerli” nella grazia, e agli altri invece di scacciarli se disobbedienti. In altre parole, Cristo – Verbo non ha mai promesso un “aumento” bensì invece una “permanenza” in stato di grazia. Il numero dei Cori infatti era già stato fissato, e così anche la loro sistemazione gerarchico - sistematica nell’ambito delle struttura delle intelligenze celesti.  Ma, al di la di ogni artificio lessicale o intellettuale le cose non stanno proprio come descritto da pseudo - Dionigi perché dell’Arcangelo Michele, il Testo Sacro, da ben altra definizione! Nel libro di Daniele 10,13 si definisce: “..Michele, uno dei primi prìncipi..”, aggiungendo anche, come si nota in Dn 12 l’appellativo di “Gran Principe”.  Richiamando poi alla memoria la Lettera di Giuda 1,9 troviamo l’ espressione:  “Arcangelo Michele”. Dalla scrittura sappiamo dunque 3 cose:

S. Michele è un Gran Principe.
S. Michele è uno dei Primi Principi.
S. Michele è un Arcangelo.

Potremmo già mettere in relazione queste frasi, se non fosse che alcune ulteriori affermazioni permettono una equivalenza più specifica. Nella lettera ai Tessalonicesi 1,16 San Paolo Apostolo afferma che: “il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell' Arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo”.  Con questo, l’amato apostolo di Tarso voleva significare chiaramente che la voce dell’Arcangelo ha un tono di comando. Quelle del Libro di Giuda e della Lettera ai Tessalonicesi, sono le uniche due parti della Bibbia in cui si fa riferimento alla parola Arcangelo, e in ambedue queste parti il termine designa un  “grado nobile tra le schiere angeliche” con poteri di comando su di esse. Inoltre, accedendo al Libro di Tobia, leggiamo che nel capitolo 12, S. Raffaele si definice così: “Io sono Raffaele, uno dei sette Angeli che sono sempre pronti ad entrare alla presenza della maestà del Signore”. L’interpretazione ecclesiastica, nel corso dei secoli non ha mai analizzato tutti questi riferimenti in modo unitario, privilegiando esegesi più che altro disgiuntive o svalutative di tali caratteristiche.  In altri termini, per lunghi secoli si è preferito considerare le nozioni di “Arcangelo”, di “Primo Principe” etc, come se fossero termini riconducibili a diversi appellativi tutti slegati tra loro. Per non parlare della locuzione “Sette Angeli” del Trono, per la quale, stranamente, si è privilegiato un approccio molto spesso allegorico, in luogo di quello letterale.  Senonchè nell’Apocalisse di San Giovanni, in più parti si fa riferimento a “Sette Angeli” che si tengono innanzi all’Agnello immolato, pronti a compiere missioni di salvezza. Soprattutto nel capitolo 1 troviamo una strana locuzione che ha causato divergenti esegesi : “Giovanni alle sette Chiese che sono in Asia: grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, dai Sette Spiriti che stanno davanti al suo trono”.  Questi Sette Spiriti di cui parla l’Evangelista chi sono? Cornelio a Lapide non ebbe dubbi, ed infatti nei Commentari all’Apocalisse di San Giovanni disse che: “.. significano la piena e perfetta provvidenza di Cristo nel costruire e vigilare la sua chiesa, promuoverla, aumentarla e conservarla, la quale provvidenza è esercitata da questi sette Angeli primari che sono nel suo Palazzo come Principi e per essa governatori degli altri Angeli custodi degli Uomini, di tutta la chiesa e del mondo”.  Come lui moltissimi altri teologi appoggiarono questa interpretazione. Clemente Alessandrino li chiamò “Principi Primogeniti degli Angeli” perché si credeva fossero stati creati prima d'ogni altro. Ed Erma nel suo Pastore segue siffatta opinione ed apertamente la manifesta laddove parlando degli Angeli Principi, così scrive:  “Quelli sono Angeli di Dio, che furono creati per primi”. Senonchè nel corso dei secoli, altre celesti manifestazioni riconosciute dalla Chiesa ed entrate pertanto nella Tradizione Ecclesiastica Certa, hanno corroborato questa tesi. Ne citiamo soltanto due, perché torneremo più approfonditamente in seguito sull’argomento. Alle due apostole delle Devozioni Cristiane più importanti, Divina Misericordia e Sacro Cuore, gli Angeli loro affidati in custodia si appaleseranno con il titolo di “uno dei sette Spiriti”.   Nel primo libro della nostra collana, denominato “San Michele Arcangelo, il primo dei Sette Santi Spiriti Assistenti”, abbiamo cercato di mostrare come tutti questi riferimenti possano essere ricondotti ad una sola categoria angelica, che identifichiamo con il termine di Arcangelo. Cioè abbiamo voluto dimostrare che dire: “Arcangelo”. o  “Gran Principe” o “Primo Principe” sia la stessa cosa.  In primo luogo abbiamo voluto associare i termini “Sette Arcangeli” e “Sette Spiriti” con l’intenzione di dimostrare la loro equivalenza formale cioè a dire che i personaggi descritti in TB 12,15 e in Ap. 1,4 sono identici:

Ap 1,4 = Tb 12,15